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Succede solo in America Latina...

Da Darioanelli @dalmessico
Succede solo in America Latina... "Come si fa a prendere sul serio un'università che arruola come insegnante di italiano uno che ha studiato scienze forestali? basta essere madrelingua per insegnare all'università? di che livello universitario stiamo parlando?? in Europa si riuscirebbe forse a trovare impiego in una scuola di lingue di infima categoria."
E' difficile credere che un laureato in scienze forestali possa dare lezione di italiano in un'università pubblica straniera. 
Durante i miei primi mesi in Messico la pensavo pressapoco come l'autore del commento qui sopra. Se sono laureato in scienze forestali, come diavolo possono propormi come maestro di lingua italiana. «Ma sei italiano», ribattevano gli amici messicani, «E con ciò?», «E' un buon vantaggio». Non ci capivo niente.
   Ad ogni modo, spinto da necessità, andai a consegnare il curriculum al coordinatore di lingue dell'università di Aguascalientes.  Qui sono calci nel sedere, pensavo. Probabilmente mi urlerà dietro qualche insulto prima di sbattermi fuori.
Invece venni ricevuto subito, senza appuntamento. Il coordinatore sembrava contento di vedermi. Mi offrì un caffè, lesse attentamente il mio curriculum e lo commentò: «Ah! Scienze forestali, saprai un sacco di cose sull'ambiente. Che interessante!». Poi mi spiegò che l'assunzione dei professori interini dipendeva dal numero delle iscrizioni. 
Se ci fossero stati abbastanza alunni mi avrebbero chiamato. Alla fine disse: «Guarda metto qui il tuo curriculum». Lo mise in un cassetto.
Nelle settimane seguenti non successe niente, così gettai la spugna e feci dell'altro.
Un anno dopo però, ricevo una telefonata.  «Sei ancora disposto a dare lezioni di italiano»,  «Sì».  «Allora cominci lunedì.» 
Cominciai a lavorare senza aver firmato nessun contratto. Sapevo solo che si trattava di un corso intensivo di 30 ore.
Qualche settimana dopo il coordinatore mi rivelò i criteri con cui avevo passato la selezione: 
«Beh, Dario. Avevo tre curriculum nel cassetto. Ho chiuso gli occhi e ne ho preso uno a caso. Il tizio in questione però era in Spagna e non sarebbe tornato in tempo per cominciare. Allora ho preso il secondo ma si trattava di una signora senza laurea e non potevamo assumerla. Poi c'era il tuo.»
«Ah!»
In Italia, una storia del genere sarebbe stata uno scandalo, qui è la normalità. Se lo raccontassi ad un messicano mi risponderebbe: «Beh, ma cosa c'è di strano?»
Il Messico, ricordiamolo, è un paese terzomondista latino americano; ha una forma di intendere la vita, il lavoro e le relazioni molto diverso da quello europeo o americano. 
Molto diverso.
Le conseguenze negative sono sotto gli occhi di tutti. La metà della popolazione di un paese ricchissimo di risorse vive nella povertà e nell'ignoranza. La vita umana vale poco, i diritti umani, lavorativi sono più teorici che reali. La politica favorisce interessi personali invece di portare il progresso all'intera società. La giustizia praticamente non esiste.
Noi europei bacchettiamo spesso i messicani sul fatto che, se vogliono migliorare, molte cose vanno radicalmente cambiate. Il concetto di professionalità, per esempio.
Nel frattempo però, bisogna sopravvivere e anche in questa situazione penosa ci sono delle cose da imparare.
Noi italiani siamo stati abituati a ragionare in maniera lineare. Studio, mi specializzo, opero in quel settore (raggiungo il successo). In questo caso crediamo che il 'sistema' ci sostenga perché quando uno dimostra impegno gli si aprono molte porte. Quando si scopre che non è così, ci si sente in qualche modo traditi.
In Messico e in altre realtà dove «il sistema» non esiste o non è al servizio dei cittadini, più che mettere piede davanti all'altro, bisogna surfeare sulle onde della vita che sono imprevedibili.
Prendiamo il mio caso.
Mi danno la possibilità di mettermi in gioco con una professione per me nuova: maestro di italiano. Si aspettano che faccia un buon lavoro, ovvero che alla fine i ragazzi sappiano parlare e capire la nostra lingua.
Se riflettessi in maniera lineare avrei dovuto rinunciare a priori per il fatto di non aver compiuto studi formali in questo campo. Però sono davvero così impreparato? Scopriamolo.
Sai parlare italiano? Sì.
Sai insegnarlo? Sì.
Perché? Perché sto studiando lingue straniere quindi sperimento su me stesso ciò che funziona e ciò che non funziona, perché conosco altri maestri di lingua con i quali posso confrontarmi, perché sono creativo, perché sono empatico. Perché mi piace la lingua e la cultura italiana.
E ti pare abbastanza? Beh, alla fine del corso gli studenti parlano italiano. Se le mie lezioni fossero inefficaci non si spiegherebbe il risultato.
