di Rina Brundu. Ci si sente un poco come se proiettati per ghiribizzo pazzo di un mago burlone dentro le dinamiche al rovescio di una sorta di Paese delle Meraviglie virtuale. E ci si sente perduti perché si avverte la chiara assenza di una guida capace di tirarci fuori dall’imbroglio sensoriale dentro cui siamo caduti.
L’odierna giornata del Primo Maggio ha avuto il merito di marcare in maniera tonante la forte dicotomia che attanaglia il paese: le velleità edonistiche della casta renzistica da un lato, il paese che fa fatica ad esistere, finanche a sopravvivere dall’altro. Così, nel giorno delle Festa del Lavoro, nel giorno in cui sarebbe stato necessario un minimo brain-storming collettivo che avesse un senso, oltre le tentazioni ludiche dei concerti di piazza, si è dovuto assistere ad una imbarazzantissima parata di leader o pseudo-tali che si lisciavano le penne all’Expo e a La Scala, nonché alla celebrazione mediatica del giornalismo schierato di quegli stessi “epocali achievements”. Il risultato? L’essere riusciti a far convenire fin nel centro di Milano, bande di scalmanati “fatti” determinati a sfasciare tutto per il solo gusto di farlo. La parola “lavoro” l’ha timidamente pronunciata il solo Presidente Mattarella, quasi come fosse ormai diventata un “dovere” pregnante tra i tanti altri del suo “cerimonial post” per dirla con i giornali stranieri, e naturalmente il grande Papa Francesco, ma dove potranno arrivare i loro discorsi senza il backup di una sostanziale azione politica?
Esiste una responsabilità importante della sinistra storica sul deleterio status-quo, e la responsabilità è tutta in quell’essersi chiusa a riccio intorno alla ceneri di un simbolo e di un partito che non c’é più, e nell’averlo fatto per mero amor di poltrona. Del resto Alfano docet e se va bene per Alfano perché non dovrebbe andare bene per Cuperlo, Civati e per gli altri “compagni”? Resta il fatto che le responsabilità di rappresentazione politica della sinistra sono diverse da quelle dei centristi e vivono caricate di una componente pragmatica ma anche etica e morale sostanziale. Ci si chiede insomma a quale santo dovrebbero votarsi i lavoratori italiani per trovare orecchio disposto ad ascoltarli, senza cadere nella tentazione di seguire le fantastiche quanto utopiche idealizzazioni propugnate delle componenti radicali di quello che fu il glorioso partito di Gramsci e di Berlinguer?
Ne deriva che quando penso al renzismo, lo penso alla stregua di un brutto scherzo del destino stile Amici-miei, una sorta di legge del contrappasso applicata in virtù dei tanti peccati amministrativi commessi dalla casta, un tentativo riuscito di destabilizzazione e annientamenteo procurato da qualche potenza straniera, un incubo trendy da cui sembriamo incapacitati a liberarci. Ma se la Storia insegna che ogni incubo è in fondo destinato a dissolversi, ciò che preoccupa davvero è la possibile conta dei morti-che-cammineranno sulla nostra amatissima patria-desolata, che ci lascerà in eredità. Prima di perdersi, per sempre.
Buon Primo Maggio a tutti!
Featured image, T. S. Eliot in 1934