Sostenere che una legge sulle unioni civili, sui “matrimoni” gay, sullo stepchild adoption, non sia una priorità equivale a negare la sfera affettiva privata dei cittadini di una nazione. L’idea di questi “negazionisti” è che un contesto sociale e civile abbia un fondamento esclusivo di natura economica, includendo il tema del lavoro e della finanza tout court. Ma se l’economia, etimologicamente, è la “legge della casa” [οἶκος (oikos) “casa” e νόμος (nomos) “legge”], allora di quale “casa” stanno parlando costoro? Chi vi abita? Fantasmi o esseri umani? Escludere l’affettività implica il rigetto dell’economia, che non è fatta solo di merci o di calcoli astratti. L’Italia non può continuare a rinviare questo appuntamento, finora le forze reazionarie e conservatrici si sono ostinate a non riconoscere i diritti di alcuni, dimostrando scarsa civiltà e empatia, perfino nei confronti della famiglia cosiddetta tradizionale, che difendono strumentalmente solo per bieche ragioni politiche. Preferiscono vivere in un contesto scisso, perpetrare il disagio e la discriminazione nei confronti di un nucleo non indifferente che può contribuire attivamente anche alle sorti generali dell’andamento economico. Abbiamo bisogno di pace sociale, di unità, di solidarietà, non di barricate, scontri e disparità. Chi nega la felicità altrui ha qualche contenzioso con la propria. Fa specie osservare certi “cattolici” o liberali dimezzati convinti di dover imporre la propria volontà al resto della popolazione. La loro non è una difesa dei valori, ma una sopraffazione motivata da risentimento, omofobia, disprezzo. L’affetto, l’amore e il desiderio di condividere una vita insieme non hanno prezzo, chi mette in dubbio tutto questo è contro la vita e si pone al di fuori di ogni contesto civile.
mvg