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Solo per dire degli evidenti limiti logistici del torneo Australe: visti da lontano sembran tutti là, invece rimbalzano tra distanze tipo Milano - Los Angeles con saltino a Mumbai nel giro di una settimana - non a caso, solo una volta ai Crusaders è riuscito di vincere una finale fuori dai confini.
Tant'è, i Brumbies guidati dal calcolatore Jake White han messo tutto in conto e han fatto vedere i sorci verdi ai campioni in carica, li han tenuti sotto fino a terzo quarto compiuto per poi cedere nel fiato solo al quarto. Il piano A era come con i Bulls in semifinale, mettere fieno in cascina con una approccio tattico suberbo, superiore e poi resistere nel finale; i Bulls riuscirono a recuperarli grazie alla "ignoranza" dei loro dritto per dritto, salvo gettar tutto via in modo allucinante negli ultimi 5 minuti. Invece i più "movimentisti" Chiefs subiscono alla brutta la tattica allestita da White ma alla fine con un pizzico di fortuna vincono per il maggior fiato residuo. Una vittoria ai punti tra le due migliori squadre del torneo, alternatesi regolarmente in testa alla classifica senza che alcuna altra mai le avvicinasse.
La composizione del punteggio è rivelatrice: identico score di cinque punizioni e una trasformazione messo a segno dai piazzatori contrapposti Aaron Cruden e Chris Leali'ifano, la differenza sta tutta in una meta: una dei Brumbies contro due per i Chiefs.
Si potrebbe sostenere che Cruden abbia fallito due facili piazzati mentre l'allievo di Larkham non ha sbagliato nulla; vero, ma l'apertura All Blacks ha messo dentro i calci che contavano - la complessa trasformazione per il vantaggio e la punizione della sicurezza finale - e anche i Brumbies avevano fallito con Nic White e Jesse Mogg due tentativi dalla lunga distanza. La differenza la fa allora l'unica meta stagionale di Robbie Robinson, "veterano" di 23 anni (al quarto anno di Super Rugby) subentrato 10 minuti prima a Gareth Anscombe, il cui arrivo ad Hamilton l'aveva panchinato per tutta la stagione; quest'ultimo era stato magnifico nella semifinale coi Crusaders ma è stato messo in grossa crisi dai trequarti Brumbies.
Meta decisiva che è una incisione nel burro di una difesa esausta, a meno di un quarto d'ora dalla fine; regolarissima, viene "spinta" da un paio di chicche del più esausto di tutti quelli in campo, l'arbitro Craig Joubert. Già notoriamente "casalinguo" (vedi finale del Mondiale 2011), dopo il 50' diventa addirittura patetico: prima col contributo del TMO nega meta evidente ai Brumbies - sotto il mucchio il pallone schiacciato a terra si vede e sul 12-22 sarebbe stato probabilmente il "fieno in cascina" che bastava a svernare. Poi non pago, l'arbitro inverte una mischia ordinata chiaramente vinta dai Brumbies nella metà campo dei Chiefs. Da quel momento le energie Aussie fatalmente svaniscono.
Come han fatto i Brumbies a mettere in crisi l'attacco di una squadra quadratissima che si trova a memoria, capace di schiantare gli esperti Crusaders, altrettanto conservativi e anche più difensivamente cauti degli Aussie? Con l'esperienza di George Smith, di gran lunga il miglior openside al mondo - sorry Warburton, Pocock e anche Richie McCaw, assieme alla fisicalità di Peter Kimlin e Ben Mowen, che con l'ausilio di Carter e Fardy controlla bene la rimessa. Ma non solo, quella era stata la diga che aveva retto per un tempo i Bulls; stavolta, contro i manovrieri Chiefs, White ha allestito una difesa dinamica incredibilmente ardita ed efficace: Leali'ifano saliva a mo' di "spia" ma era solo per invogliare il primo uomo in piedi a fare il tipico salto del centro; a quel punto è già partito lo scatto dell'altro centro Kuridrani, o delle ali Rathbone e Speight a caccia di intercetti. La meta al 47' di Leali'ifano è appunto ottenuta rubando palla con tale tipo di salita difensiva; poco prima Kuridrani spuntava come un missile e falliva l'intercetto per un nonnulla; nel secondo tempo uno sprint su rovesciamento di fronte di Rathbone portava alla meta Brumbies non ratificata dal Tmo.
La superiore capacità manovriera dei Chiefs, squadra peraltro abituata come i Brumbies a far rendere un possesso percentualmente basso (due squadre dominanti che NON puntano sul possesso: mandate la cassetta a Brunel, vi prego!), ne risultava intimidita, stroncata per tre quarti su quattro. Solo a partire dal sessantesimo gli spazi difensivi fatalmente s'allargavano, consentendo ai Chiefs staccati di dieci punti (9-16 a fine del primo tempo, 12-22 all'inizio dell'ultimo quarto) di rimontare, sostenuti dal tifo di casa.
La prima meta al 62' è agevolata dall'ingresso di Sam Cane, l'All Blacks erede di McCaw cui coach Rennie preferisce Messam: fa spostare quest'ultimo al nr. 8 e dal quel posto con sua esperienza sfrutta in modo eccellente una mischia ai cinque metri, approfittando di una girata maldestra sul lato chiuso per allontanarlo dall'intervallo 10-12 e approfittando del cattivo posizionamento del mediano White, che abboccava alla salita del contrapposto Kerr-Barlow. Cruden falliva la trasformazione del tutto potabile lasciando un filo di speranza e 5 punti di vantaggio ai Brumbies. La seconda meta e il pari però arrivavano cinque minuti dopo è ed è sopra detta: difesa infilata in velocità col più elementare dei tagli dell'estremo. La tempistica ravvicinata la dice lunga sull'arrivo senza fiato dei Brumbies. In più stavolta Cruden centrava la trasformazione molto più angolata della precedente per il primo ma definitivo sorpasso e metteva dentro anche l'ultimo piazzato al 72'. Che "cinismo", direbbe quello che sa; dura da sopportare, per chi ha fatto la partita sino a quel momento.
Gran bella sfida tattica tra due grandi staff, capaci non solo tatticamente ma anche di scegliere, collocare e motivare gli uomini - i Chiefs doppi campioni han di gran lunga meno All Blacks di Crusaders o Hurricanes, mentre White ha portato gente come Mowen e Leli'ifano a brillare in nazionale e ha ridato nuova vita a Alexander. La vittoria non è andata al tatticamente migliore ma a quello con più resistenza: al miglior incassatore, in termini pugilistici. Sic transit ... il rugby è come la guerra: una roba drammaticamente semplice, dopotutto.
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