Si ma non sei un grammatico professionista, avanti elencami tutte le funzioni del 'ne' e del 'ci'? Sì mi hai colto in castagna, però io non do lezione a dei futuri traduttori ma a dei ragazzi che hanno come obiettivo fare conversazione, leggere un articolo su internet o guardare un film.
Ma come cacchio fai a insegnare una lingua senza una profonda conoscenza della grammatica? Tutti i bambini imparano a parlare senza studiare grammatica. Io ho imparato espressioni in spagnolo da persone analfabete.
E allora a cosa serve una laurea in lettere e una specializzazione in insegnamento in una lingua straniera? Serve moltissimo, però oltre a questo bisogna proporsi e non si può farlo esattamente da casa propria.
Cioè? Cioè se alla mia 'selezione' ci fosse stato un professionista avrebbe avuto il posto, però non c'era. Purtroppo qui si fa con quello che c'è.
Insomma sei convinto che uno che si improvvisa come maestro di lingue può ottenere risultati soddisfacenti? Più che si improvvisa è meglio dire che si impegna. Se ti impegni e sei onesto nel tuo lavoro puoi ottenere risultati apprezzabili senza una formazione accademica specifica alle spalle. Per esempio non tutti gli imprenditori di successo hanno cominciato come 'esperti' nel loro campo. Secondo voi Briatore è uscito da ingegneria meccanica con 110? Eppure ha avuto successo in formula 1.
Frena, frena, quindi tu puoi insegnare qualsiasi cosa in Messico? Ovviamente no, ci sono delle materie che conosco e altre che conosco meno o ignoro. Gli studenti si danno perfettamente conto di chi hanno davanti. C'è stato il caso di una ragazza italiana laureata in filosofia che ha insegnato la sua materia per un semestre ma il suo spagnolo non era sufficiente così gli studenti hanno chiesto di cambiare professoressa.
Il cuoco professore
In Messico molte delle attività imprenditoriali e carriere lavorative cominciano con una piccola idea, con una collaborazione occasionale. Successivamente la cosa può fallire o crescere. 
Ci sono ristoranti che sono nati da changarros, trattorie economiche all'aperto. Io collaboro con un cuoco italiano che ha messo su una scuola di gastronomia (un istituto alberghiero). Ha cominciato qualche anno fa prendendo in affitto una sola stanza che veniva usata come cucina, ufficio ed aula. Poi, negli anni si è ingrandito e il suo istituto è considerato, nel suo campo, uno dei migliori di Aguascalientes. 
«Io qui ho trovato l'America». 
Uno dei suoi primi lavori in Messico è stato quello di insegnante universitario nel corso di laurea di turismo. Un cuoco, professore universitario? Sì.
La maestra di tango
Prima di partire per il Messico, a Verona, ho preso qualche lezione di tango argentino. La maestra era una signora boliviana che si era sposata con un italiano e, giunta nel Belpaese, si era subito data da fare. 
Non era una maestra professionista. Lei ballava il tango come mia zia balla il valzer e le mazurche. Buon livello, ma niente di eccezionale. Nessun diploma, solo passione ed inventiva.
La signora ha radunato amici e amici di amici in una stanza presa in affitto e ha cominciato le sue lezioni di tango. Così, semplicemente con uno stereo. 
Gli italiani, tra i quali io, eravamo letteralmente affascinati da lei e dalle sue maniere tanghesche. Anche il fatto che desse le lezioni in una mescola di italiano e spagnolo rendeva il tutto più genuino. Si aveva davvero l'impressione di ballare in una bisca argentina degli anni trenta.
Dettagli che a noi avrebbero preoccupato come, permessi, autorizzazioni comunali, fisco ecc. in un primo momento sono stati da lei completamente trascurati. 
La signora ha fatto crescere il suo giro, organizzando ritrovi di tango, feste e lezioni. Quando un vero maestro argentino passava da Verona ci faceva prendere lezioni da lui. Io, cacchio, facevo progressi ed ero tutto orgoglioso del mio stile (da principiante).
Quando sono andato via, ho visto quella realtà crescere attraverso la newsletter alla quale ero abbondato. Ora è diventata un'associazione formale che da lavoro alla signora. 
E non un lavoro qualunque, bensì un lavoro che ama.
Se avesse ragionato in termini più lineari, la signora avrebbe scoperto di non avere la preparazione adatta per fare nulla e avrebbe dovuto accettare un lavoro più modesto come donna delle pulizie a ore.
Che cosa ho imparato da queste storie?
1) Non esistono sistemi lineari, né percorsi di vita impacchettati cento per cento garantiti. Per fare ciò che amiamo dobbiamo fare surf nella nostra esistenza mettendoci in gioco in situazioni nuove ed impreviste.
2) La preparazione accademica rappresenta più o meno il 40% del nostro potenziale. Il resto sono cose che non imparano in una lezione formale.
3) Un sistema caccoso, a volte, può trasformarsi un'opportunità (per chi sa coglierla).

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