Amo molto colorare. Più che fare yoga, più che correre, colorare mi rilassa. Il pensiero vaga e nel cammino si fa più leggero. Attingo il pennello e parto.
Ma si sa, per noi seri adulti, non c'è molto margine per colorare. O ci inventiamo artisti, o accompagniamo i nostri figli nei loro giochi oppure prendere e colorare così per così non ci giustifica appieno.
Per fortuna ci sono le scuole dei miei figli che mi mettono lì sul tavolo per una mattina intera. E non penso alla lucina della lavatrice che mi dice da ore che i panni sono pronti da stendere, e non penso alla lanuggine che gira per casa, ai vestiti dei bambini da tirar su, e nemmeno alle liste regali.
Studio da Lapappadolce, che non riuscirò mai a ringraziare abbastanza.
E ometto di fare tutto quello che lei segnala e dunque tutto il negativo della cosa emerge: il foglio non è per aquarelli e difatti fa le palline e i colori sono in pastiglia e di fatto non sono il massimo. Ma spesso noi principianti ci accontentiamo e tendiamo alla perfezione passino passino.
Coloro, tiro righe e taglio.
E' proprio vero che il colore apre porte.
Per il dietro uno il pastello a cera strisciato sulle vene del tavolo e poi ripasso con un colore diverso.
Acquarelli, pastelli a cera.
E' bello usare cose poco utilizzate.
E mentre coloro mi ricordo piccolissima, un altro tavolo di legno e altri pastelli a cera, quelli di mia nonna paterna, più lunghi di quelli di adesso, più magri e con un buchino alla fine che mi divertivo a sbriciolare.
Niente. E' tutto qui. Un festone in diverse lingue da appendere sotto un antico portico di una cittadina brianzola.