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Sulla crisi siriana

Creato il 06 settembre 2013 da Fabio1983
Pacifisti e interventisti, classificazione d'ordinanza al cospetto di una crisi internazionale il cui attuale epicentro si colloca a Damasco. Epperò gli interventisti si svegliano con quasi due anni di ritardo, i pacifisti hanno sempre le loro buone ragioni ma non comprendono che a volte l'uso della forza si rende necessario (tutti avvisati: non sto affatto auspicando una guerra immediata). La scusa delle armi chimiche regge entro un certo limite perché, al di là del tipo di morte che esse provocano (lascio la parola agli esperti), in Siria le cose non vanno benissimo da un bel po' e le sanzioni – evidentemente non così risolute – non hanno prodotto alcun risultato sperato. Il regime continua a reprimere le proteste nel sangue e le opposizioni (divise e spesso in lotta persino tra loro) non promettono nulla di buono. Gli americani che giocano ai cowboys, i russi che difendono i propri interessi e allungano la vita degli alleati. C'è tanto da recriminare all'America e all'Europa, colpevoli di avere tenuto la Siria troppo a lungo fuori dall'agenda non comprendendo che il moto rivoltoso che si è instaurato lì è di diversa matrice (e dagli esiti ancora più incerti) rispetto alle primavere arabe cui abbiamo assistito nel recente passato. L'Europa in particolare – lo spiega bene Gianluca Pastori qui – ha perso l'ennesima occasione di parlare univocamente. Bruxelles invoca la soluzione politica anche se verrebbe spontaneo chiedersi di cosa, data la situazione. Non ho la più pallida idea di quale possa essere la via da percorrere. Una cosa è però innegabile. Tanto l'Europa quanto l'America – che la mette ai voti pur di legittimare un conflitto che tre quarti della popolazione non sente proprio – hanno perso capacità di soft power. Una circostanza potremmo dire tipica di questa era, della crisi che non è solo economica, ma “totale”. E la Siria al momento rappresenta la punta di un iceberg che potrebbe ripetersi sotto svariate forme nel breve periodo salvo mutamenti repentini. Ma chi ci crede più?

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