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Sugli OGM, il Friuli e un albero nell’orto

Creato il 04 marzo 2014 da Stampalternativa

In tema di agricoltura e Organismi Geneticamente Modificati (OGM), il 2014 inizia con la pubblicazione, da parte dell’associazione tedesca TestBiotech, del primo rapporto sulla contaminazione da OGM nel mondo, che documenta numerosi casi di diffusione incontrollata nell’ambiente di piante transgeniche, ed evidenzia l’impossibilità di coesistenza tra agricoltura tradizionale e OGM (testbiotech.org/en). Contemporaneamente sul sito web di alcuni giganti del biotech, è comparso il bilancio del primo quarto dell’anno finanziario, che mostra con soddisfazione gli incrementi di fatturato ottenuti, frutto di una crescente adozione di colture OGM (si veda per esempio, monsanto.com). In casa nostra, infine, la Presidente della Regione Friuli (quel Friuli delle semine illegali di mais transgenico) propone una bozza di regolamento regionale di coesistenza tra coltivazioni OGM e non-OGM che, secondo l’opinione di molti, aprirebbe le porte alla contaminazione della regione. In poche parole, gli OGM in agricoltura continuano a far discutere e a dividere.

Mi tornano allora in mente le parole di Aurelio, un agricoltore del paesino in cui vivo. Qualche tempo fa, voleva mettere un albero nel suo orto. “Niente di più facile – dissi – una visita ad un vivaio qualsiasi… Loro sapranno certamente quello di cui hai bisogno. L’acquisto, il trasporto della pianta, la messa in campo e qualche cura nel periodo successivo il trapianto”. “Non è così semplice – mi rispose – Prima di tutto, quale tipo di pianta scegliere? A foglie caduche o sempreverdi? Nel primo caso, farebbe ombra d’estate e lascerebbe passare la luce d’inverno, il che è buono per l’orto… ma un albero senza foglie perde molta della sua capacità di frangivento. Oppure, un albero con foglie sempreverdi… non avrei questo problema, ma potrebbe togliere luce e calore nel periodo invernale, e questo non è positivo, soprattutto per un orto come il mio che è esposto ad est e prende il sole solo di mattina”. Dissi che non ci avevo pensato.

“Mi piacerebbe, inoltre, che sia un albero da frutta”, proseguì. ”Ciò aggiunge altre problematiche. Diventerebbe infatti meta di uccelli, insetti, piccoli e grandi mammiferi che, oltre ad interessarsi dei frutti, potrebbero rivolgere le loro attenzioni anche alle piante dell’orto”. “I frutti, si sa, non sono tutti uguali”, aggiunsi, facendo subito mia questa verità appena scoperta. “ Poiché, infine, la nuova pianta deve integrarsi con l’ambiente in cui viene inserita, sarebbe opportuno scegliere varietà locali e rustiche, che sono ben adattate al clima del luogo e più resistenti a parassiti e patogeni. Non voglio certo usare pesticidi e poi mangiarli insieme ai frutti!” “Per carità!”, sentenziai- “Ecco allora vacillare anche l’idea di andare in un vivaio qualunque e la necessità di un fornitore specializzato”… 

A quel punto lo interruppi. “Scusa Aurelio, ma perché tanta cautela e tante domande?”. La sua risposta fu secca: “Piantare un albero è una cosa seria”. “Esagerato!, replicai. ”Al limite, se  ci fossero problemi lo puoi sempre abbattere, o cambiare orto se i danni fossero irreparabili”. “Ma è proprio questo il punto”, rispose, sorpreso di dover spiegare una cosa tanto ovvia. “Io ho solo quest’orto. È quello dove spero che i miei figli e nipoti possano imparare quanto misteriosa e generosa è la terra. È quello dove forse verrò ricordato da chi si fermerà all’ombra proprio dell’albero che vorrei piantare. Questo, in poche parole, è l’orto dove vivo”.

Con questo in mente, capisco le azioni delle industrie del biotech, che propongono gli OGM nonostante le molte ombre sulla loro sicurezza ed efficacia. Queste multinazionali, per definizione senza confini geografici o politici, possono scegliere il luogo giusto per fare affari, diffondere il loro prodotto, offrire un benessere effimero e cambiare luogo quando non conviene più. Non importa cosa si lasciano alle spalle, perché hanno a disposizione cento, mille, un milione di orti. Loro non perdono mai, qualunque sia l’esito della partita.

Non capisco però l’atteggiamento di molti altri, che dovrebbero avere un profondo senso di appartenenza per il luogo dove vivono. Non capisco quei politici che hanno rinunciato all’onore e onere di guidare la comunità, anteponendo l’interesse personale a quello collettivo. Non capisco quegli agricoltori che hanno rinunciato al ruolo di custodi della terra, né chi ha rinunciato a vivere in modo critico, perché tanto “non si può fare niente”. Fortunatamente esiste sempre un’altra via. È lì davanti a noi… basta chiederci quale albero vogliamo piantare nel nostro orto.

Daniele Porretta, autore de Il Bruco dalle Uova d’Oro: dai pesticidi agli OGM: le false promesse delle multinazionali dell’agrochimica.


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