Anna Lombroso per il Simplicissimus
Cosa c’è di meglio di agosto per i colpi di mano, i golpe, i bidoni? Si possono cancellare luoghi della politica e della rappresentanza, sospendere decisioni per qualcuno cruciali, su temi definiti etici, come se non lo fossero tutti quelli che impongono scelte che investono le nostre vite, lavoro, diritti, democrazia. In una Venezia sonnolenta, senza sindaco e Consiglio Comunale, salutato con entusiasmo come fosse una vittoria della ragione, un blitz di ferragosto ha decretato la vittoria delle grandi navi e con il loro sfrontato dominio, quella dei signori degli scavi e delle grandi opere, quella dei devastatori della laguna in nome di un profitto sempre più ottuso e sempre più accecato dall’avidità.
A due anni dal decreto Clini-Passera, imposto sia pure a malincuore dall’emozione per il naufragio del Giglio, un comitato interministeriale, nel quale la città e i suoi abitanti non “testimoniavano”, non c’erano, non erano rappresentati, ha annunciato esultante tramite un tweet del governatore Zaia, che “presto” un decreto interdirà il passaggio delle grandi navi nel Bacino di San Marco, “vietando dal 2015 l’accesso alle navi da crociera superiori alle 96 mila tonnellate, ma confermando per l’anno in corso i circa 700 passaggi già definiti, in attesa del Contorta-Sant’Angelo, che potrebbe essere pronto per il 2016”.
L’unica figura non biasimevole nel parterre dei tutori delle ragioni preminenti della crescita, da Delrio a Franceschini, da Lupi a Zaia, al deprecabile ministro dell’Ambiente del quale si fatica anche a ricordare il nome mentre si rammenta facilmente l’inazione, è stato proprio il Commissario straordinario che ha voluto sottolineare come abbia “fatto solo atto di presenza”. “ Non ho votato a nome della città, ha ricordato, perché il commissario non è un organismo politico e la decisione che è stata presa in Comitatone è stata invece una decisione eminentemente politica, che ha ricadute importanti per il futuro della città e della sua laguna. Come Vittorio Zappalorto, invece, posso dire che avrei preferito che al giudizio della Commissione di Valutazione d’impatto ambientale non fosse inviato solo il progetto dello scavo del canale Contorta-Sant’Angelo, ma anche qualcun altro degli altri proposti, per avere così un giudizio più globale. Si poteva aspettare un mese o due in più, ma cercare di ottenere questo risultato”.
Parole al vento, come quelle di un naufrago del senso dello Stato e dell’interesse generale, rispetto agli eterni naviganti, agli amici dei corsari, dei cementieri, degli scavatori, che hanno condizionato la sospensione così a lungo rinviata del passaggio dei mostri davanti a San Marco, allo scavo di un canale per il transito dei forzati delle crociere, quel canale Contorta sant’Angelo il cui progetto a maggio era stato rimandato al mittente dalla Commissione di Valutazione di Impatto Ambientale.
Niente paura, è già pronto un nuovo progetto, magari sarà la fotocopia del precedente, ma incontra un clima più propizio: la Costa Concordia si è sollevata e con essa il morale e la sfrontatezza dei padroni e del governo. E tutto concorre a favorire la semplificazione, grazie alla rimozione di fastidiosi ostacoli, all’accelerazione di molesti iter burocratici, l’alleggerimento delle farraginose procedure che hanno paralizzato ingegnose pensate, intraprendenti opere, libere iniziative.
La Commissione Via, come recita il comunicato ufficiale del comitatone, diramato un bel po’ dopo l’ostensione della vittoria su Twitter, “è aperta in linea teorica anche ad altri progetti che nel frattempo potrebbero arrivare al livello di definizione indispensabile per essere giudicati”. Ma con l’ineluttabile Mose ci hanno abituato ad essere sospettosi e possiamo star sicuri che l’avrà vinta il canale di Contorta, creatura dell’inossidabile Paolo Costa, uomo di tutte le stagioni, di tutte le funzioni, di volta in volta rettore, sindaco, europarlamentare, monarca dell’Autorità portuale al servizio degli armatori e degli scavatori, che ha tirato fuori dal cassetto il restyling del progetto bocciato e l’ha inviato all’accogliente Ministero dell’Ambiente, in modo che scatti già da ora la procedura di impatto ambientale, che si concluda in tre mesi, che i lavori inizino al più presto, grazie alla comprovata solerzia del soggetto che quasi certamente sarà incaricato della realizzazione. Eh si, perché questa è una partita nella quale vincono tutti: armatori, compagnie turistiche, costruttori, mentre a perdere è Venezia, chi continua a pensare che un organismo così delicato e vulnerabile dovrebbe essere protetto, chi rivendica che si tratti di un patrimonio di tutto il mondo da trattare con cura.
E chi ci guadagna sempre è il Consorzio Venezia Nuova, decapitato ma vivissimo che, nella sua veste inviolata di concessionario unico per le opere in laguna, potrebbe avvalersi della procedura veloce offerta dal quadro normativo sulle “infrastrutture strategiche” perfino per questa nuova oltraggiosa ingiuria inferta alla città e al suo ambiente. Così senza alcuna trasparenza su spese e costi, vantando le più insolenti referenze e il più svergognato curriculum nel ramo della corruzione, senza alcuna gara d’appalto, senza alcuna garanzia di salvaguardia e sostenibilità ambientale, il Consorzio potrebbe essere incaricato dallo Stato, al prezzo non certo modico di 300- 350 milioni di euro, di creare una via d’acqua al servizio dei dissennati pirati delle crociere, con effetti devastanti sull’equilibrio precario e labile della laguna, malgrado Costa l’abbia liquidata come un normale “ripristino della morfologia lagunare”. Grazie a queste acrobazie semantiche diventerà banale manutenzione della Valle anche la Tav, forse sarà un utile intervento sulle correnti marine il ponte sullo Stretto che forse è rientrato nel patto del Nazareno, per non dire dell’Expo, ordinaria azione di promozione della spesa alimentare.
E non ci sarà solo il canale di Contorta, quella è la scorciatoia per altri interventi altrettanto irrinunciabili, altrettanto strategici, primo tra tutti quel terminal portuale d’altura cui Costa tiene come alla luce dei suoi occhi, 2,5 miliardi da reperire in project financing e un formidabile impatto sull’ambiente. E li troverà quei soldi, c’è da scommettere: tira un vento propizio alla distruzione, grazie a un governo che la considera inevitabile componente della crescita, quella che agisce demolendo, togliendo, imbruttendo e impoverendo.
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