Leggendo di qua e di là, pare che la Corte di Cassazione — nell’interpretare la sentenza della Corte Costituzionale del 2010 in merito alle norme sul pacchetto sicurezza che ha introdotto la misura cautelare in carcere per chi compie violenza sessuale — abbia dichiarato l’impunità del minore che si macchia di un simile delitto. Roba da fare accapponare la pelle, ma che si avvicina non poco alla verità, seppure con qualche precisazione.
Si parte dal presupposto che la misura cautelare sia un provvedimento che viene adottato dal giudice come misura preventiva, quando, all’atto di una commissione di un reato, si vuole evitare il pericolo di fuga, la commissione di un nuovo reato, il pericolo di alterazione/distruzione delle prove. Ebbene, accertato il fumus del grave indizio di colpevolezza, all’indagato può essere applicata una misura cautelare.

Nel nostro ordinamento giuridico le misure cautelari possono essere diverse: dall’obbligo di firma (la più blanda), ai domiciliari, fino alla custodia cautelare in carcere (la più pesante). A seconda del tipo di delitto e della sua gravità si può essere assoggettati all’una o all’altra (ma sempre se sussistono i presupposti valutati dal giudice). Epperò, ci sono dei reati — esempio i reati di mafia — dove l’applicazione della custodia in carcere è praticamente obbligatoria. Il giudice non ha margine discrezionale. Se una persona è indagata per questo genere di reati e vi sono gravi indizi di colpevolezza, non può scegliere i domiciliari o l’obbligo di firma, ma deve spedire l’indagato/imputato in carcere.
Il pacchetto sicurezza, nel 2009, modificando l’art. 275 c.p.p. aveva esteso l’obbligo della custodia cautelare in carcere anche per i delitti di stupro. Il giudice che si fosse trovato davanti un delitto di stupro avrebbe dovuto spedire gli indagati in carcere, senza alcun tipo di valutazione. Poi, su ricorso degli stessi giudici, è intervenuta la Corte Costituzionale (sent. 265/10) che ha dichiarato illegittima la norma nella parte in cui non prevedeva che «acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure», non prevedeva appunto la possibilità per il giudice di decidere diversamente (con una misura cautelare meno afflittiva, magari).
Ebbene, la Corte di Cassazione, con la sentenza 4377/2012, ha confermato questa interpretazione annullando il provveddimento di un giudice che applicò a suo tempo il pacchetto sicurezza. In materia di carcerazione preventiva il principio costituzionale (art. 13 Cost.) che deve seguire il legislatore – ragionano i giudici – è il minor sacrificio possibile per la libertà personale. Il pacchetto sicurezza del 2009 prevedeva invece un automatismo e una presunzione che violava la norma e impediva al giudice di modulare la misura in base al principio di adeguatezza. In altre parole, toglieva al giudice qualsiasi potere discrezionale.
Link Sponsorizzati
Che dire? Le motivazioni giuridiche esposte dalla Corte Costituzionale non possono essere condivise completamente. Se è considerato legittimo l’automatismo della custodia in carcere per i reati di mafia (e questo al di là di quanto afferma l’Europa), non vedo perché non possa esserlo per i reati di stupro. Come il reato di mafia, e forse persino al pari del reato di omicidio, lo stupro è un reato di grave disvalore sociale che spesso fa leva sull’affidamento che la vittima ripone nel suo orco (si pensi alla bimba violata dal padre) e offende la dignità delle persone stuprate, la cui integrità psicofisica e la libertà sono danneggiate irrimediabilmente (a maggior ragione se le vittime sono minori e se il reato è di gruppo). Perciò – a mio modesto avviso – la Corte Costituzionale avrebbe ben potuto superare gli ostacoli giuridici e dare un segnale diverso, di maggiore severità, davanti alla commissione di un reato che — ribadisco — lascia profonde tracce (spesso indelebili) nella vita della vittima, più di quanto le lasci l’obbligo di pagare il pizzo alla mafia.
Ciò detto, gli stupratori ringraziano vivamente questi fulgidi esempi di giustizia all’italiana.
Fonte: Il Sole 24 ore
di Martino © 2012 Il Jester