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Sulla mia imbarazzante vita amorosa

Creato il 25 ottobre 2012 da Rockandfiocc

Vi ho mai raccontato della mia imbarazzante vita amorosa? No? Perché guardate che vi faccio ridere così, con due aneddoti. Sono sempre stata, fin da bambina, ossessionata con l’amore. Storie tormentate, drammi, passioni.  Traviata da letture precoci dei libri di “Le Ragazzine” e altri romanzi romantici (Austen,Bronte etc), non vedevo l’ora di innamorarmi. Il mio primo amore fu Ruggero, bambino dagli occhi blu figlio di amici di famiglia, che vedevo saltuariamente a cene con i genitori e durante pomeriggi a casa mia, quando meno me lo aspettavo. Pur vedendolo circa due volte l’anno, gli rimasi devotamente fedele per tutte le scuole elementari, disegnando cuori con i nostri nomi all interno sui miei innumerevoli diari segreti e stancando le mie amiche con descrizioni dei suoi occhi blu.
Dopo Ruggero ci fu un ragazzo consapevole del mio amore per lui, che chiameremo in questa sede Gino.  Ho sempre avuto una grande tecnica per conquistare i miei amori: pressarli fino al cedimento.  Gino sapeva chi ero dalla nostra breve conoscenza al campo estivo, ma passata la stagione non aveva probabilmente alcuna intenzione di rivedermi. Non aveva tenuto conto del mio potere persuasivo. Tempo 8 mesi, era mio.  Bastò qualche telefonata, appostamenti minacciosi sotto casa sua e frasi buttate lì, tipo: “secondo me staremmo benissimo insieme. Ma perché no?”. Spinto dalla pena mia fortissima simpatia, intraprendemmo una bellissima relazione platonica, che durò ben 6 mesi.  Io inventavo scuse mirabolanti per uscire (vi ricordo la mia adolescenza da reclusa), facevo lunghe liste di cosa dirgli al telefono, provavo  con i miei compagni di classe la tecnica migliore per prendergli la mano casualmente e con disinvoltura (cosa che non riuscii mai a fare, ah, beata ingenuità). Avrei voluto almeno un bacetto, ma a parte un casto bacio sulla guancia non vidi mai niente altro. Gino mi voleva bene, ma presto fu tempo per lui di andare al liceo e mi scaricò brutalmente, facendomelo comunicare da un’amica comune. A scuola.  Ah, disperazione! Indossavo una felpa azzurra con margheritine, e vi posso dire che piansi (quelle che credevo essere) tutte le mie lacrime.  Il mio professore di musica, intenerito dal mio pianto ininterrotto davanti ad “Amadeus” (forse piangevo un po’ anche per la bruttezza del film)­, mi disse la frase che non ho mai ascoltato fino in fondo, ma che è la pura verità. “Giulia, ma i ragazzi li trovi dietro ogni cespuglio…”… quanto aveva ragione. Dunque mi iscrissi allo stesso liceo di Gino (non per lui, giuro) e individuai subito la sua nuova ragazza, una cicciona brutta che portava il mio stesso nome (non ti odio più Giulia, scusa). Come al solito feci la cazzata, incidendo insulti a lei destinati sui banchi fuori dalla loro classe (andavano anche in classe insieme, si può essere più melensi?).  Gino mi venne a cercare e mi minacciò (capirai, che sarà mai…), dunque capii che forse dovevo smettere di pedinarlo tutte le mattine dimenticarmi di lui, e passare ad un nuovo amore. Comunque giuro questa era veramente grassa, non riuscivo a capire come lui volesse stare con lei. Sarà la sindrome dell’uomo grissino che vuole stare con la cicciona.
Poi arrivò Giovanni (altro nome di fantasia). Giovanni aveva un anno meno di me, era magro la metà di me e non avevo nessuna intenzione di mettermi coi lui, ma applicò il mio metodo dell’insistenza, e cedetti.  Forse doveva insospettirmi il fatto che tutti mi chiedevano se fosse normale, per capire che non era un ragazzo come gli altri. Ma andiamo, un po’ di lentezza non ha mai reso nessuno poco normale. Mia madre si oppose strenuamente fin da subito alla nostra relazione (anch’essa, platonica. Tutti io li ho beccati, gli spastici)  ma non mi feci intimidire.  