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Una distinzione fondamentale per me è sempre stata quella tra sub-cultura e contro-cultura.
Sono due categorie che possono essere facilmente adattate anche all’analisi dell’espressione musicale, ed allora vediamo un po’ come è possibile usarle.
Cominciamo con le definizioni:
Sub-cultura è una manifestazione coerente coi valori di fondo della cultura dominante.
Un movimento sub-culturale crea specifiche manifestazioni legate ad esempio all’età dei suoi componenti che si pongono in diretto rapporto di sussidiarietà rispetto ai valori ufficiali della società.
Esempi: negli anni ’80 c’erano i “Paninari” e gli “Yuppie”, cioè movimenti che avevano come valori fondanti il conformismo, il successo economico, l’omologazione dei consumi, la mancanza di ideali politici.
Un Paninaro si preparava a diventare un giovane Yuppie, il quale aspirava a diventare “classe dirigente” per soddisfare esclusivamente i propri tornaconti economici, realizzando una catena di sub-culture organiche alla visione predominante della società (allora, ma non solo) contemporanea.
Contro-cultura è una manifestazione in opposizione ai valori di fondo della cultura dominante.
Anche un movimento contro-culturale tende a creare manifestazioni specifiche, che però hanno il denominatore comune di essere alternative a quelli che sono i valori ufficiali della società.
Esempi: gli hippie degli anni ’60 o i punk degli anni ’70.
Pur con le dovute differenze, in entrambi i casi i movimenti erano caratterizzati dal rifiuto del conformismo o del successo economico fine a se stesso, legati anche ad una forma di consapevolezza anche politica (anche il punk del “no future” si rifaceva in fondo all’anarchia).
Un hippie o un punk non si preparavano a diventare classe dirigente (non consapevolmente almeno) perché gli ideali erano di fondare una nuova società o di rifiutare la società tout-court.
Naturalmente il pericolo che una contro-cultura venga assimilata e trasformata in una semplice sub-cultura è ben presente: è un meccanismo classico di difesa della cultura dominante, che cura la minaccia alla sua sopravvivenza incorporando in sé gli elementi inizialmente eccentrici.
Un po’ di marketing qui, un po’ di banalizzazione lì e inevitabilmente hippie e punk vengono “normalizzati”, diventando anch’essi una versione banalizzata e limitata agli espetti esteriori e visivi dei movimenti originali.
Che però in un certo modo sotterraneo resistono, nei gruppi che rimangono fedeli agli intenti originari o nelle nuove contro-culture che inevitabilmente si sviluppano anno dopo anno.
Perché fondamentalmente una contro-cultura è, per molti, un passaggio obbligato della crescita.
Tra l’infanzia e l’adolescenza esiterà sempre un passaggio fatto di ribellione, che cercherà un modo di contrapporsi all’ordine costituito.
Il quadro mi sembra più o meno chiaro – la sua trasposizione musicale è più o meno immediata: il pop non è mai contro-cultura, il rock a volte riesce ad esserlo.
Prendiamo un gruppo famoso come i Pink Floyd: non è fin troppo facile dire che “The Piper…” è contro-cultura, “Dark Side” è sub-cultura, e “The Wall” è cultura dominante?
Ma anche il percorso inverso è possibile: i primi Beatles sono sub-cultura, “Sergent Pepper” è un tentativo contro-culturale, pur controverso fin che volete e quasi immediatamente assimilato dalla cultura dominante.
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