Ricordo che ai miei tempi al termine di Tutto il calcio minuto per minuto veniva letto un messaggio pubblicitario che diceva: “Se la squadra del vostro cuore ha vinto brindate con Cynar, se ha perso consolatevi con Cynar”.
Dunque, forza con questo Cynar, purtroppo per la seconda evenienza.
Si è chiuso il capitolo europei con la sconfitta contro la Spagna. Li ricorderemo per il raggiungimento della finale su cui pochi avrebbero scommesso, per una sconfitta senza appello con la Spagna, per le belle partite giocate dai nostri e il rigore di Pirlo contro l’Inghilterra, definito da tutti un capolavoro. È stato un rigore a cucchiaio, che noi ci ostiniamo a chiamare alla Totti, ma che nel mondo è noto come alla Panenka, in riferimento al rigore battuto da quel giocatore ceco dopo i tempi supplementari nella finale degli Europei del 1976 Germania-Cecoslavacchia che diede la vittoria alla sua Cecoslovacchia.
I rigori sono un momento di grande interesse anche per i non appassionati di calcio. C’è la sfida tra due contendenti, un faccia a faccia emozionante e decisivo. C’è il peso della responsabilità che può esaltare, ma anche confondere. E c’è l’interrogativo sul come: come battere un rigore, di forza, con effetto, con un preziosismo o buttando dentro la palla senza troppo pensarci? E d’altro lato, che deve fare il portiere: cercare di distrarre il rigorista, lanciarsi sperando di indovinare il lato giusto, restar fermo al centro della porta?
Forse non tutti sanno che la Scienza si è cimentata anche in questo campo con uno studio realizzato da un gruppo di economisti israeliani e uscito anni fa sulla rivista Journal of Economic Psychology.
Furono analizzati 286 rigori battuti in partite di prima serie in tutto il mondo e sì evidenziò che I portieri ne avevano parato il 33,3% quando erano rimasti fermi al centro della porta, contro il 12,6% parati tuffandosi a destra e il 14,2% tuffandosi a sinistra. Paradossalmente, dunque, sarebbe meglio non far niente che far qualcosa al fine di salvare il risultato.
Eppure, come mostrato da molti studi, i portieri nella grandissima maggioranza dei casi scelgono di tuffarsi. Secondo i ricercatori si tratterebbe di una manifestazione inversa di quel che in psicologia economica è noto come effetto dell’inazione o omission bias. Le persone, cioè, tendono a rammaricarsi maggiormente per un esito negativo che fa seguito a qualcosa che hanno fatto, rispetto a quello che segue la loro inazione. I portieri, al contrario, secondo l’ipotesi degli autori, si dispiacciono di più se il gol viene segnato quando loro sono fermi tra i pali rispetto a quando si sono tuffati. In quest’ultimo caso mostrano a chi li osserva di aver fatto il possibile per evitare il gol. In altre parole ci sarebbe un conflitto tra il fare la cosa giusta (in questo caso rimanere fermi al centro della porta) e prendere la decisione sbagliata ma che li giustificherebbe agli occhi di chi guarda quando l’esito è negativo.
Ed è lo stesso dilemma che probabilmente si pongono i nostri politici quando temono di prendere decisioni giuste ma che potrebbero far perdere loro consensi alle elezioni venture.
Parare un rigore così come salvare il paese dal lastrico e farlo funzionare meglio richiedono processi cognitivi analoghi. Ci avevamo mai pensato?