Eccoci a recensire l’ultima fatica degli Stratovarius. Bene, cioè, male. Secondo me si tratta decisamente di un passo falso. Non mi sono piaciute troppe cose di questo lavoro. Per carità, non si tratta della produzione, che sicuramente rispetta gli standard qualitativi e tipici imposti dal genere. Si tratta piuttosto della sterilità compositiva, dalla ripetitività delle soluzioni stilistiche e ancora più per la discutibilissima tamarraggine infusa su tutto l’opera. La ripetitività di per sé potrebbe anche non essere un difetto, penso che nessuno si possa stancare delle cavalcate dei Maiden, ad esempio, ma l’elettronica compulsiva e dilagante su (quasi) ogni nota del lavoro, è qualcosa che non mi è piaciuta per niente. O sei un cazzo di gruppo che non sa ancora che strada scegliere (e in questo caso avresti scelto pure quella sbagliata!) oppure sei gli Stratovarius, gruppo per il quale non nutro una predilezione particolare ma che riconosco essere stato una delle punte del movimento power europeo degli anni ’90.
Tutto questo pistolotto, fidatevi, ha senso. Perché intendo mettervi in guardia da un potenziale acquisto nocivo alle vostre finanze personali. Se siete degli aficionados del genere, gente che idolatra gli Strato, ok, ci può stare. Ma se, come me, avete voluto cimentarvi nell’ascolto solo per vedere come se la stessero passando, beh… Si potevano passare altri minuti migliori.
Bando alle ciance, passiamo all’analisi track-by-track dell’opera. Fondamentalmente è il solitissimo Power Metal alla Stratovarius, ovvero ritmiche quadrate, doppia-cassa, assoli melodici di chitarre incrociati ai loro pari grado di tastiera. La solfa è questa.
La prima traccia è Abandon, brano in pieno stile Stratovarius, così come ci si poteva aspettare, ed ha il compito di spaccare sin da subito il ghiaccio. Uno dei primi stilemi in cui ci imbattiamo è il primo verso eseguito senza la chitarra, soluzione stra-abusata dal gruppo e decisamente abbastanza floscia. Tuttavia la canzone acquista mordente nel riffing successivo più potente, al quale si accompagnano arie di tastiere sempre non male. Arriviamo così al primo solo, di cui notiamo subito il groove decisamente scarno e poco sostenuto che lo accompagna. Stessa annotazione possiamo farla per il seguente solo di tastiera. Le sorti si riequilibrano quando tocca al solo incrociato, marchio di fabbrica del gruppo finlandese e momento clou della canzone, che crea un bell’effetto globale. Peccato che da questo momento l’album sia come uno scivolo per bambini. Macché: uno scivolo tipo Gardaland. E peccato davvero perché così partiti avremmo potuto aspettarci un lavoro certamente discreto, ma comunque sufficiente. Ed invece no: hanno deciso di far prendere il sopravvento alla tamarraggine. La seconda traccia è Unbreakable, dove una dolce intro di piano cede il passo ad un pur buon riff di chitarra pestato. Anche se il bridge è sincopato ed epico, il ritornello appare comunque scontato, ma la media complessiva si alza un po’ verso la parte centrale. Stand my Ground è la terza traccia e già qui incominciamo a storcere il naso: l’inizio è strano, così come i cori. Lo stesso verso, anche se alla fine esplode in pieno Strato-style, non soddisfa per niente. E’ solo il ritornello, potente ed anthemico, ed il seguente pesante riff a rendere il tutto un po’ meno doloroso. Perché, vedete, ogni brano ha inevitabilmente qualcosa che non soddisfa mai del tutto, ma addirittura compromette quanto di buono poteva esserci. Halcyon Days, la quarta canzone, si apre con un’intro fortemente elettronica, e badate che non intendo roba da tastiera, ma roba veramente elettronica. Il solito accompagnamento senza chitarre al verso, il chorus banale nella sua linea melodica e l’intermezzo elettronico lo rendono sicuramente uno dei brani più brutti dell’album, ma forse anche qualcosa di più. La seguente quinta traccia, Fantasy, è anomima, punto. Il sesto brano è Out of the Fog, più centrato sulla potenza, ma sempre con un occhio di riguardo alla melodia. Il riffing è buono, ma gli assoli, sia di chitarra che tastiera, sono sempre i soliti, ebbasta!! Il settimo brano è Castles in the Air, che vede l’intro di piano lasciare il posto a cori da stadio. Il brano è piuttosto carino, specie se attorno c’è così tanto p(i)attume sonoro. Da notare l’assolo di chitarra molto Hard Rock, dunque meno power del solito, soluzione bissata pure da quello di tastiera che però, inevitabilmente, si avvicina molto di più ai soliti canoni power. Arriviamo all’ottava canzone, Dragons, che, come la precedente, risolleva le sorti di questo album malconcio. L’intro è elettronica, purtroppo, così come le distorsioni. Tuttavia il ritornello è buono, il brano straordinariamente ha mordente. One Must Fall è la nona canzone, che inizia pestata ma che non decolla. Il brano in questione è tranquillo, con un buon chorus molto “aperto”. L’assolo di tastiera è sognante ed estremamente calmo, tutto molto d’effetto. Uno degli episodi più degni di nota, a mio modo di vedere. Penultima traccia è If the Story Is Over, aperto da una chitarra acustica e da un fischiettare in stile western. Il brano si dimostra molto armonico e melodico quando si apre, rivelandosi ben presto come la ballata dell’album. Per bellezza si può paragonare alla prima traccia, anche se sono due brani diametralmente opposti. L’ultima traccia è Nemesis, la title-track, introdotta da una melodia in pieno stile videoludico, ma anche vagamente orientaleggiante. E’ un tipico brano deciso in stile Stratovarius, con assolo melodico ed armonizzato, cui si alternano cori e riff potenti. Il finale cerca di essere epico, specie quando tende a rallentare, chiudendo con i cori di sole voci.
L’album si spacca in due. Dopo la prima traccia, quella più cattiva tra le maggiormente convincenti, c’è il buio totale, almeno fino agli ultimi tre o quattro brani, che risollevano le altrimenti tristissime sorti di questo lavoro.
Un album su cui tutti dovrebbero soprassedere, in poche parole. Nulla di prezioso viene aggiunto agli Stratovarius.
Tracklist:
- Abandon – 4:52
- Unbreakable – 4:38
- Stand My Ground – 4:14
- Halcyon Days – 5:30
- Fantasy – 4:19
- Out of the Fog – 6:58
- Castles in Air – 6:03
- Dragons – 4:05
- One Must Fall – 4:27
- If the Story Is Over – 6:07
- Nemesis – 6:34
Line-up:
Timo Kotipelto – vocals
Jens Johansson – keyboards
Lauri Porra – bass
Matias Kupiainen – guitars
Rolf Pilve – drums
Voto: