Corre la paura sui mercati latinoamericani, dove il pericolo delle ultime manovre finanziarie giapponesi si è ripercosso nel giro di poche ore dalla notizia della svalutazione dello yen. La misura adottata dal Giappone per rinvigorire la propria economia porterà a risultati apprezzabili sul mercato interno del paese asiatico, ma ha scatenato altrove un fenomeno inaspettato, quello di una concorrenza svalutativa che, tradotto in poche parole, significa il ritorno del fantasma della guerra delle valute.
L’allarme è stato dato dalla Morgan Stanley che reputa che la manovra giapponese possa influire sul comportamento del dollaro e dell’euro e, di conseguenza, sulle monete latinoamericane, soprattutto quelle delle economie emergenti. Con il ridimensionamento dei prezzi sul mercato internazionale, si fanno più fragili i valori delle esportazioni dei paesi latinoamericani. Secondo l’analista Claudio Loser saranno proprio le economie emergenti dell’America latina a soffrire i danni maggiori che deriveranno dalla manovra giapponese: ¨Colombia, Cile, Brasile saranno i paesi più esposti perché hanno investito molto nel rafforzare le loro economie attraverso l’esportazione¨.
Il ministro dell’Economia cileno, Felipe Larraín, vede in questo comportamento un ritorno al passato: ¨la svalutazione competitiva non è altro che una forma di protezionismo¨ ha dichiarato alla stampa, uno sgambetto insomma all’auge delle economie latinoamericane. Non è da dimenticare un fattore importante, e cioè che nell’anno appena trascorso le monete di Cile, Messico, Colombia e Perù hanno acquistato un valore sul dollaro di quasi il 10%, un risultato che nei circoli conservatori viene visto con diffidenza. Mauricio Cárdenas, il ministro delle Finanze colombiano, ha biasimato duramente in un’intervista al Financial Times la condotta delle nazioni appartenenti al G7: ¨critichiamo fortemente le politiche monetarie delle economie dei paesi industrializzati, che stanno generando un’eccessiva liquidità internazionale e sopravvalutando le monete come il nostro peso¨.
A rischio anche Perù e Messico. Il presidente del Banco Central de México, Agustín Carstens, ha avvisato che si stanno addensando nubi di una tempesta perfetta in campo finanziario. Il Messico dirige il 75% della propria produzione industriale sui mercati internazionali e il timore è che una guerra delle valute possa far cadere una produzione che è vitale per l’economia del paese. Chi sta già perdendo questa guerra è il Brasile, dove sta crescendo l’inflazione. Dopo due anni di svalutazione del real –giunta fino ad un 16%-, misura adottata come conseguenza alla tendenza negativa dei mercati internazionali, i brasiliani devono fare i conti con un’inflazione che non sarà certo mitigata dalle novità degli ultimi giorni e che, secondo la situazione attuale, dovrebbe attestarsi ad un 5,71% nel 2013.
Intanto, mentre il presidente della Banca Centrale europea, Mario Draghi, minimizza su un possibile conflitto monetario, in America Latina l’ambiente si fa teso. Da più parti, visto il contesto attuale, ci si aspetta la svalutazione dell’euro come misura necessaria per riattivare una delle economie, quella dell’eurozona, più depresse del mondo. Il panorama, insomma, sembra imporlo. Dal G7 è arrivata la comunicazione di una presa di posizione ufficiale il prossimo sabato da Mosca. Fonti ufficiose affermano che il documento insisterà sul fatto di censurare i governi che utilizzano politiche speciali per manipolare le monete, in barba alle indicazioni dei mercati. Una posizione critica già adottata in passato e che aveva avuto il risultato di frenare una tendenza che periodicamente e pericolosamente affiora, ma che al tempo stesso non riesce a mascherare le tensioni presenti all’interno del G7.
Articolo apparso in esclusiva sull’appzine L’Indro: http://www.lindro.it/
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