di Giacomo Dolzani
Nonostante le trattative di pace volute dalla comunità internazionale e gli accordi raggiunti dopo svariati incontri tra i presidenti di Sudan e Sud Sudan ad Addis Abeba, si incrinano nuovamente i rapporti tra i due paesi africani.
La pace che sembrava finalmente essere stata raggiunta non è durata che pochi mesi: dopo aver accusato Juba di sostenere i guerriglieri che combattono da tempo contro l’esercito sudanese nelle province meridionali del paese, proprio oggi il governo di Khartoum, guidato dal presidente Omar al-Bashir, ha ordinato di bloccare il passaggio del greggio estratto in Sud Sudan e trasportato a nord attraverso gli oleodotti sudanesi, impedendo così al paese vicino di esportare il proprio petrolio.
Il Sud Sudan, nato dalla scissione dal Sudan dopo un referendum tenutosi il 9 luglio 2011, è infatti una nazione dall’economia estremamente precaria, drammaticamente carente di infrastrutture e senza alcuno sbocco al mare; l’indipendenza ha consentito a Juba di controllare la gran parte del petrolio, circa i due terzi del totale, che precedentemente era amministrato dal governo di Khartoum, ma per esportarlo ha bisogno di utilizzare gli oleodotti sudanesi che conducono il greggio verso nord, a Port Sudan, dove Juba ha ormeggiate le proprie petroliere.
Secondo quanto riferito da al-Bashir, il governo sudsudanese starebbe fornendo appoggio ed armi ai ribelli del Fronte Rivoluzionario Sudanese (Srf), un’alleanza tra vari gruppi di guerriglieri (Jem, Slm, Splm) siglata il 12 novembre 2011 e che da anni combattono contro il governo del Sudan sia in Darfur, ma soprattutto nelle province meridionali del paese, come il Kordofan ed il Nilo Blu, situate su confine con il Sud Sudan, ricche di risorse naturali e popolate da gruppi etnici organizzati in società di tipo tribale, spesso sottoposti alla repressione delle truppe regolari di Khartoum che non vogliono perdere il controllo delle ricchezze presenti nel sottosuolo di quelle regioni.
Nella guerra civile che si è conclusa con il referendum e l’indipendenza del Sud, queste fazioni ribelli avevano infatti simpatizzato per un Sud Sudan indipendente e combattuto per la secessione, inimicandosi il governo di al-Bashir, al potere da ormai 24 anni e da sempre insofferente alle richieste di autonomia avanzate dai diversi gruppi etnici presenti sul territorio, ostilità la sua che ha portato a decenni di conflitti e a centinaia di migliaia di morti, riducendo ancor più in miseria ampie aree del paese.
Dopo l’indipendenza gli ostacoli al raggiungimento di una pace duratura non sono però finiti, molte questioni sono infatti rimaste aperte e alcune non sono stati ancora risolte.
I nodi principali erano, e sono ancora, la definizione di alcuni tratti di frontiera, come la disputa sulla sovranità sul distretto petrolifero di Abyei, situato sul confine tra i due paesi e già teatro di bombardamenti da parte dei caccia di Khartoum, e la spartizione dei proventi del petrolio estratto nel sud.
Poco tempo dopo la divisione dei due paesi, sfruttando la propria posizione di vantaggio data dal fatto gli unici oleodotti che trasportano il petrolio di Juba sono sotto il suo controllo e le petroliere sudsudanesi sono obbligate ad attraccare a Port Sudan, il governo di Khartoum decise di porre una super-tassa su ogni barile di greggio estratto nel sud e transitato attraverso le proprie condotte pari a 32 dollari, cifra che Juba si rifiutò di pagare se non in minima parte.
La reazione delle autorità di Khartoum ai mancati pagamenti fu di porre sotto sequestro due mercantili battenti bandiera sudsudanese ormeggiati a Port Sudan, fatto che fece scoppiare la crisi tra le due nazioni e che portò al blocco dell’estrazione del petrolio da parte di Juba al fine di danneggiare l’economia sudanese ma che di fatto ebbe il solo effetto di azzerare le entrate del neonato paese africano, derivanti per il 98% dalla vendita del greggio.
Nei mesi successivi, sotto la spinta delle Nazioni Unite e degli Usa, si cercò di trovare una soluzione instaurando trattative che si conclusero con una parziale ripresa delle esportazioni di greggio e la creazione di una zona cuscinetto smilitarizzata di 20km sul confine tra i due paesi.
Pur con alti e bassi, fino ad oggi i rapporti tra le due parti si erano apparentemente distesi, ma la dichiarazione odierna del presidente sudanese ha di nuovo riportato al massimo la tensione, dopo aver mosso pesanti accuse verso Juba sul presunto sostegno fornito ai guerriglieri del Srf ha infatti affermato: “Il petrolio del Sud Sudan non passerà mai più attraverso il Sudan”.
Se queste fossero le reali intenzioni di Khartoum tale dichiarazione significherebbe per il Juba niente meno che l’equivalente di una condanna a morte, ma molto più probabilmente altro non dovrebbe essere se non l’ennesimo tentativo di intimidazione, come se ne sono già visti molti nella breve storia dei rapporti tra questi due paesi.