Sono una donna precisa, pignola, sempre pronta a trovare il pelo nell’uovo. Sono noiosa, pedante, in alcune circostanze non mi sopporto da sola. Cerco sempre qualcosa e risposte e, quando non arrivano, continuo a interrogare me stessa e gli altri. Provo a migliorare perseguendo un ideale che non corrisponde probabilmente a nessuna realtà possibile. Ho la sindrome della prima della classe e lo ero a scuola. Amo la scienza, la filosofia, l’arte e il buddismo tibetano di cui mi affascina la saggezza la conoscenza della mente umana, ma faccio fatica a seguirne i precetti religiosi.
Mi sento un po’ come Ippazia in Alessandria d’Egitto continuamente in competizione con sé stessa e l’universo per spiegarne moti, forme e meccanismi comprensibili alla percezione umana. Sono una che gli uomini sopportano per poco, anche perché generalmente entro in competizione con loro e ne sfido la sicurezza e il machismo, se presente.
Sono una STR…., no, non quello che state pensando … sono una STREGA!
Le streghe come me le hanno mandate a rogo nel medio evo. Donne coraggiose, d’ingegno, studiose, amanti della conoscenza, ribelli, non votate al servilismo, predisposte alla polemica e portate alla critica costruttiva. Donne che non si riesce a zittire perché spesso pronunciano parole maledettamente vere. Donne che coltivano il potere nella sua accezione positiva … il vero potere che è conoscenza e, dunque, risultato di un’attitudine sviluppata nella sana ambizione al sapere.
Qualche giorno fa ho partecipato ad un’interessante convention in cui si riportavano una serie di informazioni sulla situazione femminile in Italia.
Momenti di confronto e approfondimento sul mondo del lavoro e indagini demografiche sulla popolazione femminile con una riflessione particolare sulla diminuzione del tasso di fecondità delle donne italiane, preoccupante al punto da non poter garantire il ricambio generazionale.
Alcune studiose riportavano cifre deprimenti sulla povertà femminile: circa il 19,8% delle donne italiane vive al di sotto della soglia di povertà, mentre gli uomini poveri sono il 16,7% del totale e la vulnerabilità economica delle donne aumenta ancora di più se si prendono in considerazione le single. Su quest’ultimo aspetto le motivazioni sono diverse e di varia natura: maggiore tasso di disoccupazione tra le donne, inattività, retribuzione più basse per gli stessi ruoli rispetto ai maschi, con l’aggravante che è ormai documentato e dimostrato che le donne sono spesso più istruite e preparate sia in ambito accademico che lavorativo.
Ma lo sconforto vero, quello che mi ha lasciato senza parole e con la sensazione che potevo essere infilzata da una sciabola e non perdere una goccia di sangue, l’ho provata quando sullo schermo è stato proiettato il grafico che riportava la percentuale delle donne italiane laureate e occupate come la più bassa d’Europa, nonostante la percentuale di donne laureate sia quasi equivalente a quella degli uomini.
Mi sono guardata intorno e vedevo sedute affianco e dietro di me ragazze più o meno giovani rapite e accigliate dalla verità espressa da freddi numeri che confermavano che in Italia siamo ancora delle streghe. Donne preparate, competenti a cui non si riconosce un futuro professionale!
Non è un rogo, è un modo per renderle inermi e inesistenti in un sistema che funziona in base alla produttività e ai suoi spietati meccanismi di riconoscimento. E’ il perpetuare, in funzione del contesto storico, una discriminazione che assume aspetti più o meno crudeli e sempre votati a mantenere le donne in una condizione di sudditanza psicologica e pratica. E’ la dimostrazione di come questo paese sia ancora vincolato da modelli sociali antiquati, fuori legge, intollerabili per chiunque abbia acquisito un minimo di consapevolezza rispetto a sé stesso e al mondo in cui viviamo.