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SUGLI INSERIMENTI AI NIDI ovvero IL TEMPO

Da Vale
Da noi, nei nidi comunali, l'inserimento dura 15 giorni. Nella realtà poi se il bambino non ha particolari problemi, si riduce a 6-7 mattine. Mentre i nostri piccoletti cominciano a studiare le aule, a noi genitori vengono raccontate delle favole. Questa è quella che a me è piaciuta di più:
C’è una donna che sposa un re con un bambino. Nel giorno del matrimonio, la donna conosce questo bambino, ed è colpita tantissimo dal dolore che gli si legge in viso, ed è il dolore per la morte della sua mamma. La donna è così colpita che si dice: «Io non tollero che un bambino debba soffrire così, farò di tutto per essere io una buona mamma per lui». E da quel giorno fa di tutto per essere una buona mamma per questo bambino. Quando il bambino torna nella capanna, gli prepara i cibi migliori che lei sa cucinare, e il bambino li allontana stizzito dicendo: «Che schifo! La mia mamma sì che faceva le cose buone!». Quando il bambino esce dalla capanna gli prepara gli abiti lavati e rammendati durante la notte, e il bambino, tutte le sere torna alla capanna con gli abiti tutti strappati, infangati; insomma qualsiasi cosa la donna faccia, il bambino gliela distrugge sistematicamente. A quel punto la donna, disperata, decide di andare a chiedere aiuto allo stregone del villaggio. Va dallo stregone gli dice: «Preparami una magia per conquistare il mio bambino. Te la pagherò a qualsiasi prezzo!». Lo stregone la guarda e poi le risponde: «Va bene. Se tu vuoi io te la preparo. Ma per fare la magia che serve a te, io ho bisogno che tu mi porti due baffi del leone più feroce che ci sia nella foresta». La donna si dispera ancora di più e dice: «Mi stai dicendo che non lo conquisterò mai questo bambino! Come puoi pretendere che io possa strappare due baffi al leone più feroce della foresta! Quello mi divora immediatamente!». E se ne andò via più sconfortata di prima. Ma durante la notte continua a pensare. Pensa e ripensa, alla fine decide che le è così intollerabile l’idea di non poter consolare il dolore di questo bambino che proverà a conquistare anche i baffi del leone. Il giorno dopo si procura un gran vassoio di carne, va nella foresta e lo depone per terra al limitare estremo di quello che è convenuto come il territorio del leone più feroce, e se ne va. Il giorno successivo, con un altro gran vassoio di carne, va nella foresta e lo depone qualche passo più avanti, e se ne va. Il terzo giorno con un altro gran vassoio di carne, va nella foresta lo depone qualche passo ancora più avanti, e se ne va. E così il quarto, il quinto, il sesto, il decimo, il ventesimo, il cinquantesimo, il centesimo giorno. Passano i giorni, passano i mesi e la donna con il suo vassoio di carne avanza sempre più nel territorio del leone più feroce. Finalmente arriva il giorno in cui da lontano riesce a vedere la tana del leone, che è lì, ormai abituato ad avere il suo vassoio di carne, è lì fuori che aspetta. La donna è terrorizzata, ma decide di continuare. E arriva il giorno in cui depone il vassoio di carne ai piedi del leone, con il cuore che le impazzisce per il terrore nel petto. Ma il leone si è ormai abituato a lei, al suo vassoio di carne e inizia tranquillamente a mangiare. Allora la donna con una mossa furtiva gli strappa due baffi, ma il leone non se ne accorge neanche. Allora lei stringe i due baffi nella mano, riattraversa correndo la foresta, va dallo stregone e gli fa: «Ecco i due baffi! Preparami una magia per conquistare il mio bambino!». E lo stregone, che è stato un bravissimo terapeuta, sta a lungo in silenzio, poi le dice: «Mi spiace, non bastano i baffi del leone per conquistare un bambino!». E la donna prorompe in un grandissimo pianto e dice: «Ma allora tu mi hai ingannata, mi hai tradita, me lo avevi promesso. Io ho rischiato la vita per conquistare questi baffi! Che cos’altro può fare una povera donna per conquistare un bambino!?». E lo stregone la lasciò piangere tutte le sue lacrime e poi le dice: «Lo sai perché io non ti posso fare la magia che tu vuoi? Perché quella non ce l’ho più io nelle mie mani, che l’hai tu, nelle tue. E la magia è semplicemente questa: devi fare con il tuo bambino, quello che hai fatto con il leone».
Questa è una storia sul tempo. Il tempo necessario per conoscersi. Il tempo necessario per abituarsi. Il tempo necessario per far passare il dolore. Il tempo necessario per assaporare la felicità. E' un mio tema quello del tempo. E' un tema che mi trasporto e che mi affianca da settimane.
All'improvviso ho capito che l'affanno cominciava ad essere troppo e che io continuavo a correre anche se non era quello che volevo. E nella mia corsa trascinavo con me casa, marito e figli. Forza dai! Tutti dietro.
Poi l'estate. Che ti ferma per forza e placa.  Oggi non è facile allentare il tempo, dilatarlo, farlo tornare un po' meno nevrotico. Lui si modella sulle nostre vite, sulle nostre esigenze: questo pc è lento, dopo basket corri a dottrina, forza a casa, e poi? chiedono i bambini, poi cena denti libro letto. Tutto scandito tac tac tac.
Alcune mamme del nostro gruppo nido si lamentavano. Troppo lungo l'inserimento. Il lavoro chiama. Dico che è difficile conciliare cose inconciliabili, ma la priorità urge. Bambini allegri che zampettano incontro alla maestra e bambini coi lacrimoni che urlano mamma. I bambini non hanno tempi lavorativi. E' un problema. Ma per chi è il vero problema?
Forse una soluzione è dare da mangiare al leone. Ma si sa, certe cose sai quando iniziano e non sai quando finiscono.
(Dimenticavo la fiaba è etiope, ed è riportata da A. Marcoli nel libro Passaggi di vita)

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