Ho forse passato più ore al telefono con Giovanni che con chiunque nella mia vita. Insieme scoprimmo tantissime cose: il grunge, il rock, i cardigan, Jack Frusciante è uscito dal gruppo, tantissimi libri, come fare le cassette audio... furono tempi bellissimi e spensierati, forse un po’ troppo dato che lui venne bocciato (l’opposizione di mia madre chissà perché non diminuì). Feci appena in tempo ad innamorarmi di lui che mi lasciò, con mio grande stupore. Io, testarda e scema, rimasi sua amica, e rimanemmo attaccati con la colla anche una volta che ci lasciammo. Ah, che sofferenza, che anni sprecati.   Nel disperato tentativo di dimenticarmi di Giovanni, feci un pensierino su Matteo (altro nome falso).  Matteo era di una classe più avanti la mia, ci eravamo scambiati qualche parola non ricordo in che occasione, e mi era stato detto che gli piacevo. La cosa non mi colpiva poi molto, dato che sospettavo che mi sfottesse davanti ai suoi amici, e dato che era uno spocchioso arrogante . Però mi piaceva lo stesso, e si vestiva minimal, dunque facevo finta di non sentire ai commenti schifati delle mie amiche davanti alle sue gambe bianche all’ora di ginnastica.  Dunque dicevo, in un tentativo di cambiare aria, un giorno ebbi una brillante idea, così dal niente.  Marco era sulle scale da solo, e cosa feci? Lo inseguii, naturalmente. Gli corsi dietro lungo tutte le scale, e una volta in cima lo fermai e gli dissi :“Senti, ti va se una volta usciamo insieme?”. Ora dico, ammirate il mio coraggio. 17 anni, nessun timore. Lui mi guard, mise le mani sui fianchi e disse: “EHHH…dai… vediamo, dai”. E se ne andò. #EPICFAIL. Passai i giorni successivi a nascondermi tra il bagno e la classe, fino a che mi fermò in corridoio, mi prese da parte e mi fece uno strano discorso sul fatto che si vedeva che ero ancora innamorata di Giovanni.  Povero Matteo, sentiva solo di essere il secondo, lo so che gli sono sempre piaciuta. Meglio così, comunque la sensazione di essere sfottuta da quel giorno aumentò grandemente. Altro tentativo di dimenticarmi di Giovanni (certo, stare sempre appiccicati non mi aiutava), fu l’uscita con il cugino di una mia amica. Chiamiamolo Francesco. Francesco passò una intera serata in discoteca appoggiato al bancone del deejay, a fissarmi. Non capivo se guardava me o qualche mia amica, dunque lasciai perdere.  Per di più indossava un dolcevita, cosa che non riuscivo a capire se fosse un plus o un minus (di sicuro non era tanto a posto, un dolcevita con i 30 gradi della discoteca?). Invece guardava proprio me, perché si fece presentare da un’amica comune e mi chiese di uscire.  Spinta dalla disperazione, dissi si. Il giorno dopo mi venne a prendere a scuola, e facemmo un giretto.  Solo che si mise a diluviare, era ora di pranzo, non si sapeva dove andare, e oh, che caso, lui abitava proprio accanto la mia scuola. Decisi di entrare nella tana del lupo solo perché quel giorno indossavo un vestito di pizzo rosa antico con un fiocco di seta, e non volevo certo rovinarlo (tutto vero, poi vi racconto come andavo vestita al liceo).  Ci piazzammo nella sua camera, dove individuai le seguenti cose: letto, armadio, tavolo, mensola vuota, cd compilation chiaramente trovati su qualche giornale, tv, videogames. Niente libri, bruttissimo segno. - Che cosa fai nel tempo libero? – gli chiesi, presagendo il peggio. Venne fuori che Francesco nel tempo libero non faceva praticamente nulla. Nessun libro, no cinema, no interessi. - Guardo Holly&Benji, poi gioco un po’ alla Play e poi vado ad allenamento. - ah (Ciao Francesco, è stato bello). Mi diressi poi verso l’armadio, magari almeno aveva buon gusto. - Ah, ti piace il blu? Accidenti è tutto blu, qui - No, è che così mia madre fa solo una lavatrice - DEVO ANDARE”. E questa è solo la prima serie dei miei amori, si passa poi a quelli nell’età della ragione, che non vi sto ad illustrare qui perché insomma, magari qualcuno si offende…


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