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Sul “caso” Barilla…

Creato il 28 settembre 2013 da Alby87

Non esiste, o meglio, non dovrebbe esistere, nessun “caso” riguardo alle dichiarazioni di Barilla, se non per gli umoristi. Tuttavia un caso è nato, e quando nasce un caso è sempre interessante andare ad esaminare quali sono le dinamiche comunicative che ci sono dietro.

Non voglio gettare olio sul fuoco, ma semplicemente capire e far capire cosa è successo e perché. Inoltre, scrivere un articolo mi permetterà di rendere chiara la mia opinione senza doverla rispiegare ogni volta a tutti quelli che me la chiedono (prima di tutto però vi consiglio di leggere le dichiarazioni complete rilasciate da Barilla, che trovate ad esempio qui, perché se ci si ferma al titolo non si capisce perché è nato il “caso”).

Al momento c’è chi difende Barilla a spada tratta e chi lo smerda completamente. Mi pongo a metà strada, ma sicuramente ho maggior simpatia per chi lo smerda che per chi lo difende. Spieghiamo perché.

La prima questione che si pone è: Barilla ha detto davvero qualcosa di offensivo?

Diciamo che le sue dichiarazioni di Barilla possono essere giudicate secondo due o addirittura tre metri diversi. C’è un metro degli omofobi, che ne fanno un eroe. Se sei omofobo dichiarato, uno di quelli, ormai non più frequenti, che usano termini come “omosessualismo” o parlano di “scelta omosessuale”, non mi rivolgo a te, non hai più niente da leggere qui. Gli altri due metri invece sono più interessanti perché esprimono due prospettive diverse, entrambe sensate, che lì per lì faticano a comunicare. Abbiamo un metro che è quello della comunità LGBT, ovvero del suo segmento dichiarato e militante, e un altro metro che è quello della gente comune, magari moderatamente gay friendly ma non militante per i diritti gay.

Il metro della comunità LGBT è il seguente: i gay sono come tutte le altre persone della terra, sono non diversi da minoranze razziali o religiose, anzi, rispetto alle minoranze religiose meritano ancora più rispetto perché l’orientamento sessuale, come la “razza”, non si sceglie, la religione invece sì. Secondo questo metro, ciò che è necessario è che gli omosessuali abbiano la piena uguaglianza di fronte alla legge e alla società, e non ci sono gradazioni intermedie rispetto all’uguaglianza che siano compromessi accettabili, per periodi indefiniti. Mi spiego: le Unioni Civili possono essere un buon compromesso… PER ORA. Però prima o poi si passa al matrimonio, è implicito, è l’obbiettivo finale che rappresenta l’uguaglianza. Il matrimonio senza adozione, come accade ad esempio in Portogallo,  sarebbe un ottimo risultato in Italia, PER ORA. Poi però ci vogliono ANCHE le adozione, perché questa è la piena uguaglianza e non ci si può accontentare in via definitiva di qualcosa di meno della piena uguaglianza. L’obbiettivo finale si può rimandare, ma non escludere dalla visuale.

In quanto membro dichiarato e militante della comunità LGBT, questo è anche il metro principale che io uso, per cui il mio giudizio su quanto detto da Barilla è comunque di sentirmene sminuito ed offeso. E non c’è niente di estremista o violento o permaloso in questo, è normale che io mi senta sminuito da chi mi nega la piena uguaglianza, sarà sempre così; se così non fosse vorrebbe dire accettare un minorità sociale come qualcosa di normale, e invece non lo è. Il metro valoriale di riferimento sono paesi come Inghilterra, Francia e nazioni scandinave, ovvero, ribadisco: piena uguaglianza.

Poi c’è il metro di chi non è militante. Istintivamente chi non è militante non si focalizzerà più di tanto sui segmenti omofobici del messaggio, quanto su  quelli più progressisti.

Guardare alle cose in questo modo non è sbagliato in toto, vale a dire, è vero che Barilla rispetto al contesto sociale italiano non ha detto cose particolarmente e velenosamente omofobe, si è addirittura detto a favore dei matrimoni quasi-paritari, con la postilla “niente adozioni”. Quasi metà del nostro parlamento è grandemente più retriva di lui.

