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Un altro evento ha segnato in modo definitivo l'infanzia di Nick e del fratello.
Ora entrambi cercano di fuggire dalla spirale autodistruttiva in cui sono imprigionati.
Ma non sarà facile....
C'era già Shakespeare che in tempi non sospetti diceva che c'era del marcio in Danimarca.
E per vedere il marcio che si nasconde in un Paese lindo e progredito come il piccolo Stato nordico, basta guardarsi un film di Thomas Vinterberg che con la sua cinepresa da entomologo sfruculia letteralmente nello squallore che si nasconde dietro la facciata pulita e rispettabile danese.
Submarino è uno sguardo cupo e disperato su una Copenaghen nascosta agli occhi dei turisti, un coacervo di fallimenti, di clochard buttati agli angoli della strada a subire le angherie del tempo e di bulletti occasionali, di famiglie disfunzionali tenute assieme non si sa come, di esistenze al margine che vanno avanti per inerzia , giorno per giorno.
Non è un bel posto per viverci questa Copenaghen tratteggiata in modo così feroce e realistico: lo sa bene Nick che si sente nè più , nè meno di un rifiuto della società e lo sa anche suo fratello che nel film non ha nome, un tossicodipendente senza speranza che cerca goffamente di nascondere questo suo "vizietto" al figlio che in molti frangenti si dimostra più adulto del padre.
Ecco, in questo quadro di totale annichilimento , l'unica speranza che lascia intravedere un film a tonte fosche come Submarino, è legata al ruolo dei bambini che spesso sono più adulti di coloro che adulti lo sono solo anagraficamente e che dovrebbero badare a loro.
E'evidente nel flashback che apre il film e che descrive l'ambiente da cui sono venuti fuori Nick e il fratello ( madre alcolizzata assolutamente non in grado di badare loro) bambini che avranno la loro infanzia segnata da un'immane tragedia, ed è evidente anche nel rapporto tra Martin e il padre tossicodipendente, in quello sguardo a metà tra il comprensivo e l'inquisitore, una sorta di rimprovero per un genitore che vorrebbe nascondere tutti i fantasmi della sua vita dietro i paradisi artificiali creati dall'eroina.
Submarino non lavora per ellissi, picchia direttamente allo stomaco descrivendo esistenze gettate via o che si stanno gettando dentro un abisso senza fondo.
Vinterberg non lavora di cesello ma stavolta usa la sciabola per un film di durezza inaudita in cui tutto viene mostrato e non suggerito: anche la tragedia terribile a cui devono sopravvivere Nick e il fratello, dai tempi della loro infanzia.
In un alternanza tra esterni grigi e ghiacciati di una Copenaghen ben lontana dallo stereotipo fissato nelle immagini delle cartoline ed interni in cui lo squallore è appena rischiarato dalle scene in cui il fratello di Nick cerca di dare al figlio quella quiete familiare negata dal destino ( ma anche se non soprattutto da quella immensa fregatura del libero arbitrio), Submarino conferma il talento di un cineasta come Vinterberg che lontano dai rigidi dettami del Dogma, lascia intuire la sua capacità di raccontare tutto il marcio che si nasconde dietro una società apparentemente aperta e all'avanguardia come quella danese.
Facendoci sapere che Shakespeare aveva proprio ragione.
( VOTO : 7,5 / 10 )
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