Ogni epoca storica ha i suoi falsi miti, le suggestioni collettive che sembrano la tendenza sociale del momento, il percorso preso dalla società per provare ad evolvere.
Negli anni ’70, per esempio, c’era l’impegno politico. Tutti con la loro bella appartenenza, la loro ideologia, le loro idee da esprimere.
Negli ’80, poi, arrivò l’idea di successo facile, l’apparente opportunità per chiunque di diventare ricco e potente con quattro mosse azzeccate in borsa e un minimo di spregiudicatezza.
Entrambi erano, appunto, falsi miti. Mode comportamentali, illusioni di massa, meravigliose bugie perfette per vivere un po’ meglio e combattere l’umana, naturale ansia esistenziale.
Ai nostri giorni c’è Facebook.
Si perché, a leggere chili e chili di saggi sugli anni che stiamo vivendo, sembra che tutto accada sui Social Network, e che la vita, per essere definita tale, debba necessariamente passare da lì.
Sindaci e parlamentari che parlano coi loro elettori per stabilire insieme le politiche migliori, divi della canzone e del cinema che condividono le bozze delle loro nuove opere per raccogliere commenti, e vite banali dei comuni mortali costruite attorno al fine ultimo: quello di fotografarle e postarle in cerca di un “Mi piace”.
Ebbene.. questa consapevolezza appena acquisita non mi farà disiscrivere né cambierà granché i miei comportamenti digitali, ma io credo di essermi finalmente accorto che, in realtà, su Facebook non succede proprio un bel niente.
Sto ore ed ore attaccato al monitor, leggo con attenzione tutto quanto scrivono tutti i miei contatti, commento attivamente, partecipo, interagisco, approvo e dibatto.
Ma quando in tarda serata spengo il pc mi sento addosso lo stesso identico languore di esperienza che avevo a inizio mattinata nell’accenderlo. Un po’ come quando ci si alza dal tavolo dopo un’abbuffata pantagruelica in un sushi-restaurant, e viene sempre da chiedere “Bene.. mi è venuto appetito. Dove andiamo a mangiare qualcosa?”
E se dopo aver trascorso la giornata intera alla tastiera mi sento così – vuoto e famelico – deve per forza dire che, a dispetto delle ingannevoli apparenze, su Facebook non succede niente.
Ma forse, proprio come è accaduto negli anni ’70 e negli ’80, di essere tutti vittime di un’allucinazione collettiva ce ne accorgeremo solo tra dieci anni, e solo quando avremo trovato un’altra nuova grande balla con cui autoconvincerci.
E ora scusate ma chiudo perché ho moltissimo da fare: devo correre a pubblicare il link a questo post su Facebook.