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"Sulla necessità della scrittura"

Da Zaffira01

Alcune persone( studenti), all'alluncio di un compito in classe di italiano prendono a sbuffare e a chiedersi come faranno, anche questa volta, a riempire quelle due-tre colonne di foglio protocollo indispensabili per poter ottenere almeno la sufficienza. Anche se non devono studiare niente per il tema, il loro principale problema è: cosa scrivo?
E vi assicuro per esperienza personale e diretta che c'è gente che fa davvero fatica a pensare a qualcosa da mettere nero su bianco: nella mia classe, per esempio, ci sono ragazzi e ragazze che passano la prima mezz'ora e forse anche di più a masticare la penna, alla ricerca di qualche idea che possa convincere la prof o anche solo che possa riempire il vuoto apparentemente incolmabile del voglio che giace davanti a loro, in paziente attesa.
Per contro, però, ci sono gli Scrittori, e con questo termine non intendo coloro che hanno già pubblicato qualcosa, che fanno presentazioni a destra e a manca, che vengono proposti come modelli da seguire, che hanno già una reputazione e possono guadagnarsi da vivere soltanto con l'inchiostro della loro penna o, di questi tempi, con i file di testo dei loro computer. Scrittore è colui che sente la necessità di scrivere, che non può farne a meno, che si sente prudere le mani quando non può afferrare una penna, una matita e un foglio di carta oppure accendere il proprio computer per scrivere una poesia, un romanzo, un racconto, qualsiasi cosa. Scrittore è colui che sta male se non può far uscire le storie che si porta dentro: esse gli premono contro lo sterno con una forza quasi dolorosa, non gli danno tregua e lo tormentano ma, contemporaneamente, cullano i suoi sogni. Per lo scrittore, perdonate il gioco di parole, scrivere è vitale come lo è il fatto stesso di respirare.
Una volta il mio parroco disse che la preghiera è il respiro dell'anima: ecco, la scrittura è il respiro dello scrittore, gli dà vita.
Che cosa sarebbe uno Scrittore senza scrittura? Non avrebbe semplicemente senso di esistere.
Detto questo, perché uno scrittore è tale? Ossia, perché ci sono persone per le quali usare la penna è una vera e propria sofferenza, un'attività snervante e irritante, e altre per le quali è, invece, un esercizio irrinunciabile? Cos'è che fa sì che uno scrittore sia ciò che è? E' decisamente una bella domanda, non trovate?
La differenza sta nell'educazione? Può darsi, ma io e mia sorella abbiamo avuto lo stesso tipo di istruzione, abbiamo gli stessi genitori, gli stessi nonni, siamo cresciute nello stesso ambiente culturale, eppure io adoro leggere e scrivere, mentre il campo di lettura di mia sorella si limita alla serie di Twilight della Meyer.
Allora, si è Scrittori perché si è nati così? Certo magari si può dimostrare un talento naturale per la scrittura fin dalla più tenera età, ma ciò non significa necessariamente essere scrittori. Scrivere in modo grammaticalmente corretto non implica l'essere in grado di emozionare il lettore tramite le proprie poesie o i propri racconti o romanzi o chi più ne ha più ne metta. Emozionare. Forse è questa la soluzione? Si scrive per emozionare?
Riconosco che quando rileggo ciò che ho appena scritto, se è un qualcosa a cui ho pensato molto, che ho desiderato molto trasformare da pensiero vago e indefinito a immagine d'inchiostro vivida e quasi viva, la prima ad emozionarmi sono io. E non perché il mio stile di scrittura sia eccellente od originalissimo o che altro, quanto piuttosto perchè è un po' come andare al cinema a vedere in anteprima un film che stiamo aspettando con impazienza da mesi. Mi si chiude la gola, e a volte perfino mi commuovo. Ma non perché io creda di essere la migliore, o di aver scritto chissà quale capolavoro, ma perché è così e basta. Forsi quelli di voi che leggeranno questo post e che scrivono riusciranno a capire che cosa significa. E' come trovarsi di fronte alla concretizzazione delle proprie fantasie, di quelle immagini che popolano, hanno popolato e continueranno a popolare i nostri pensieri più liberi, le nostre fantasie più svincolate dalla realtà. Forse le madri, quando vedono e stringono per la prima volta fra le braccia il loro bambino, provano una sensazione simile. Lo Scrittore è il padre e la madre di ciò che scrive, ma allo stesso tempo, ne è anche il figlio, perché tutto ciò che produciamo ha su di noi delle ripercussioni, degli effetti, che noi ce ne accorgiamo o no. Guardando la questione solamente da un punto di vista stilistico, formale, è probabile che al termine della stesura del proprio romanzo l'autore abbia migliorato almeno in parte la propria tecnica narrativa o comunque abbia acquisito una maggior famigliarità con l'arte della scrittura e del raccontare storie o comporre poesie.
Ma torniamo all'emozione. Suscitare nei lettori delle sensazioni, fare in modo che non restino impassibili davanti alla morte di un personaggio, che si emozionino, che restino con il fiato sospeso nei momenti di suspence, far sì che la loro storia rimanga impressa nei loro cuori e nelle loro menti: non è forse questo lo scopo, il fine ultimo a cui mira lo Scrittore? Penso che quando ci si trovi a che fare con uno Scrittore con la s maiuscola, la risposta sia sì. Uno scrittore, però, scrive anche e soprattutto per se stesso. Ma cos'è quel qualcosa che spinge una persona a non tenere per sè le sue fantasie ma a desiderare di condividerle anche con gli altri? Ci sono persone che hanno una fervida fantasia e passano più tempo con la testa tra le nuvole che con i piedi per terra, ma non sono scrittori, e altre al contrario che sembrano o sono effettivamente sempre presenti a se stesse ma riescono a produrre testi sublimi. Semplice questione di tecnica, personalità, allenamento, desiderio di mettersi in gioco? Oppure c'è dell'altro, qualcosa di più profondo e nascosto, non visibile agli occhi e che forse sfugge anche alla ragione, qualcosa di instrinseco nella natura stessa degli uomini, ma più presente in alcuni soggetti? Se ci pensiamo, fin dall'antichità l'uomo ha pensato a scrivere e a tramandare racconti ( basta pensare all'Odissea e all'Iliade, messe per iscritto intorno allo stesso periodo in cui Roma veniva fondata da un popolo ancora barbaro) e continua a farlo ancora adesso, malgrado non sia più necessario: se vuole provare emozioni, può andare al cinema e guardarsi un film.
Perché allora continuare a scrivere? Perché alcuni proprio non riescono a farne a meno? Perché perché perché... Voi avete una risposta a tutte queste domande? Sinceramente, più ci penso e più la soluzione a questi quesiti, se c'è, mi sfugge... Ma per quanto mi riguarda, la mia vita, senza la scrittura, non sarebbe più la stessa.

 


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