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Summer wars

Creato il 09 marzo 2014 da Jeanjacques
Summer wars
L'altro giorno una vecchia signora mi ha visto uscire dalla fumetteria della mia città col mensile di Wolverine e Deadpool [quest'ultimo raggiunto dal maledettissimo Marvel NOW!] sottobraccio e, guardandomi con fare arcigno, mi ha chiesto: "Ma alla tua età leggi ancora quelle robe?" Oltre al chiedermi che minchia volesse la vegliarda e cosa caspio le fregasse di quello che leggo o non leggo nel mio tempo libero, trovo davvero triste il fatto che l'età mentale di una persona sia decretata da quelle che sono le proprie passioni. Ovvio, se uno a quarant'anni vive solo per i film sui supereroi, forse intellettualmente non sarà chissà quale profondità, però non si può affermare che una persona solo perché legge delle cose dai più ritenute infantili sia infantile a sua volta. Senza contare che pure nel fumetto c'è una sua profondità e cultura, e continuo a non capire come mail nel 2014 ci sia gente che deve etichettare e catalogare ogni cosa. Ma la verità è che forse dovremo fottercene, che forse se una cosa ci piace, deve piacere a noi e basta, senza cercare la comprensione altrui. Ed è per questo che io continuo a vedere cartoni animati ed a leggere fumetti, specie se mi permette di conoscere autori come Hosoda.
Kenji Koiso è il classico liceale geniale ma con problemi di socializzazione che passa molto tempo in Oz, un mondo virtuale che si può abitare come avatar. All'inizio delle vacanze estive Natsuki, la ragazza dei suoi sogni, gli chiede di fingersi il suo ragazzo per il novantesimo compleanno della nonna, e lui accetta. Ma durante la sua permanenza nella famiglia di Natsuki, qualcosa sconvolge il pacifico equilibrio di Oz...Spesso ci si dimentica che 'nessuno nasce imparato', che prima di eccellere tutti i grandi maestri hanno dovuto iniziare da ambizioni e progetti ben più modesti. Io di Hosoda avevo avuto modo di vedere unicamente, uno di fila all'altro, i film La ragazza che saltava nel tempo e il bellissimo Wolf's children, quindi mi ero fatto aspettative molto altre circa la sua professionalità. Immaginatevi lo shock quindi quando ho scoperto che lui si è occupato anche del primo lungometraggio dei Digimon e di un paio di film di One piece. Insomma, un inizio, se pensiamo che pure Miyazaki ha iniziato con Lupin III, proprio perché nessuno nasce imparati, come ho scritto all'inizio di questo paragrafo. Ma siamo sicuro che gli inizi non ce li portiamo dietro, volenti o nolenti, in qualche maniera? Perché la mia prima impressione nel vedere questo film è stata proprio questa, che Hosoda sia rimasto influenzato dai suoi esordi tipicamente shonen e che abbia voluto immergersi nuovamente in quella tipologia di storia. O di farlo alla propria maniera, perché da quel poco che finora mi è stato possibile vedere di suo, lui è uno che le storie le sa raccontare più che bene. E anche se il risultato finale forse non è proprio il massimo, quello che l'autore nipponico ci offre è un qualcosa di godibile ed estremamente piacevole alla vista, e che offre anche un paio di riflessioni circa la famiglia e il ruolo che essa ha all'interno della nostra vita. Forse io avrei preferito che si prendesse in considerazione in maniera più approfondita come la realtà virtuale stia prendendo sempre più spazio fino a surclassare quella reale, ma il film qui sceglie la strada più easy e riassume tutto il concetto dietro al mondo di Oz come, è il caso di dirlo, un qualsivoglia episodio dei Digimon. La rappresentazione del mondo digitale non mi ha detto moltissimo, si è lasciato andare a troppe bambocciate e, per quanto i design del virus sia bello figo in tutte le sue sfaccettature, tutto il resto mi sa enormemente di già visto in più di un'occasione. Il che non è necessariamente un male, ma si tratta di un arco narrativo secondario che lascia il tempo che trova, con combattimenti (troppi) banali e dei dialoghi dimenticabili. Molto diversa invece la parte nel mondo reale, davvero frizzante e ben giostrata, che da sola riesce a reggere sulle proprie piccole spalle le sorti di un intero film. Perché Summer wars non è altro che una pellicola sulle classiche diatribe familiari, dove per puro caso è stato immessa anche la tematica videoludica, e quindi il wars, guerre, del titolo ottiene un significato molto variabile. La famiglia è un continuo scontrarsi di persone, alle volta si sfocia nel vero e proprio conflitto fisico, ma è da essa che noi proveniamo e quindi bisogna tenerla in conto. Questa è un'ottica forse banale, ma che se traslata nella mentalità giapponese mostra tutte le contraddizioni di un paese cresciuto troppo in fretta ma ancora legato alle proprie usanze. Ed è accostando questa filosofia al mondo di Oz, quello tecnologico che rischia di far crollare un intero pianeta, che si ottiene il vero sunto del film. Un film imperfetto che pecca in una perenne indecisione, che non sa mai dove stare e non uniforma mai le due linee narrative che intraprende, ma che alla fine finisce per farsi guardare e ricordare con leggerezza. E vi assicuro, di quella strana famiglia che si vedrà - troppi componenti e nessuno viene mai approfondito, divenendo solo una macchietta - vi porterete sempre dietro un ricordo caldo e accogliente.Un film strano, per certi versi, che non si sa come prendere. Tutto sommato però la sufficienza la raggiunge e la supera con alcune falcate, quindi una visione la merita di certo.Voto: Summer warsSummer warsSummer warsSummer warsSummer warsSummer wars

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