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Sulla medicina omeopatica (III parte)

Creato il 15 novembre 2014 da Appuntiitaliani
Pubblicato il novembre 15, 2014 da: Sagittarius Sulla medicina omeopatica (III parte)

LA STORIA CHE SI RIPETE

L’omeopatia non ha la possibilità di avere e di dimostrare il suo operato attraverso statistiche cliniche, anche se oggi la diffidenza si è leggermente moderata.(*)  Per evidenziare il potere che la medicina ufficiale ha sulle suddette statistiche, vorrei far conoscere, ad esempio esemplare, ciò che accadde nel 1831 durante l’epidemia colerica, che a partire dalla Russia, si sparse per tutta l’Europa. E’ vero, parto da molto lontano, ma a dimostrazione che la situazione non è migliorata affatto.

Hahnemann, che a quel tempo si trovava in Germania, ne studiò i sintomi e li trovò simili a quelli causati dalla canfora. La utilizzò secondo i suoi canoni di preparazione, e le guarigioni ottenute secondo la sua terapia avvennero puntualmente.

In Russia su 1270 casi curati omeopaticamente si registrarono solo 108 decessi (8,5%), mentre le statistiche ufficiali riportarono una mortalità del 60%. A Vienna, dove l’omeopatia era stata messa al bando durante il colera, ufficiosamente guarì due terzi dei colerosi, mentre negli ospedali allopatici due terzi morirono. Così accadde in Francia, a Londra e a Napoli.

A Napoli, nel 1855, il dottor Rubini del regio albergo dei poveri, curò con la canfora 225 persone e 166 soldati del III reggimento svizzero, senza che si verificasse un solo decesso.

A questo punto sarebbe lecito chiedersi come mai l’omeopatia non ebbe il riconoscimento dovuto.

Non lo ebbe perché accadde ovunque ciò che avvenne a Londra. Presentate al parlamento britannico le statistiche relative all’epidemia colerica, quelle riguardanti a l’utilizzo delle terapie omeopatiche mancavano.

La scusa fu che, presentandole, si sarebbe data: “Un’ingiustificabile conferma ad una pratica empirica contraria al mantenimento della verità e al progresso delle scienze”.

Facendo riferimento a ciò che accade oggi, i lavori di statistica clinica continuano ad essere presentati durante i congressi internazionali. Vengono pubblicati e fatti conoscere alle autorità sanitarie.

Alcuni anni or sono, credo, se ricordo bene, nel 2005, alcuni medici omeopati sono stati ricevuti dalla segreteria tecnica del Ministero della Salute. L’incontro era programmato per discutere su dei lavori scientifici d’indagine sulle osservazioni e sulle conoscenze verso la medicina omeopatica e sulla sua efficacia nelle terapie in pazienti con polineuropatia diabetica. E’ superfluo dire che nonostante questi lavori fossero pubblicati e fatti conoscere alla regione Lombardia, al Ministero della Salute risultarono sconosciuti.

…ALLORA?

Allora perché la gente non ricorre in massa a curarsi con la Medicina Omeopatica?

Il perché, come nella maggior parte della conoscenza delle cose umane, non è semplice spiegarlo. Si possono solo considerare alcune concause per la loro complessità.

Una potrebbe essere quella psicologica. Le persone in genere, per quanto riguarda la salute, non si muovono spontaneamente per conoscere dove è l’utile e il buono, ma vengono condotte per mano a seguire chi pensa per loro quale sia il bene.

Un’altra causa può essere imputata all’ostruzionismo da parte della medicina ufficiale: “Scienza basata sulle opinioni, e che ciò non le permette di accettare che possa esistere una legge universale e naturale che non lascia spazio ad interpretazioni ed a speculazioni personali” (J.T.Kent). Anche se ha subito nel frattempo notevoli progressi tecnologici riguardante la diagnostica, come avevo già accennato, questo gli ha permesso di crearsi, attraverso l’amplificatore mediatico, una sorta d’onnipotenza curativa.

Altri, abbandonano le cure omeopatiche, per pigrizia o per stanchezza mentale, in quanto il seguire l’assunzione dei rimedi comporta metodo, pazienza e continuità.

Infine, altri, vorrebbero che l’effetto curativo sia come quello dei farmaci allopatici; immediato e soppressivo. Anche se a questo proposito circola una specie di “leggenda metropolitana” creatasi nell’immaginario collettivo, fra coloro che soprattutto ignorano l’omeopatia. Si dice che il rimedio omeopatico impieghi un “sacco” di tempo prima che faccia effetto. Niente di più falso! Nelle malattie acute, se il rimedio è il “simillimum”, è sorprendente l’efficacia in tempi brevi, e chi scrive ne è testimone diretto.

E’ nella cura costituzionale che i tempi sono molto lunghi…anche anni. Comunque esiste una spiegazione logica dove entra, per così dire, in gioco, la risposta da parte della propria “Vis Medicatrix Naturae” …la forza curatrice della natura, di ippocratica memoria.

Dobbiamo tener presente che ci portiamo dentro di noi una predisposizione dovuta all’accumulo di generazioni ereditate nel tempo (diàtesi); inoltre un avvelenamento dovuto al tipo di vita, di alimentazione, e di uso indiscriminato di farmaci (malattie iatrogene). Per tale ragione non si può pretendere che si possa guarire da questo quadro clinico estremamente complesso in tempi brevi. Il lavoro del medico omeopatico è simile allo sfogliare di un fiore di carciofo; foglia per foglia cambiando rimedio ogni volta che cambiano i sintomi. E’ un lavoro da certosini, senza escludere che dal punto di vista omeopatico, una vera e totale guarigione, nella maggior parte dei casi, è difficile che si realizzi; comunque, il miglioramento, viene percepito in maniera tangibile.

Continua…

(*) Ho notato in una bacheca dell’ospedale romano del Policlinico Umberto I, un manifestino che presentava l’anno accademico riguardante i corsi triennali di Medicina Omeopatica.

2nda Parte

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