Sulla coesistenza di moderno e contemporaneo alla 54. esposizione internazionale d’arte di venezia

Creato il 21 settembre 2011 da Missvavette
Quando si varca l’entrata dei Giardini della Biennale si ha sempre la sensazione di accedere ad un mondo fantastico, dove la quotidianità è ammessa solo se adeguatamente rivisitata dagli artisti, e dove a quanto pare tutto è possibile. Anche se si tratta di accostare in una stessa sala l’essenza del Tintoretto con le questioni provocatorie mosse da Cattelan.Tale binomio antitetico viene presentato alla 54. Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, IllumiNazioni, per la quale la curatrice svizzera Bice Curiger ha evidenziato due caratteri essenziali: l’importanza della luce nelle opere d’arte e i confini geografico-politici rappresentati dai paesi partecipanti. Si tratta di due temi che possono essere letti in chiave anacronistica, e lo si capisce subito quando, entrati nel Padiglione Centrale, ci si trova immersi in un buio dove tre maestose tele del Tintoretto si impongono silenziose ad aspettarci. Non sono le sole: alzando lo sguardo, si è letteralmente ipnotizzati da una moltitudine di piccioni immobili intenti a fissarci, probabilmente per carpire la nostra reazione di fronte alle tele del pittore veneziano. Ci si chiede quindi cosa sia l’elemento più inaspettato: la ricontestualizzazione del Trafugamento del corpo di San Marco, della Creazione degli Animali e dell’Ultima Cena del Tintoretto (nel caso, era poi necessaria una ricontestualizzazione?) o i piccioni impagliati di Maurizio Cattelan, così fieri sopra le nostre teste? Lasciando al fruitore le considerazioni più svariate, non ci si può esimere dal mostrarsi vagamente scettici di fronte alla scelta di collocare i lavori di un artista del Cinquecento veneziano in una rassegna d’arte contemporanea, dove rischiano da un lato di non essere valorizzati come dovrebbero, dall’altro di rendere ancora più difficile la lettura di opere contemporanee che privilegiano il concetto a scapito della forma. Per citare le motivazioni date dalla curatrice, la scelta di includere queste tre tele è stata sicuramente influenzata dalla sua ammirazione personale per la pittura veneziana del XVI secolo, senza aggiungere il rimando palese nel titolo scelto per la Biennale. A nostro avviso, nonostante questo recupero nostalgico della luce cinquecentesca, Maurizio Cattelan è il vero protagonista della sala (e potremmo dire senza indugi dell’intera sede dei Giardini). I suoi tantissimi Others – piccioni tassidermizzati – rimandano in prima istanza al celebre Birds di Alfred Hitchcock; è necessario, tuttavia, cercare una chiave di lettura diversa. Simboli per eccellenza di Venezia, i piccioni che sembrano dominarla quotidianamente si riversano anche nel mondo dell’arte, appropriandosi di spazi non loro. Di conseguenza, il titolo: others, gli altri (raramente ben accetti), i diversi. A questo punto suonerebbe troppo superfluo specificare ulteriormente la riflessione che Cattelan muove sull’epoca attuale.

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