Sembrano rintronate, in realtà sono solo “intronate”. Per loro è come stare dalla parrucchiera. Più che sedute, assise ma su seggioline da spiaggia. Hanno una “certa” età, precisamente la terza. Tra le armi di distrazione, le ultime copie di rotocalchi scandalistici da passarsi voracemente (sono un po’ le loro canne… ) e da commentare con dovizia di particolari.
Osservarnti. Nel senso che “osservano”. Mica “guardano”. La loro è una professione che viaggia tutto l’anno, è l’arte del taglia e cuci. Conta poco se sotto l’ombrellone o sotto il casco della pettinatrice (solo loro, che hanno vissuto l’epoca azzurrina del turchinetto, possono chiamarle così).
Tra una “Novella” e un “Chi” fanno le pulci – con fixing quasi borsistico – al rating delle cadenti (nonché cedenti) tette altrui, secondo la prassi del dito e la luna. Quando il cielo della conversazione s’imbrusca, arriva la rassegna annuale dei malanni passati, presenti e futuri, vaticinando apotropaiche dipartite altrui (sempre altrui, ma pare che portino bene).
C’è qualcosa del mantra tibetano in questo chiacchiericcio sommesso e sotterraneo, velato solo da qualche alito di brezza sulla loro messa in piega di giornata (unica messa di cui siano veramente praticanti).
Le vedove mostrano i galloni, le mogli solo i galletti che non si rassegnano dall’estate del ’66 (peccato fossero stati tagliati fuori dalla Summer of Love e altri sfoghi).
… Così va il mondo. Ma loro non si muovono. Che il sole transiti prima della loro ultima battuta su questo palcoscenico di sabbia ed aquiloni. Noi non possiamo fare a meno di loro. Più puntuali di Twitter, più invadenti di Facebook, più sonore di radioline che non necessitano né di cuffie, né di pile. [R.S.]
Fotografia tratta e modificata da SailBlogs Sobella Chronicles