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Suicidio, fuga irresponsabile

Creato il 07 maggio 2012 da Tnepd

Suicidio, fuga irresponsabile

In questo periodo di sconquasso economico e finanziario la cassa di risonanza dei media sta facendo più male che bene all’intero sistema paese. Da inizio anno ad oggi il numero dei suicidi per cause di lavoro sono arrivati ad oltre 60, un numero impressionante che tuttavia è inferiore alla media nazionale riferita dall’Istat.

I dati parlano da soli, nel 2010 ci sono stati 3048 suicidi pari a 254 al mese di persone che si sono tolte la vita. Ovviamente non è possibile riassumere il tutto in semplici aridi numeri, ma è evidente che qualche cosa si è inceppato nel ragionamento di queste persone.

Difronte al problema sempre più impellente della sfida quotidiana con i propri concorrenti, l’essere umano odierno ha alzato bandiera bianca, delegando alla morte il compito di togliere ogni possibilità di rivincita. E’ un fallimento educazionale profondo, così come lo sono tutte quelle morti per altre cause, ma in questo specifico è ancor più grave se confrontato al problema effettivo. Un tassa non pagata, una cartella esattoriale, una multa, un credito mai pagato sono stimoli che spingono alcune persone a scegliere una strada che non offre alternative. Eppure tra le due possibilità c’è sempre una terza via e il detto “tertium non datur” non ha nessun valore.

Cosa potrebbe accadere, andare in carcere perché non c’è denaro? Soffrire la fame? Non avere le possibilità economiche che si avevano prima dell’arrivo della cartella esattoriale?
Nulla di tutto questo è troppo grave, eppure la via di fuga che queste persone scelgono è il proprio annullamento, contro ogni ragione evidente.
La società odierna spinge a questo, imponendo loro di non accettare la vergogna, l’onta del disonore, della miseria, della rinuncia e i più deboli, forse i più onesti, cadono nella trappola. La democrazia fa le sue vittime e la distruzione dei valori più profondi come i legami famigliari, i figli, l’educazione , la scuola, il rispetto degli altri vengono annullati dalla concorrenza spietata, dalla vessazione, dalle imposizioni fiscali più alte che nel resto del mondo.

Tutto ha un prezzo, ma a che prezzo? Le lettere di scuse, di perdono che questi lasciano ai loro cari è ancor più offensivo che la morte stessa, perché impone una condanna a chi sopravvive all’onta elusa dal suicidio.

E’ un atto di irresponsabilità, forse anche di vigliaccheria, che spinge queste persone a suicidarsi?

In parte credo di sì. Il suicidio non è mai accettabile, ancor meno per i debiti lasciando il grave fardello ricadere sulle famiglie. Pensiamo ai mutui, ai debiti contratti per un’azienda, a quanto il suicida aveva contratto per migliorare se stesso e la propria famiglia. Tutto, dopo la sua morte, ricadrà sul coniuge superstite, sui figli, sui parenti più prossimi con dei costi aggiuntivi e con la condanna che non potranno risolvere. E’ questo un atto onorevole, responsabile?


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