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L’impianto a biomasse da 4 MW che la società Istonia Energy ha in progetto di realizzare a Vasto, a ridosso della riserva regionale di Punta Aderci, è uno dei progetti contestati in Abruzzo. La protesta contro quell’insediamento è classificata come “nimby” (Not In My Back Yard: non nel mio cortile) dall’Osservatorio Nimby Forum, che il presidente di Legambiente Abruzzo, Angelo Di Matteo cita per polemizzare nei confronti di quelle stesse contestazioni, che a detta del nostro si tratterebbero di «frequenti ipocrisie» (vedi Il Centro del 13 marzo 2012, pag. 10). Con molta probabilità, l’elenco delle contestazioni che quell’Osservatorio etichetterà come nimby crescerà di numero nel giro di poco tempo, andando a comprendere anche quelle relative ad una centrale a biomasse da 17 MW, ad un cementificio e ad un impianto di recupero di rifiuti pericolosi. Tutti insediamenti che si vorrebbero far sorgere a poche centinaia di metri dalla riserva naturale di Punta Aderci, uno dei luoghi più pregiati d’Abruzzo dal punto di vista ambientale.
Per quanto Di Matteo possa dirne, è certo invece che chi contesta la localizzazione di quegli insediamenti non soffre di alcuna sindrome nimby. A dimostrazione di ciò si potrebbero elencare le documentazioni prodotte a sostegno del parere contrario a quei progetti. Lo stesso Partito della Rifondazione Comunista, del cui circolo di Vasto sono membro del direttivo, ha inviato alla regione Abruzzo pagine di osservazioni, che motivano le incompatibilità di quel tipo di impianti con le aree dove si pensa di realizzarli. E con Rifondazione Comunista, si sono espresse contro quei progetti diverse associazioni ambientaliste e comitati cittadini, fino a portare la contestazione davanti al TAR; mentre il comune di Vasto ha presentato ricorso straordinario al presidente della Repubblica. Già questi sommari riferimenti mostrano che quelle contestazioni non sono manifestazioni da sindrome di nimby, ma al contrario evidenziano la piena consapevolezza dei cittadini, dei gravi e certi rischi sanitari ed ambientali che sarebbero generati da quegli impianti.
D’altronde è facile cadere in errore nel valutare quelle contestazioni se, come fa Di Matteo, per validarle ci si riferisce alle considerazioni del Nimby Forum, progetto “nato nel 2004 con l'obiettivo di analizzare l'andamento della sindrome nimby” (così si legge testualmente sul sito dell’Osservatorio). Sembrerà pure una congettura, ma classificare a priori come nimby le proteste territoriali che si vogliono analizzare, appare (nemmeno troppo) vagamente pregiudiziale. E forse non potrebbe essere altrimenti, visto che l'attività dell'Osservatorio del Nimby Forum si basa sul censimento di articoli raccolti da quotidiani e periodici, da cui non è chiaro come si evinca il grado di consapevolezza della popolazione intorno all'opera contestata o il grado di attendibilità degli studi che i cittadini compiono, per classificare come nimby la protesta. Soprattutto, però, è interessante osservare la struttura organizzativa del Nimby Forum, del cui comitato scientifico è membro, tra gli altri, Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente.
Il Nimby Forum è un progetto che appartiene alla associazione no-profit Aris, mentre la comunicazione è affidata alla società Allea S.r.l. Da notare che alla presidenza di Aris e di Allea c’è la stessa persona: Alessandro Beulcke. Mentre il vicepresidente dell’Aris è anche curatore del comitato scientifico del Nimby Forum. Insomma, è già evidente uno stretto rapporto tra Nimby Forum, Aris e Allea. I dubbi di imparzialità balzano agli occhi anche del meno attento degli osservatori, quando si va a constatare le attività di queste organizzazioni, così saldamente legate tra loro. L’associazione Aris, quella che ha la paternità dell’Osservatorio Nimby Forum, “progetta e realizza studi, ricerche e iniziative di divulgazione nei settori ambiente ed energia, infrastrutture e trasporti, industria e servizi.” Tra i sostenitori di Aris ci sono singoli individui, istituzioni e imprese “che credono negli obiettivi dell’associazione” e tra i collaboratori la già citata Allea. Quest’ultima società si occupa invece di sviluppare “strategie, progetti e azioni per costruire consenso intorno alle iniziative sociali, industriali e politiche dei propri clienti […] operando prevalentemente nei mercati dell'energia, dell'ambiente, delle infrastrutture e dei trasporti”. A questo punto appare ovvia la curiosità: chi sono i clienti di Allea, società che cura la comunicazione del Nimby Forum e che collabora con Aris, che il Nimby Forum lo gestisce? Tra la sessantina di clienti elencati sul sito di Allea, troviamo ad esempio la Edipower; il Gruppo Impregilo; la A2A, la società che gestisce gli inceneritori di Brescia ed Acerra, oltre alla centrale turbogas di Gissi. In sostanza, società che operano nel campo di infrastrutture ed impianti di produzione energetica, fino agli “inceneritoristi”, pagano la Allea (società che, ripeto, cura la comunicazione del Nimby Forum) per creare consenso intorno alle opere che si vogliono realizzare, contestate da cittadini ai quali l’Osservatorio Nimby Forum si affretta di diagnosticare la sindrome nimby.
A queste organizzazioni si richiama Di Matteo per affermare la necessità di informazione ai cittadini e per accusare di impreparazione “il mondo politico”. Peggio ancora fa Di Matteo quando cita il rapporto del Nimby Forum per arrivare ad aprire, pure se timidamente, alla deprecabile pratica dell’incenerimento dei rifiuti (intorno alla quale sono venuti alla luce, in Abruzzo, interessi davvero poco limpidi). Mi pare invece di poter dire, a questo punto, che intorno ai nuovi progetti di impianti molto impattanti sull’ambiente, oltre ai profitti molto spesso rapidi, sicuri e speculativi delle società proponenti, si sia creato un vero e proprio mercato del consenso, la cui filiera è quella già descritta.
Chi vuole o ha interessi a farlo, continui pure ad affidarsi ai dati dell’Osservatorio del Nimby Forum. Per parte nostra, continueremo a contestare quei progetti e quelle opere che portano benefici solo a chi vuole realizzarli. Mentre ai cittadini prospettano un netto peggioramento della qualità della vita.
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