Dopo il suo “show” – ribatezzato da tutti così, ma vorrei che qualcuno mi spiegasse quale sia stato lo show – Gheddafi se ne è tornato in Libia con le sue amazzoni, la tenda e i cavalli berberi. Non con le copie del Corano, quelle le ha lasciate alle hostess che ha incontrato in questi giorni di vacanze romane (a proposito, si è capito chi ha pagato le fanciulle e perché?). “Fino a che punto la realpolitik può condizionare i principi morali?”, si è chiesto Claudio Rizza sul Messaggero. Una risposta giunge da Fausto Biloslavo che sul Giornale ricorda i precedenti di Arafat alla Camera, di Fini che va da Milosevic, di Scalfaro che stringe la mano a Castro. E di Prodi che viceversa, ma per evidenti opportunità politiche, preferì non ricevere il Dalai Lama. Obama l’ha incontrato, per dire. Con le dovute precauzioni, ma lo ha fatto. E quando è stato in Cina, Obama non si è fatto troppi scrupoli nel ricordare loro, ai cinesi, che ce n’è ancora di strada da percorrere in materia di diritti umani. Un tema che, sempre per fare un esempio, dovrebbe essere caro al leader libico il quale invece “ricatta” l’Europa chiedendo soldi per fronteggiare le migrazioni clandestine dall’Africa. O che invita la solita cara vecchia Europa a diventare islamica (non che la cosa abbia realmente sconvolto i sonni di qualcuno, ma dove sono finiti tutti coloro che hanno lottato per il crocifisso nelle aule, la cristianità e via dicendo?). Certo, non esageriamo. Il pericolo di cadere nell’isterismo è dietro l’angolo. È sicuramente peggio un Ahmadinejad che permette a un organo di stampa controllato dal regime iraniano di auspicare la morte di Carla Bruni. Gli affari sono affari, anche quelli con Gheddafi. Bastava poco, però. L’ospite è sacro, ma pure all’ospite va ricordato che il rispetto è prioritario.
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Dopo il suo “show” – ribatezzato da tutti così, ma vorrei che qualcuno mi spiegasse quale sia stato lo show – Gheddafi se ne è tornato in Libia con le sue amazzoni, la tenda e i cavalli berberi. Non con le copie del Corano, quelle le ha lasciate alle hostess che ha incontrato in questi giorni di vacanze romane (a proposito, si è capito chi ha pagato le fanciulle e perché?). “Fino a che punto la realpolitik può condizionare i principi morali?”, si è chiesto Claudio Rizza sul Messaggero. Una risposta giunge da Fausto Biloslavo che sul Giornale ricorda i precedenti di Arafat alla Camera, di Fini che va da Milosevic, di Scalfaro che stringe la mano a Castro. E di Prodi che viceversa, ma per evidenti opportunità politiche, preferì non ricevere il Dalai Lama. Obama l’ha incontrato, per dire. Con le dovute precauzioni, ma lo ha fatto. E quando è stato in Cina, Obama non si è fatto troppi scrupoli nel ricordare loro, ai cinesi, che ce n’è ancora di strada da percorrere in materia di diritti umani. Un tema che, sempre per fare un esempio, dovrebbe essere caro al leader libico il quale invece “ricatta” l’Europa chiedendo soldi per fronteggiare le migrazioni clandestine dall’Africa. O che invita la solita cara vecchia Europa a diventare islamica (non che la cosa abbia realmente sconvolto i sonni di qualcuno, ma dove sono finiti tutti coloro che hanno lottato per il crocifisso nelle aule, la cristianità e via dicendo?). Certo, non esageriamo. Il pericolo di cadere nell’isterismo è dietro l’angolo. È sicuramente peggio un Ahmadinejad che permette a un organo di stampa controllato dal regime iraniano di auspicare la morte di Carla Bruni. Gli affari sono affari, anche quelli con Gheddafi. Bastava poco, però. L’ospite è sacro, ma pure all’ospite va ricordato che il rispetto è prioritario.
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