Home – Post 1 / Successivo
Parto da lontano per arrivare alla fine a parlare di Murdoch, promotore della propaganda sionista nei nostri media occidentali, che con i loro inganni hanno partorito un mostro come l’attentatore sionista di Oslo.
Gli esperti non hanno alcun dubbio sul fatto che l’attentatore di Oslo, il filo-israeliano e razzista islamofobico Anders Behring Breivik, sia stato influenzato dalle ideologie sioniste pro-israeliane e dalla propaganda anti-islamica sistematicamente propagate nei media occidentali per mezzo di strategie di comunicazione aggressive, che hanno lo scopo di seminare diffidenza e insinuare il sospetto nei confronti delle popolazioni musulmane, rappresentate nei media come incombente minaccia esistenziale per Israele e ideologica per l’Occidente.
Né hanno alcun dubbio, gli esperti, che l’attentatore sionista – in ragione del suo estremismo fanatico – sia stato usato come pedina sacrificale per mettere in atto le trame mostruose dei ‘padrini’, affidate per la loro esecuzione ai servizi segreti, con tutta probabilità al Mossad, sempre secondo l’opinione degli esperti.
Non solo, gli esperti (giornalisti di inchiesta, esponenti del mondo accademico, ingegneri, architetti, ex funzionari delle agenzie di intelligence) fanno inoltre notare con crescente insistenza che gli attacchi terroristici avvenuti in anni recenti su suolo americano ed europeo sarebbero stati di proposito – e con il sostanzioso contributo dei media – attribuiti a presunti “estremisti islamici”, pur non essendoci alcuna prova giuridicamente valida a sostegno di queste gravi accuse.
Gli approfondimenti della storia recente da parte di autori e studiosi mettono in evidenza quanto sia distorta la versione degli eventi storici che ci viene insegnata sui banchi di scuola o raccontata mediante il cinema e la fiction, in particolare l’aspetto che riguarda il cosiddetto “popolo ebraico” e la nascita dello stato israeliano.
Mentre si inizia solo ora ad esplorare un aspetto ancora scarsamente documentato: che l’ascesa del sionismo all’inizio del 20esimo secolo coincide con il momento storico in cui prendeva il via la campagna mediatica contro il mondo arabo, nel cinema e nei giornali. Esiste un documentario che mostra come l’industria cinematografica di Hollywood, fin dalla nascita presidio della Lobby, abbia da sempre, sistematicamente, umiliato e ridicolizzato gli Arabi, raffigurandoli come caricature di sé stessi – idioti fanatici, pericolosi cospiratori che tramano nell’ombra contro gli ‘infedeli’, feroci e crudeli assassini assetati di sangue.
Per contro esiste un altro documentario, il cui titolo italiano dovrebbe essere: Hollywood, gli ebrei e il sogno americano, che illustra come gli ebrei, che hanno il controllo di Hollywood, abbiano proiettato sullo schermo un loro sogno, coniandolo come ‘sogno americano’, perché l’ostilità nei confronti degli ebrei immigrati in massa dall’Est europeo e guardati con sospetto dalla popolazione americana, in quell’epoca non permetteva di essere espliciti in merito ad un ‘Sogno Ebraico’.
Tale ‘Sogno’ – secondo il documentario – consisteva nell’aspirazione ad una patria in cui stabilirsi e prosperare, per poi degenerare nell’ambizione di essere riconosciuti agli occhi del mondo come il ‘popolo eletto’ guidato da Dio per essere la ‘luce delle nazioni’ e caratterizzato da eccezionalismo di stampo supremazista, un modello di virtù e rettitudine, un’ispirazione per le genti del mondo – esattamente la stessa fanatica visione messianica che appunto abbiamo visto svilupparsi tra il popolo americano in merito al loro ‘Grande Paese’, una visione che ai loro occhi giustifica qualunque sopruso che l’America commetta nei confronti di altri popoli.
Nel sogno cinematografico americano ebraico i Pellirosse rappresentano la metafora del nemico che si oppone all’ascesa del popolo guidato da Dio verso la ‘nuova frontiera’. Gli indigeni vengono demonizzati e bollati come selvaggi, crudeli e fanatici, giustificando la loro strage, o la degradazione a cittadini di seconda classe privati della loro identità e dignità, spogliati di ogni diritto civile e giuridico, derubati dei loro territori e di ogni fonte di sussistenza autonoma.
Il senso di questo post – e di altri che seguiranno – è mettere in evidenza come sionismo e anti-islamismo siano le due facce della stessa moneta mediatica che esalta l’invasore Israele e condanna l’oppresso popolo palestinese, per mezzo di un meccanismo narrativo vizioso che fa della vittima l’aguzzino. Un meccanismo che fa parte di una strategia allargata all’intero mondo islamico e, come sappiamo, per niente limitata ad una guerra ideologica e mediatica. Quella che viene chiamata con l’inganno ‘guerra al terrore’ altro non è che una campagna bellica programmata a tavolino decenni fa, che prende di mira l’Islam dal Pakistan al Marocco, passando per i paesi del Golfo Persico, con l’obiettivo di assoggettare, depredare, impoverire, ridurre in schiavitù le popolazioni musulmane e impossessarsi delle loro risorse, uccidendo tutti quelli che oppongono resistenza. E guai al governo che osa ribellarsi, come ha fatto l’Iran. E guai a chi si oppone all’egemonia di Israele, come fanno Libano e Siria e ora la Turchia.
Sappiamo bene chi sono gli autori di questa vera e propria strategia del terrore che induce le popolazioni occidentali a percepire i musulmani come nostri nemici ed esponenti di una cultura che viene descritta come ‘aliena’ alla nostra. Gli autori sono gli ideatori ed esponenti della corrente neo-con sionista nata alla fine degli anni ’70 a Washington e fondata dall’immigrato ebreo Irving Kristol (deceduto di recente), padre del giornalista americano Bill Kristol, un personaggio che vediamo regolarmente seduto nel salotto politico del canale americano di Murdoch, Fox News, insieme agli altri neo-con sionisti ebrei e cristiani che dagli schermi di quel canale sputano le loro sentenze contro i Democratici, contro i ‘terroristi’ Arabi, contro l’Uomo Nero Musulmano Barack ‘Hussein’ Obama, contro l’Islam e contro tutti coloro che non santificano Israele.
E’ nelle fila dei neo-con sionisti – a cui appartengono personaggi come Rumsfeld, Cheney, Wolfowitz, e molti altri non particolarmente noti in Italia – che troviamo gli ideatori del piano per diffondere nell’Occidente l’idea che esista uno «scontro delle civiltà» – che vedrebbe ideologicamente opposti e contrapposti due mondi e due culture, quella islamica e quella occidentale per la quale è stata inventata ad hoc – e con l’inganno – la definizione «cultura giudaico-cristiana» come se davvero esistesse e non fosse in realtà un termine fabbricato artificialmente per indurre i popoli occidentali a credere che ci sia un’affinità religiosa e culturale tra cristiani ed ebrei, e come se l’Occidente fosse l’espressione di questo presunto sposalizio ideologico ‘giudaico-cristiano’. E come se davvero il cristianesimo – e l’Occidente di cultura cristiana – fosse inconciliabile con l’Islam.
Se posso permettermi un commento personale, vorrei aggiungere che personalmente trovo molta più affinità spirituale tra il Vangelo di Cristo e il Corano del Profeta Maometto, che non tra il Nuovo Testamento e il Vecchio, tuttora un riferimento per la cultura ebraica. La sistematica demonizzazione dell’Islam scoraggia nel cittadino occidentale la lettura del Corano, che viene dipinto come ispirazione per il presunto terrorismo islamico e per gli attacchi suicidi*.
Due giorni fa nella rubrica di Press-Tv dal titolo «Epilogue» è stato discusso in studio un libro, di recente pubblicazione, dal titolo More bad news from Israel - che tradotto in italiano significa ‘Ancora brutte notizie da Israele’. Non ho letto il libro, per cui relaziono su quanto espresso dagli accademici che lo hanno commentato.
L’autore principale, Greg Philo, è un docente in scienze delle comunicazioni presso l’Università di Glasgow, e non è un militante nelle fila dell’attivismo accademico pro-palestinese. Il suo interesse accademico è per il modo ingannevole con cui i media rappresentano certi eventi influenzando la percezione del pubblico, che li interpreterà di conseguenza. Secondo l’autore, nessun caso di inganno mediatico è tanto eclatante quanto la sistematica campagna di disinformazione sul cosiddetto conflitto israelo-palestinese – campagna che aumenta di intensità man mano che cresce da parte del pubblico l’ostilità nei confronti di Israele.
Il libro è uno studio accademico – «molto accurato» secondo gli studiosi che lo commentavano – sulla percezione che il pubblico britannico riceve dai resoconti dei media in merito a quanto succede in Palestina. Come emerge dalla discussione, lo studio mette a nudo quanto la percezione del ‘conflitto’ sia distorta e diametralmente opposta alla verità storica e alle cronache attuali, ed evidenzia che la maggioranza del pubblico è convinto che siano i Palestinesi ad occupare illegalmente territori di cui gli israeliani sarebbero i legittimi proprietari. E questo non è sorprendente, considerando che per l’80% dei cittadini britannici l’unica fonte di informazione è quella ricevuta dalla televisione, come rivela il libro.
Sempre dallo studio emerge che i cittadini si dichiarano in genere scettici nei confronti delle versioni fornite dai media. Tuttavia, conclude l’autore, non disponendo il pubblico di informazione e di dati alternativi per un raffronto, il giudizio dello spettatore si regola inevitabilmente secondo quanto recepito dai media. In altre parole, il pubblico rimane influenzato suo malgrado, non perché mostri un atteggiamento acritico, ma perché il meccanismo dell’opinione indotta è molto aggressivo ed efficace.
Emerge inoltre, che su oltre 3.000 filmati esaminati dagli autori, trasmessi dalla BBC e da altri canali mainstream britannici, in cui vengono mostrate immagini di palese conflitto violento tra Palestinesi e israeliani, solo 17 hanno anche contestualizzato le immagini all’interno di una esposizione razionale dei fatti. Per il resto, i filmati venivano commentati con versioni favorevoli a Israele, che suggerivano il diritto di Israele a difendersi, giustificando le misure repressive contro i Palestinesi e i bombardamenti di Gaza in risposta ad una presunta incessante pioggia di missili sparati in territorio israeliano.
Durante la discussione veniva anche letta e commentata una pagina del libro. Nella pagina si legge:
«Un’analisi dei contenuti (dei servizi Tv su Palestina/Israele) evidenzia che vengono regolarmente interpellati funzionari dagli Stati Uniti per commentare i filmati e che i contributi sono sempre in supporto della posizione di Israele. Mentre viene accuratamente evitato il confronto con opinioni di esponenti di altre nazioni con posizioni critiche nei confronti di Israele. … I risultati dello studio da noi condotto mostrano che sono i punti di vista israeliani a prevalere nelle news e questo è anche il risultato di un sistema ben collaudato di lobbying e pubbliche relazioni».
Come annunciato in alto, lo scopo di questa riflessione è introdurre il mondo tossico di Murdoch, che definire un magnate sionista e anti-islamico sarebbe clamorosamente riduttivo. Sicuramente Murdoch è l’alleato più prezioso di Israele. Uno studio ravvicinato del personaggio permetterà di comprendere le sue motivazioni, il potere illimitato che si è costruito, e l’influenza malsana che esercita sugli ambienti politici internazionali. Come diceva George Galloway nella recente puntata del suo programma su PressTv:
«Gli attacchi di Oslo hanno distolto l’attenzione dal caso Murdoch e dal Vaso di Pandora che si stava schiudendo».
E noi questo vaso dai contenuti velenosi lo vogliamo scoprire e sondare fin dove possibile, limitandoci tuttavia agli aspetti che sono oggetto del nostro interesse. Non sono le vicende giudiziarie dell’individuo Murdoch che ci interessano, se non in quanto indice della totale assenza di moralità che caratterizza il personaggio. Questo non è un tribunale e noi siamo meri osservatori che tentano di capire da dove arriva tutto il male che si manifesta ai nostri occhi ogni momento di ogni giorno. Lo scopo della ricerca è quello di mettere a nudo le sfere di influenza che gravitano intorno al fenomeno chiamato Israele e definito dall’autore Alan Hart «il cancro al cuore delle politiche internazionali».
* Quest’ultima osservazione si presterebbe ad una riflessione sulla differenza tra guerre e attacchi terroristici da una parte e il sacrificio di sé stesso all’interno di azioni estreme a cui ricorre chi non dispone di altri mezzi per rivendicare il diritto alla vita e alla libertà – ma se ricordo bene, tale aspetto è stato affrontato altrove in questo blog.