Più di duecento scale percorrono la città dal mare alla collina. Erano state abbandonate all'incuria. Ora vengono recuperate. Per il trekking urbano e la meraviglia dei turisti (di Natella Bernabò Silorata - l'Espresso)
Duecento scale e forse più, tra "gradonate" e "pedamentine" storiche, percorrono Napoli dal mare alla collina. Un sistema viario antico e intelligente, poi surclassato dalle logiche del trasporto moderno, infine abbandonato all'incuria. E che ora torna a far parlare di sé, complici una rinnovata voglia di lentezza, nuove mode come il trekking urbano, azioni di public art, e una ritrovata voglia di riscatto che percorre la Napoli migliore.
Poche settimane fa la Fai Marathon ha riportato sulla trecentesca Pedamentina di San Martino più di 1.500 persone in una sola mattinata, soprattutto napoletani, che per la prima volta hanno percorso la "città obliqua" cantata da Edoardo Bennato. Ma è un comitato civico formato da circa venti associazioni, in testa Legambiente Neapolis 2000 con Wwf Napoli e Cittadinanza Attiva, il vero motore della rinascita: il Coordinamento Recupero Scale di Napoli da quasi vent'anni incalza le istituzioni impegnate in opere mastodontiche come le metropolitane e dimentiche di queste vie verticali, spesso invisibili, segmentate da gradini, incuneate nel cemento contemporaneo o spalancate su panorami mozzafiato, a tratti cancellate da colate di asfalto. Manca qualsiasi forma di segnaletica stradale o turistica, e manca pure una mappa turistica completa per orientarsi tra queste scorciatoie ed erte vie: una guida, seppur non esaustiva, è il piccolo volume fotografico di Simone Florena ("Scorciatoie", Tullio Pironti editore).
Ma sono più di 200 i percorsi pedonali censiti dal Coordinamento: 135 scale vere e proprie e 69 "gradonate", molte in uno stato di completo abbandono e degrado. È la sintassi segreta della città e ne racconta la storia, la cultura e il paesaggio; ma è anche una straordinaria risorsa per una mobilità urbana sostenibile. Da qui il "Manifesto per il recupero delle scale" che stigmatizza le criticità e avanza istanze di tutela e valorizzazione di un patrimonio ancora sottovalutato.
Ma qualcosa inizia a muoversi in città. Nel giugno scorso, sullo scalone monumentale di Montesanto, opera del Filangieri del 1880, ha aperto Q.I., Quartiere Intelligente, primo esperimento in città di smart city: dal recupero di un vecchio opificio, di un edificio tardo ottocentesco e di un terreno incolto è nato questo spazio di produzione artistica e non solo. Iniziativa coraggiosa di alcuni privati. Il primo risultato raggiunto è stato quello di riaccendere i riflettori su questa spettacolare scalinata a balze - lungo le quali Vittorio De Sica girò alcune scene del "Giudizio Universale" - riuscendo così a spazzare via siringhe e incuria. La gente è tornata a salire e scendere per queste scale dove periodicamente il Quartiere Intelligente allestisce un mercatino del biologico e del riuso, di sera proietta video d'artista sulla parete verticale di un edificio e nel terreno incolto ha fatto crescere un orto didattico per i bambini del quartiere.
Lo scalone di Montesanto si riallaccia idealmente con la Pedamentina di San Martino, il percorso pedonale più lungo e antico della città: 414 gradini che collegano, rampa dopo rampa, la collina del Vomero con il ventre della città, la Certosa di San Martino con Spaccanapoli. Nelle guide straniere viene segnalata per la bellezza degli scorci: si scende in una dimensione inattesa, fatta di silenzi irreali, vigne e scampoli di campagna, casali riattati e panorami che dilatano lo sguardo. La percorrono i turisti stranieri e i residenti, uniti questi ultimi in un comitato che si batte per la tutela del posto e la sua valorizzazione. La prima rampa che parte dalla balconata di San Martino continua a essere oltraggiata da vetri e bottiglie rotte lanciate di notte dai ragazzi che festeggiano sul piazzale (usanza ottusa, più volte denunciata); ma basta scendere al secondo tornante e la vista del golfo con il Vesuvio riaccende l'incanto. È qui che il violinista Pasquale Nocerino e la moglie Giovanna, ballerina classica, hanno aperto un b&b in un casale che doveva essere una pertinenza della Certosa. L'arte pare sia di casa tra queste scale dove soggiornò anche Baudelaire e dove Marguerite Yourcenar ambienta il racconto "Anna soror". Pochi giorni fa le prime rampe sono state per la prima volta il set di un'azione di arte pubblica, Flabby Fluo, del collettivo Semmai Factory a cura di Simona Perchiazzi mentre il Teatro Dissolto ha messo in scena i "Racconti del Solstizio" con la musica africana di Ibrahim Drabo.
Quasi in parallelo con la Pedamentina, dall'altra parte della collina del Vomero scende il Petraio, tortuosa fuga di scale che da via Annibale Caccavello giunge sino al corso Vittorio Emanuele. Percorso di pietre che sfiora la Vigna di San Martino (l'appezzamento agricolo di sette ettari un tempo dei monaci e oggi proprietà del gallerista Peppe Morra, monumento nazionale per la valenza storica e paesaggistica), gli eleganti palazzi liberty del Vomero e i tipici "bassi" partenopei che qui però hanno finestre panoramiche, verande e terrazzini. Dal corso Vittorio Emanuele partono rampe storiche in salita e in discesa che portano spesso a luoghi incredibili come il complesso di San Nicola da Tolentino dove l'AltraNapoli, la fondazione attiva nel Rione Sanità, ha avviato un progetto di recupero del convento e dei giardini storici con l'apertura di una foresteria. Da piazzetta Cariati parte la rampa di Santa Caterina da Siena che scende sino all'omonima chiesa, capolavoro del tardo barocco meridionale e sede di concerti della Fondazione Pietà dei Turchini . Si infila nei vicoli dei Quartieri Spagnoli la bella scala di San Pasquale a doppia rampa a curva che passa del tutto inosservata; scende giù sino alla Pignasecca la lunga e ripida via gradinata di Sant'Antonio ai Monti, prolungamento della seicentesca salita Cacciottoli che parte da piazza Leonardo al Vomero: un budello stretto che taglia il tufo giallo napoletano, passa sotto il ponte del Corso Vittorio Emanuele e prosegue tra le porte e le finestre dei bassi con le tv accese, un paio di chiese abbandonate e i panni stesi al sole. Il primo tratto è ben poco invitante, solitario e sporco; il secondo offre spaccati di varia umanità ed emarginazione sociale.
A monte e a valle ci sono i musei più importanti della città: Capodimonte, il Museo Archeologico Nazionale e il Madre. Solo questo dovrebbe bastare, come chiedono cittadini e comitati, per mettere in sicurezza percorsi che qualcuno ricorda anche per le scene di "Ieri, oggi e domani", il film di De Sica con Sofia Loren sui gradini di via Giuseppe Piazzi. Le potenzialità turistiche sono tante. Legambiente, che periodicamente pulisce lo scalone ottocentesco della Principessa Iolanda al Tondo di Capodimonte, promuove il trekking urbano; la pro loco Capodimonte e il Coordinamento Scale si danno da fare, ma non è semplice: quello che era un piccolo borgo rurale in mezzo alla collina verde è oggi la cerniera di collegamento tra Capodimonte e i Miracoli, tra degrado e illegalità. Le due Napoli ancora si fronteggiano.
Natella Bernabò Silorata