Ora, il rischio di appiattirsi completamente sul primo metro di giudizio consiste nello smarrire il senso del contesto e di apparire “integralisti” e “permalosi”. Il rischio di appiattirsi sul secondo metro di giudizio però corre il pericolo, ben peggiore, di diventare una forma di giustificazionismo della situazione italiana, per cui è normale e legittima la posizione per cui “gli omosessuali non possono crescere bambini”, “gli omosessuali ‘disturbano’ con le proprie rivendicazioni”, e se uno lo dice “non ha detto niente di grave”. Invece ha detto una cosa sbagliata e grave, e dirlo è necessario, altrimenti si finisce col ragionare come quelli che dicono “ma di che vi lamentate voi gay in Italia, mica vi condanniamo a morte come in Iran”. L’Iran non è la misura di riferimento, l’Europa lo è.

Dunque la posizione più corretta a mio avviso è quella nel mezzo: condanna, ma tenuto conto del contesto, senza accanimento. Diciamolo chiaro e tondo, le affermazioni di Barilla sono sbagliate e non possono essere accettate dalla comunità LGBT. Se valutiamo il contesto in cui sono state fatte possiamo tuttavia essere comprensivi e avere reazioni non troppo aggressive. Si è avuta un po’ l’impressione di una rabbia e di un nervosismo eccessivi nella comunità. Anche secondo me c’è stata qualche esagerazione, ma è fondamentale capire che dal punto di vista LGBT, che è anche quello in cui più mi riconosco, Barilla è come tanti altri: uno che nega la piena uguaglianza sulla base di un pregiudizio, e questo è sufficiente, comunque, a caratterizzarlo come una persona da rimproverarsi.

Quindi sì, Barilla ha detto qualcosa che la comunità LGBT condanna e deve condannare.

La seconda domanda è collegata alla prima: le pressioni fatte dalla comunità LGBT sono legittime?

Diciamo che i toni usati da alcuni individui e da alcuni gruppi per rispondere a Barilla forse sono stati eccessivi. Ma le pressioni sono giuste, legittime, a anche prevedibili.

Lo stesso Barilla nell’intervista ha detto chiaro e tondo quello che tutti già sapevamo: i gay possono decidere di comprare un’altra pasta.

Poiché Barilla ha detto qualcosa che la comunità LGBT non condivide e DEVE condannare, il boicottaggio è il naturale passo successivo.

Non c’è nessun censura o nessuna violenza in questo. Il rapporto fra chi vende e chi compra è basato sulla totale libertà e sul consenso delle due parti. Io sono libero anche di non comprare Barilla perché non mi piace il taglio di capelli di Guido, sono chiaro? Non abbiamo minacciato di picchiarlo, di bruciargli l’auto, di urlargli gli insulti per strada; stiamo all’interno della nostra piena libertà di non fare affari con lui.

Dire che la comunità gay non dovrebbe fare questo genere di pressioni è come dire che tu che leggi devi frequentare per forza qualcuno che ti sta antipatico o che è stato poco educato con te. Non hai nessun obbligo di frequentare chi è poco educato con te, anzi, la cosa più semplice che puoi fare, senza tante scene, è smettere di frequentarlo. Quindi non cianciamo di censura, sul piano legale non c’è niente neanche di simile ad una censura, e a dire il vero neanche sul piano morale. Nessuno ha costretto Barilla a scusarsi, evidentemente si è fatto i suoi conti che la comunità gay  alla fin fine il suo peso di mercato ce l’ha ed era meglio non offenderla inutilmente.

Quindi, per giungere a un punto fermo:

Barilla ha detto delle cose in grado di fare legittimamente incazzare la comunità LGBT? Sì, lo ha fatto.

C’è stata qualche esagerazione? Probabilmente qualche eccesso c’è stato, e forse è stato sbagliato dimenticare completamente le relative aperture di Guido Barilla, come quella al matrimonio gay, per concentrarsi solo sui messaggi omofobici.

C’è stata censura o violenza nei suoi confronti, come risposta? No, nessuna censura né violenza né dittatura.

Le pressioni fatte su di lui sono legittime? Assolutamente sì.

 

Ossequi



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