nero storico italiano
Nonostante la mole, un romanzo che si può leggere d’un fiato, senza sentire il bisogno di appoggiarlo, per qualche giorno, da qualche parte. Si legge d’un fiato, ma con calma. Perché la storia di Battistina e di Niccolò ha un andamento ampio, a grandi volute, che partono da tempi diversi e da luoghi diversi e proseguono, per un po’, con ritmo diverso: la storia di Niccolò è presente e immediata, si conta a giornate: giornate di viaggio in nave, remi, vomiti, approdi; e poi viaggi sui monti, arrampicate, baratri, cavalli, paesini e mura chiuse e ostili; e processi giornalieri, indagini, torture, inseguimenti e fughe. La storia di Battistina è più che decennale, nasce nel sangue di una nascita intrecciata a una morte, prosegue tra i campi e le valli e le mura chiuse e amiche, si mescola con quella di altre donne, di unguenti, malattie, guarigioni, voli e fantasie (fantasie?), diavolerie, amicizie pericolose, umane e sovrumane.Ma anche i ritmi più diversi, prima o poi, si incontrano, come il minimo comune multiplo di due numeri diversissimi tra di loro, e allora bisogna stare a vedere che cosa succede.
La vita di Niccolò (giovane notaio genovese, apprendista e protegé di un serio e famosissimo notaio) e quella di Battistina (selvatica ragazzetta in odor di stregoneria, chiusa, seria, intelligente e disponibile alle esperienze che le si presentano davanti) si intrecciano sugli appennini liguri, nell’anno 1587, a Triora, un paesino dell’entroterra ligure dove si prepara un processo che spieghi la mortalità infantile, la carestia e le malattie che da qualche tempo imperversano. E se, come dice il romanzo, quando le pance sono piene tutto si tollera, le pance vuote scatenano i locali, gli inquisitori stranieri, e i notai.
Bella ricostruzione di un periodo e di un processo che fanno di Triora una specie di Salem europea, con il notaio che arriva pronto a fare il suo dovere e viene preso da una specie di follia accusatoria (dove, invece, tutti i manuali del tempo raccomandavano cautela verso le confessioni, soprattutto estorte con la tortura), sotto gli occhi del suo aiutante e tra l’andirivieni di Battistina, che appare e scompare nei boschi e nel paese, tentando di sfuggire a quella che sembra la sua fine segnata.
Quello che colpisce, nella lettura, è la capacità di dar conto di un periodo che non è stato così uniforme e tetragono come può venire in mente ricordando l’espressione “caccia alle streghe”, e l’abilità di ricostruire, in un luogo ristretto, tutti i motivi che sono stati alla base della stregoneria e della sua persecuzione, ma anche della comprensione di fatti a volte ragionevolmente spiegabili. Una messe enorme di informazioni è seminata nel racconto ma, fortunatamente, non lo appesantisce, scivola con naturalezza dentro la storia e in certi casi, nel freddo resoconto dei fatti, tinge di noir quella che, ai tempi, era per molti (molte) la realtà quotidiana.
Se poi qualcuno volesse andare a cercare la vera storia di Triora, scoprirebbe che il lavoro di scavo e di ricerca storica non deve essere stato difficoltoso (grande, sì, ma non difficile) perché su Triora si trova altro materiale a volte terribile, a volte pieno di umanità, che ci fa rallegrare di un finale di sicuro non felice ma aperto a una possibilità di vita (e di ragione?).