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Sul declino della Romània bizantina – 4 (di Mirko Pazienza)

Creato il 30 maggio 2012 da Istanbulavrupa

Sul declino della Romània bizantina – 4 (di Mirko Pazienza)L’interrogativo che mi pongo da anni, è sul PERCHE’ il crollo romano del 1071-1081 avvenisse in Anatolia, e non nei Balcani, che pure, come abbiamo visto, furono colpiti dalle STESSE calamità di invasioni esterne turche oghuz, molto devastanti e giunte in profondità fino quasi alle porte di Costantinopoli, oltre che da pronunciamientos separatisti serbo-bulgari e dei comandanti militari e governatori di provincia, tra cui sarebbe emerso l’imperatore Alessio I Comneno (1081-1118). Anni fa, lo storico barese Nino Lavermicocca, affermò che con la perdita in CONTEMPORANEA della Longobardia Minor e dell’entroterra anatolico, la Romània avrebbe perso le sue terre più ricche, e subito un colpo da cui non si sarebbe mai più ripresa… E tuttavia, se la perdita della lontana provincia longobarda italo-meridionale, poteva essere un danno marginale, quella BEN PIU’ CONSISTENTE dell’Anatolia, fu un vero dramma. Perché, in sostanza con le stesse situazioni, l’Anatolia fu persa, e il Balcano no? L’unica risposta che, allo stato attuale delle mie conoscenze mi sembra la più logica, è nello SPOSTAMENTO DEL BARICENTRO romano dall’Anatolia ai Balcani, durante il regno di Basilio II (976-1025). Mentre Niceforo II e Giovanni Zimisce (969-976), erano legati all’Oriente, proveniendo dalla grande aristocrazia latifondista militare armena di Cesarea di Cappadocia (Kayseri), e le loro conquiste furono rivolte ad oriente, in Armenia e Siria Settentrionale (nel 975 Zimisce giunse fino in Palestina e le avanguardie romee erano arrivate nei dintorni di Gerusalemme), Basilio II invece, in lotta con quella stessa “lobby” armena di Cappadocia, i cui esponenti ed eredi dei Foca, degli Scleri e dei Gurgen/Kurkuas (il casato di Giovanni Zimisce), pur proseguendo l’avanzata e il consolidamento delle frontiere orientali, stabilizzandosi su una linea tra le pendici meridionali del Caucaso e Beirut, Basilio dicevo, decise di dedicare i suoi sforzi maggiori nella lunga e snervante conquista della Bulgaria, portata a termine nel 1018. Basilio probabilmente, desiderava costruirsi una propria “zona d’influenza” fondata sul prestigio delle SUE conquiste, per “rivaleggiare” e “superare” i suoi grandi patrigni e predecessori Niceforo II e Giovanni I, e gli ambienti militari di Cesarea di Cappadocia, legati al prestigio di quei sovrani e delle loro conquiste siro-armene. La Bulgaria era un territorio immenso che riportò la Romània al Danubio e al Balcano interno tra Mar Nero e Adriatico. Era un paese a stragrande maggioranza slava, con cospicui nuclei di Valacchi, ed era soprattutto un paese a maggioranza cristiana ortodossa, la cui cristianità, a differenza di quella longobarda cattolica italiana, e di quelle monofisite siriaca giacobita e armena, era il frutto proprio dell’opera missionaria bizantina, soprattutto ad opera dei discepoli SLAVI dei Santi Cirillo e Metodio di Tessalonica. Inoltre era una regione ricca di acqua e foreste, ancora oggi tra le più fitte d’Europa, e possedeva fertili pianure sulla sponda sud del Danubio, nell’area di frontiera meridionale intorno a Filippopoli (Plovdiv) e in Macedonia. E tuttavia questo lungo conflitto voluto dal megalomane sovrano, aveva dissestato le finanze romane e contribuito al collasso definitivo dell’esercito tematico, la milizia territoriale contadina, istituita dai successori di Eraclio, concepita come milizia difensiva. Inoltree, morto Basilio, la politica romea in Bulgaria, subì delle modifiche, a partire dal regno di Michele IV (1034-1041). Basilio II, infatti, se era stato implacabile e feroce nella conquista, si era dimostrato un sovrano accorto e illuminato dopo l’annessione della Bulgaria, mantenendo DE FACTO il Patriarcato Bulgaro di Ochrida, retrocesso si ad Arcivescovato, ma AUTOCEFALO e sottoposto direttamente all’imperatore, e non al Patriarcato di Costantinopoli, e per di più negli STESSI confini ecclesiastici pre-romei, e con al vertice prelati indigeni slavi. Nel 1037 invece, Michele IV, morto l’arcivescovo bulgaro Giovanni, nominò al suo posto il cartofilace di Santa Sofia, Leone, e da allora in poi, gli arcivescovi di Ochrida sarebbero stati sempre romei. Inoltre sostituì l’antica e mite tassa in natura bulgara, colla pesante pressione fiscale romea, accomunando così, CONTRO le disposizioni di Basilio, l’immensa area bulgara al regime fiscale dl resto della Romània. Da qui le rivolte “legittimiste” di vari pretendenti bulgari e serbi. E tuttavia nonostante questi aspetti, nonostante le devastanti incursioni peceneghe e uze, nonostante i pronunciamientos militari romei in lotta per il trono romano, il Balcano RESSE, e RESTO’ romeo, a differenza dell’Anatolia e Longobardia minor. Forse la salvezza, fu dovuta allo “spostamento di interessi” anche di almeno, parte della grande aristocrazia latifondista anatolica, la quale acquisì anch’essa nuove terre nei territori balcanici, soprattutto al seguito dell’irruzione turcomanna in Anatolia, e infine al tempismo di Alessio I Comneno, il quale giunto al potere dopo una serie di complessi accordi familiari coi Ducas e altri magnati romei, col golpe di Pasqua del 1081, si sarebbe rivelato l’uomo giusto, nel posto giusto, al momento giusto.



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