La storia ha dell’incredibile. Un ente “no profit” di Messina si è visto recapitare una lettera dalla SIAE in cui si chiedeva il pagamento dei diritti di autore , per l’esecuzione dell’Inno di Mameli, avvenuta in occasione del recente anniversario della Liberazione. La richiesta è di di 1.094,40 € , inoltre la Siae di Messina ha allegato il tariffario che prevede l’importo massimo di 290 euro se si tratta di un incontro per una partita nazionale, a secondo la capienza dello stadio; se si tratta di una gara di seconda categoria l’importo varia da 40 a 60 euro; per il Palazzetto dello Sport, circa 146 euro; se l’inno di Mameli viene suonato in un Teatro in forma concertistica, si paghera’ il diritto di noleggio che va agli editori del brano. La SIAE ( che mi piace chiamare Società Italiana Arcigni Esattori) dal canto suo, ha provveduto a smentire, ma documentandosi un po’ risulta che questo genere di episodi si siano ripetuti molte volte negli anni passati. Le pretese della SIAE sull’Inno di Mameli sono infatti già balzate qualche anno fa agli onori della cronaca in occasione del raduno nazionale degli Alpini in quel di Trieste, pare che successivamente, in seguito all’interessamento di alcuni parlamentari, la sede nazionale della SIAE avesse smentito la legittimità di questa assurda richiesta di pagamento di diritti; ma è successo anche nel 1984, prima della sfida Italia-Bulgaria nella World League di Volley disputata nel Palasport di Mestre: uno zelante ufficiale, presente alla partita, fece notare agli organizzatori della Federazione veneta come ci fosse da mettere in conto anche il diritto d’ autore, a cui pure l’ Inno di Mameli è soggetto. Paradosso dei paradossi: oggi il diritto d’ autore dell’ Inno è “demaniale”, cioè lo incassa lo Stato. Insomma, si festeggia l’ Italia ma bisogna pagarne la griffe. Nel 1996, il governo aveva cancellato questa assurdità con la legge finanziaria, ma la Camera, poco dopo, aveva deciso, a larga maggioranza, che il balzello doveva sopravvivere. Pensate che già in quell’anno i diritti sull’Inno Nazionale fruttavano 20 miliardi di lire!
In questi giorni il presidente del Consiglio comunale di Messina, Pippo Previti, in una lettera inviata al presidente della Repubblica ha denunciato l’ anomalia sui diritti Siae per l’inno nazionale.
“Le trascorse celebrazioni del 65esimo Anniversario della Liberazione, mi danno lo spunto – scrive il presidente Previti – per affrontare un problema che lede uno dei principi fondati dal nostro Stato unitario. Quando Goffredo Mameli nel novembre del 1847 compose l’inno Fratelli d’Italia, certamente non poteva mai immaginare che ogni qual volta si ascoltasse, si dovesse pagare. E, francamente, non lo pensavamo nemmeno noi”. E’ di 1.094,40 euro, spiega, la somma che ha richiesto la Siae a un ente no profit di Messina per aver suonato l’inno di Mameli. La stessa sorte e’ toccata alla Federazione pallavolo del Veneto che si e’ vista recapitare una simile richiesta dalla Siae di Mestre, per aver suonato l’inno prima di una partita. Questo modo di mercificare anche il nostro Inno nazionale – conclude – portera’ alla fine a scegliere un inno diverso che non faccia pagare alcunche’, con sommo piacere dei tanti detrattori dell’inno. Mi rivolgo, quindi, alla Presidenza della Repubblica, primo e indiscusso “baluardo” della nostra Unita’ nazionale, affinche’ si eviti, a enti, associazioni e organizzazioni vari, l’inutile balzello e si esenti l’inno.”
E lo speriamo anche noi! Non vorrei sbagliarmi ma credo che una cosa del genere succeda solo in Italia! Siamo i soliti ridicoli!