Persone con cui magari ho condiviso solo lo stesso spazio di una redazione, un ciao la mattina e nemmeno un caffè. Persone con cui ho condiviso poco più di un viaggio in macchina sulla Milano-Torino e qualche animata conversazione sulla comunicazione. Oppure persone che non ho mai visto ma che erano talmente legate a persone care che mi pareva di conoscerle anch'io.
Ecco, queste persone hanno in comune due cose: sono in Italia e hanno - in misure diverse, ma comunque - "sfondato" nella letteratura e nei media. Sfondato con le loro idee, il loro talento e la loro determinazione.
C'è Seba, mente e brillante presenza dell'unico programma sulla TV italiana che posso definire interessante e intelligente. Ci sono Laura e Irene, giornaliste di giorno e scrittrici di sera, ormai ben oltre il loro primo romanzo. C'è Claudia, un blog dal successo clamoroso. E c'è Giorgio, che ho conosciuto indirettamente e tramite il suo sito, e che ora ha vinto il Campiello.
E' bello trovarsi ad un'età in cui ci si iniza a sentire "qualcuno". In cui si iniziano a vedere i frutti di tanti sforzi. In cui si emerge con fatica stratosferica dal pantano di un'adolescenza che sembrava infinita per rendersi conto che sì, la società di oggi siamo noi. E sì, il nostro pensiero può contare qualcosa, e può contribuire a qualcosa che assomiglia ad un "movimento culturale", seppure fluido e dai contorni incerti.
E soprattutto è bello vedere come la passione autentica - per la scrittura, ad esempio - riesca trionfare, nonostante tutto, nonostante l'Italia. O forse proprio grazie all'Italia, che ha fatto da culla, ha formato, ha esasperato la creatività con le sue mille frustranti contraddizioni, ha regalato un estro che magari altrove sarebbe rimasto soffocato dal pragmatismo, dall'imperativo della meritocrazia omologante, dal politically correct di stampo europeista.