Magazine Cultura
1979, Ohio. In una piccola cittadina di provincia, nel corso di una calda estate, un gruppo di ragazzini è testimone di un incidente ferroviario catastrofico. I ragazzi riprendono quanto accaduto con una telecamera Super 8: nascerà presto in loro il sospetto che "l'incidente" in realtà non sia stato un incidente.
Quel che accade subito dopo in tutta la città sembra avvalorare questa loro ipotesi: cominciano infatti ad accadere strani avvenimenti e sparizioni di cittadini.
Mentre la polizia locale indagherà alla ricerca della verità, i giovani amici si renderanno conto che intorno a loro sta succedendo qualcosa di terribile e imprevedibile. Qualcosa di orribile è sfuggito al controllo dei militari USA...
Diciamo subito, a scanso di equivoci, che "Super 8" non appartiene al "genere horror", o per meglio dire appartiene al perturbante spielberghiano, più che a quello cloverfieldesco alla Abrams, nonostante il regista sia comunque Abrams. Questa preliminare notazione non ridimensiona tuttavia il valore estetico di questo film, anzi lo sospinge verso sentieri luminosi in cui l'ibridazione artistica di generi piuttosto lontani tra loro, sa produrre un effetto interessante, decisamente poetico, "romantico", oserei dire. Intanto la costruzione del gruppetto di ragazzini amanti del cinema, uniti dal progetto di "girare" un film con una videocamera super 8, oltre a ricordare lontanamente ma suggestivamente "IT" di King, elabora questo tema preadolescenziale in modo mai stucchevole o da "film per ragazzi". "E.T." è infatti tornato, ma è cattivo, uccide lo sceriffo (nell'intensa e saggiamente ellittica sequenza del benzinaio di notte), rapisce inopinatamente cittadini del villaggio, obbliga le autorità locali ad un piano di evacuazione biblico, genera conflitti tra esercito e polizia locale. Parlavamo di "romanticismo", categoria estetico-filmica totalmente derelitta e soffocata dalle onde modaiole del "mockumentary", peraltro reintrodotto dallo stesso Abrams, insieme a Matt reeves, con "Cloverfield" (2008). In "Super 8" la finezza registica di Abramas consiste appunto nel ridimensionare quasi parodisticamente il tema del "mockumentary", invecchiandolo ad arte, facendolo cioè regredire a "gioco", a play winnicottiano, a prototipo culturale, nel momento in cui mette in mano una videocamera amatoriare video 8 a un gruppetto di ragazzi delle scuole medie. Attraverso le pellicole che girano sul proiettore del giovane Joe Lamb (un'ispirato Joel Courtney), o di quello del suo grasso amico-regista Charles (Riley Griffiths), possiamo vedere tratti e movimenti del "mostro". Un mostro molto cloverfieldiano, che ci sarà mostrato con tranquilla tempistica nella bella sequenza dell'attacco all'autobus su cui viaggiano i ragazzi, e poi definitivamente in quella dei sotterranei del cimitero. Il tutto è girato con toni appunto romantici, con amore per il cinema come intrattetimento e disvelamento lento, pacato, nel quale l'immagine e la fotografia "vere", niente affatto mockumentarizzate, ritornano ad essere le vere protagoniste di un "vero" film. Abrams, dopo "Lost" e "Cloverfield", ritorna cioè a ripensare il cinema sci-fi. Decide di farlo all'interno di una produzione spielberghiana, come in un ritorno alle origini di cui sente, quasi proustianamente, il richiamo e il bisogno di attingervi ancora per trovare nuove energie creative. E le trova, decisamente. Come descrivere altrimenti se non come "ritrovamento di ispirazione", la lunga sequenza finale delle automobili che volano in cielo, attratte dal magnetismo alieno? Oppure la sequenza iniziale dell'incidente ferroviario, vero colpo di genio che supera a duecento allora ogni banalità mockumentaristica odierna? Non è certo un caso che il film sia ambientato nel 1979, anni luce fa, vuole dirci Abrams attraverso questa location temporale. Questo tipo di messaggio viene inscritto in una sceneggiatura molto ben curata, calibrata, forse un pò troppo melodrammatica in alcuni punti (vedi la descrizione del rapporto tra Joe e Alice-Elle Fanning), in particolare per i nostri gusti europei e italiani, ormai assuefatti al bunga-bunga. Si tratta di una melodrammaticità che però è in sintonia coi vissuti del pubblico americano medio, e in questo senso non eccede e non disturba lo sviluppo dello script. Sonoro (di Micheal Giacchino) e fotografia (di un Larry Fong che sembra aver catturato - non si sa come - le luci dei cieli notturni degli anni '70 e averceli portati oggi, qui, sullo schermo), accentuano un alone di nostalgia infantile molto ben raccontato ed molto ben emotivamente trasmesso. Come immagino si sia potuto intuire fin qui, consiglio la visione di "Super 8", per le tante suggestioni e per i tanti stimoli che attiva, e perchè permette una vera riflessione sul cinema sci-fi, sulla sua storia, e sulle sue polimorfe e discutibili declinazioni espressive contemporanee. Regia:J.J. Abrams Sceneggiatura:J.J. Abrams Fotografia:Larry Fong Montaggio:Maryann Brandon, Mary Jo Markey Musica:Michael Giacchino Cast:Kyle Chandler, Elle Fanning, Ron Eldard, Noah Emmerich, Joel Courtney, Riley Griffiths, Ryan Lee, Zach Mills, Gabriel Basso, AJ Michalka Nazione:USA Produzione: Amblin Entertainment, Bad Robot, Paramount Pictures Anno:2011 Durata: 112 min.
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