Magazine Diario personale

Su misura

Creato il 01 luglio 2012 da Povna @povna

E’ possibile che uno studente entri nella performance dell’orale con scombiccherata scioltezza e – passati i primi minuti di necessario aggiustamento – ne torca le regole a sua immagine fino a trasformarla nell’emanazione originale della sua personalità autentica?
E’ possibile che l’alunno meno adatto a celebrare i fasti di una scuola tecnica salga metaforicamente in cattedra, regalando, con educato distacco, il suo sguardo umanistico sul mondo di strade, dighe e ponti a tutti gli ingegneri?
E’ possibile – per ordine alfabetico – entrare a colloquio dopo l’annunciato 100 (sì, Peter Pan è andato molto bene, grazie) e trasformare la paura in punto di forza, rendendo il proprio approccio al mondo (e dunque anche alla discussione con i sette insegnanti) il punto di vista vero e unico dell’intera narrazione?
E’ possibile, evidentemente, anche se la testimonianza oculare dell’evento è affidata solo a sua sorella Peggy, ovviamente alla ‘povna e a un trafelato Calvin (entrato in leggero ritardo): gli unici che, ieri mattina, a partire dalle 11, hanno avuto il privilegio di assistere agli orali di Corto Maltese.
La ‘povna e il suo alunno prediletto avevano trascorso la giornata di vigilia in modalità tranquilla: lei aveva lasciato aperto per tutto il pomeriggio – secondo mutui accordi – il canale telematico. Lui ne aveva approfittato per chiedere un paio di chiarimenti e di rettifiche. Poi, dopo la telefonata di rito (“In bocca al lupo, Corto, ci vediamo domani”), la ‘povna se ne era andata da Viola, a festeggiarne il compleanno. Mentre Corto era rimasto ancora un poco, impavido, a studiare.
La mattina seguente Corto arriva a scuola verso le 8.30. La ‘povna lo intuisce, alza gli occhi. Il primo sguardo è di sollievo. Seguendo i suoi consigli (si era raccomandata con lei persino l’Ingegnera Tosta: “Digli di mettersi a modino e di non essere stropicciato come sempre; e, se possibile, chiedigli di non presentarsi, così suo solito, esibendo la tesina, piegata in venti parti, dalla tasca di dietro dei calzoni”), Corto è ordinato e a posto. I fogli della ricerca – per quanto la prima pagina tradisca una caduta in acqua – sono abbastanza lisci. L’effetto complessivo è buono e originale.
I minuti scorrono veloci, e in un batti baleno è il suo turno. Lui entra, saluta, firma. Aspetta la PresidentA.
“Allora, esponici il tuo argomento: ho visto che hai scelto di parlarci di Berlino”.
Le parole del suo scritto – un racconto critico della città-segreto d’Europa e del mondo condotto con la consueta abilità stilistica e la sua singolare intelligenza – lasciano tutti a bocca aperta. Corto (che è timido, ma di certo non privo di sensibilità al contesto) capisce che il ghiaccio si è rotto; e passa al vaglio dei colloqui con una faccia distesa, che ha già ricominciato a respirare. Diritto vola via senza danni, ma è a Scrittura del territorio che la metamorfosi si compie. Di fronte alla materia simbolo di una scuola che ha sbagliato dall’inizio, continuato per scelta (in nome dell’abitudine e degli incontri di amicizia), vissuto senza drammi, ma annoiandosi profondamente, Corto accoglie con un sorriso le domande dell’Ingegnera Tosta.
“Non hai veramente nessun senso grafico” – gli dice lei mostrandogli la seconda prova, con ironico affetto – “il disegno è giusto, ma minuscolo: hai scelto una scala che lo renderebbe piccolo in A4, figuriamoci in questo formato A1″.
“Ha ragione, è proprio brutto!” – Corto conviene sorridendo. E poi si arrangia, come sempre. Ragionando sulle cose, cavandosela sui fondamentali e dimostrando, educato ma esplicito, il suo assoluto disinteresse (“E’ incredibile, vero, professoressa, quanto non mi riesca?”) per questa specie di cose. L’auto-ironia con cui si rappresenta – senza affettazione, come dato di fatto – contagia di risate tutti. Anche perché basta girarsi verso Dolores Umbridge e la musica cambia, rapidissima. Domande fuori e dentro il programma, riflessioni, concetti (a segnalare che quelle non sono cose che ha studiato, le sa e basta). Corto Maltese – sempre con il sorriso sulle labbra – sbanca il banco a storia e italiano.
Il resto, continua sulla stessa tonalità giuggiola.
“Mi sai dire perché una stima è oggettiva?” – domanda la docente di Agricoltura tecnologica.
“Mah, premettendo che secondo me non si può definire davvero ‘oggettivo’ qualcosa che è lasciato comunque anche alla sensibilità individuale, e dunque è tanto più soggettivo quanto più si è convinti dell’opposto” – è l’esordio di Corto meditativo, grattandosi la testa. Ma poi risponde con sufficiente sicurezza (anche se non può evitare di glossare – di fronte a una domanda su quanto pensa che influisca l’essere situato in una ‘zona a rischio’ sul valore di un immobile – “Beh, io non è che mi renda proprio conto, di che cosa sia una zona a rischio: io vivo a Castagnone!”.
Scoppia l’ennesima risata all’unisono, la ‘povna e l’Ingegnera Tosta si guardano un po’ complici, Esagono scuote la testa. “Vieni qui a fare Muri&Impianti, Corto. Te la do io Castagnone”.
Finisce così una delle rappresentazioni più esilaranti di tutti i tempi. Corto – che sarà pure stropicciato (inutile dire che la tesina è finita, a un certo punto, piegata in venti parti in tasca), ma conosce il galateo – si alza e dà la mano a tutti.
Anche per lui arrivano i complimenti della PresidentA: “Continua a scrivere, giovane: tu hai un dono”.
Corto Maltese esce, seminando pezzi sparsi tutti intorno (la tesina cade dalla tasca, la bottiglia dell’acqua la raccatta Peggy, lo zaino è abbandonato in corridoio).
“Allora, come è andata?” – domandano i compagni.
“Vi sentivo ridere moltissimo” – sottolinea il Carabiniere perplesso.
Calvin gli batte un mano sulla spalla: “Allora, vecchio mio, ce l’abbiamo fatta”.
Corto annuisce. E poi guarda la ‘povna. Non c’è bisogno di parole, che passano dagli occhi.
Ed è con l’immagine di quel sorriso largo che si spande, reciproco, sulle loro facce che la ‘povna si avvia a rotta di collo (insieme a santa Viv) verso il matrimonio dell’anno.
Lo sceneggiatore, è chiaro, si diverte. Ma anche la ‘povna e Corto, telepatici, pensano che, meglio di così, non poteva certo andare.


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