Sull’essere “too choosy”

Creato il 24 ottobre 2012 da Anellidifum0

So di essere quasi solo nell’esprimere questa opinione, ma a me non è dispiaciuto il senso dell’intervento della ministra Fornero ai giovani in cerca di lavoro a non essere eccessivamente schizzinosi per la prima occupazione. In un paese dove è molto difficile trovare un ragazzo italiano fare lavori del tutto dignitosi ma un po’ umili, dal lavapiatti al collaboratore domestico, e dove allo stesso tempo la disoccupazione giovanile tocca punte del 35%, le parole della Fornero mi suonano giuste.

Certo: esistono delle belle eccezioni. Ci sono giovani super-titolati che fanno i camerieri o i baristi o altri lavori tutto sommato umili, e lo fanno coltivando dentro una forte e comprensibile rabbia, una propria frustrazione, per non essere riusciti a trovare nula di meglio. Sono questi coloro che più si sono arrabbiati alle parole della ministra. Ma i lavori umili non devono produrre rabbia: servono a sbarcare il lunario, nel tentativo di trovare di meglio dopo poco tempo. E’ questo ciò che è veramente difficile in Italia oggi: se cominci a fare il cameriere da laureato o da dottorato, rischi di rimanere cameriere per anni se non per sempre, prima di trovare qualcosa di meglio. Qui sta il vero nodo del problema italiano: nella quasi totale mancanza di possibilità di salire la scala sociale, di trovare di volta in volta occupazioni meno frustranti e più in linea con ciò che si desidera fare, con ciò per cui si è studiato.

Io posso offrire un piccolo caso personale, che termina con un lieto fine. Conseguito il mio Ph.D. poco prima dell’estate, mi sono trasferito a inizio settembre da una città del Canada a un’altra città del Canada. Come prima cosa, ho messo in campo il “networking” di cui disponevo, poca cosa in realtà: sono andato a parlare con l’amico di un’amica, proprietario di un prestigioso ristorante italiano in centro, presentandomi e chiedendogli espressamente di assumermi come cameriere. Mi sono offerto anche di andare per due settimane gratis, al fine di essere formato, perché so anche io che servire ai tavoli non è una cosa che improvvisi dal giorno alla notte, ma allo stesso tempo so che io in capo a due setimane (se non a due pomeriggi) posso essere formato come cameriere, e forse perfino come sommellier. Ho ottenuto una risposta tipicamente italiana, benché mi trovassi all’estero: “Assumo solo chi ha già esperienza come cameriere“. Una risposta insieme priva di solidarietà, stupida e di certo poco capitalistica, per motivi che non devo nemmeno spiegare.

Poi però, appena giorni dopo, a forza di bussare alle porte dei coordinatori dei programmi d’italiano nelle varie università della mia nuova città, ho trovato qualcuno che ha voluto concedermi cinque minuti in cui mi sono presentato, ho portato le mie credenziali (il mio CV, il mio teaching dossier) e, dopo essersi letta ciò che avevo fatto, mi è stata assegnata una sostituzione malattia per una settimana. Gli studenti che ho avuto in quella piccola occasione hanno fatto il resto: sono rimasti molto contenti del mio lavoro, e hanno avuto la gentilezza di metterlo per iscritto con la mia nuova capa, con la preside del dipartimento e così via. Non avrei potuto avere referenze migliori, in quella circostanza. Sono stato subito riassunto fino alla fine del semestre per un altro corso. E nel 2013 si vedrà cosa potrà accadere. Ma intanto ce n’è abbastanza per scrivere questo post, alla faccia del proprietario del ristorante italiano in centro, per cui non potevo nemmeno fare il cameriere gratis.

Questo per dire che quando si entra in un nuovo mercato del lavoro ha senso prendere ciò che capita, per poi muoversi in alto. Ha senso non essere “too choosy”, sia quando si ha vent’anni sia quando se ne hanno quasi 40 e si è da poco cambiato città.


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