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Parte I – Dagli esordi a Christopher Reeve
Chi è Superman
Superman è un paradigma, una pietra miliare contro cui tutti i supereroi si sono dovuti confrontare. E paradossalmente, pur essendo stato il primo, è stato quello più potente sin dall’inizio. Mentre gli altri si sarebbero accontentati di uno o due super poteri, lui doveva averli tutti e subito. Inoltre, sin dall’inizio ha avuto un’aura messianica ad accompagnarlo: venuto dal cielo, capace di quelli che agli occhi umani sembrano miracoli, dotato di una morale impeccabile e di un’irresistibile spinta verso il Bene. Vi dice qualcosa? Vi richiama alla memoria qualcuno? Eppure, Superman è sempre stato il Messia del nulla. Non aveva, cioè, un vero messaggio da annunciare se non la sua sola presenza. In più, pur avendo poteri con i quali avrebbe potuto rivoltare il mondo come un guanto per farvi cessare ogni ingiustizia, non l’ha mai fatto, limitandosi ad azioni di basso profilo (salvare quell’aereo che precipita, arrestare quel bandito) prima di intrupparsi, uniformandosi a tutti i supereroi dopo di lui, nelle solite beghe tra super dotati che mettono sullo sfondo, come comparse, gli umani normali. Il fatto che i supereroi successivi avessero meno poteri è il segno che i loro autori qualcosa avevano imparato da Superman e cioè che il troppo stroppia. Se sei troppo forte, non c’è tensione, non c’è lotta. Questo è sempre stato il problema di Superman dopo le sbornie dei primi anni. Trovare difficoltà all’Uomo d’Acciaio, con risibili kryptoniti di tutti i colori o con impresentabili tipetti da altre dimensioni o, successivamente, con forzutoni che ce l’avevano più grosso. Al cinema, la cosa ha avuto i suoi riflessi, non sempre positivi.
Il primo eroe mascherato dei fumetti, cui anche Superman deve molto, è stato l’immarcescibile Phantom, l’Uomo Mascherato per intenderci, ma questi, come del resto il successivo Batman o in epoche ancora successive Devil, non aveva super poteri: era solo un tipo in gamba e molto allenato. Il costume, però, elemento identificativo imprescindibile, c’era tutto, come c’erano l’aura mistica e la leggenda. Da notare che, diversamente dagli altri super eroi che sarebbero venuti, in Superman c’è una sorta di inversione della funzione dell’identità segreta. Mentre Peter Parker è Peter Parker e poi diventa l’Uomo Ragno, Superman è Superman e Clark Kent è solo il modo in cui si occulta agli occhi del pubblico. È Kent l’identità fittizia, non Superman. In questo era ancora più radicale Phantom, la cui versione “umana” è meramente residuale e quasi indefinita.
In principio furono i cartoni animati

Poi arrivano i serial
Kirk Alyn (1910-1999) è un robusto bisteccone monoespressivo (anzi, ne ha due: con gli occhiali e senza), perfettamente aderente quindi al Superman fumettistico di quei tempi e del tutto adeguato al ruolo, anche per prestanza fisica. Curiosamente, fa un po’ di azione anche come Clark Kent, che qui non è il pusillanime alla Don Diego de la Vega che siamo stati abituati a vedere in altre situazioni. Noel Neill (1920) è una Lois Lane notevole per carisma e spigliatezza, non per nulla manterrà il ruolo a lungo. Tommy Bond è un Jimmy Olsen del tutto credibile come “comic relief”. Lyle Talbot (1902-1996), un duro dalla lunga carriera “culminata” nella sua collaborazione con Ed Wood, è un Luthor perfetto per cattiveria e pelata, proprio come quello dei fumetti.
E la televisione

I reporter Clark Kent (George Reeves) e Lois Lane (Phyllis Coates) arrivano nella piccola cittadina di Silsby, per “coprire” la perforazione petrolifera più profonda del mondo: quasi sino al centro della Terra, dice la preoccupata Lois. I due non tardano a scoprire che qualcosa sta andando storto. Infatti, degli ometti relativamente pelosi (ma con la sommità del cranio risplendente per una considerevole pelata) compiono atti di sabotaggio impedendo di fatto il prosieguo della perforazione. Sono gli uomini-talpa del titolo, il cui paese sotterraneo è disturbato dalla perforazione. Quando anche i locali scoprono gli uomini-talpa – che per giunta sono pure radioattivi – le cose precipitano. Superman, perciò, interviene.
Rispetto al serial, che doveva realizzare segmenti di suspense ogni fine capitolo, l’andamento è più tranquillo e la storia si prende il suo tempo per porre le premesse e seguire gli avvenimenti. Il problema principale è che la storia non è solo prevedibile, ma è addirittura sin troppo semplice. Qualche elemento di novità, rispetto allo spirito paranoico che si stava preannunciando, potrebbe forse trovarsi nell’atteggiamento buonista di Clark Kent, che spiega alla folla inferocita e desiderosa di farsi giustizia da sé come gli uomini-talpa siano solo degli estranei venuti dal profondo della Terra senza intenzione di far del male e impauriti quanto loro (i cittadini di Silsby, cioè). Lo stesso atteggiamento è naturalmente perpetuato da Superman che ferma uno dei più facinorosi rimproverandogli che con il suo modo di fare impedisce la comprensione tra i popoli. La folla è vista come la classica “lynch mob” alla ricerca di vittime designate tra i diversi e gli emarginati e contro questo deviato e maligno spirito della frontiera, Superman e il film prendono posizione in modo esplicito condannandolo senza reticenze. Ma sono piccoli dettagli che si inseriscono in una struttura narrativa fin troppo collaudata, mirata soprattutto all’avventura e all’utilizzo dei suoi stereotipi.

Come auspicato dalla produzione, il tentativo sfocia nella realizzazione di una serie televisiva, Adventures of Superman, che dura sei stagioni, dal 1952 al 1958, ottenendo quindi un buon successo di pubblico. Superman/Clark Kent resta George Reeves, mentre Phyllis Coates mantiene il ruolo di Lois Lane solo per le prime due stagioni, lasciandolo poi alla rediviva Noel Neill che se lo riprende sino alla fine della serie. Phyllis Coates è una Lois più elegante e sofisticata, mentre Noel Neill è più vivace e spigliata, più reporter d’assalto, ma entrambe sono più che valide. Jack Larson è un Jimmy Olsen utile soprattutto come “comic relief” e sotto questo profilo funziona abbastanza.


In questa serie tv, Superman lotta contro la piccola criminalità, risolve piccoli casi, non ci sono – in linea di massima – super cattivi: lo schema resta quello dei fumetti dei primi anni, senza la tonitruanza del supereroismo successivo. C’è una tenue gradevolezza nell’insieme: il clima di familiarità e positività che si respira rende la serie un passatempo piacevole per chi apprezzi il personaggio.
Il ciclo di Christopher Reeve

Il grande ritorno, anzi la prima vera partenza, si ha quando i produttori Ilya Salkind e Pierre Spengler montano un kolossal dedicato a lui, il re dei supereroi. Il budget è consistente e il cast imponente. Superman (1978), diretto da Richard Donner, ripercorre la storia di Superman dalle origini, compreso un prologo ambientato a Krypton, con la distruzione del pianeta invano prevista, con poco margine per la verità, dal saggio Jor-El (Marlon Brando), il babbo di quello che diventerà Superman e che per il momento si chiama Kal-El. Qualche breve siparietto sull’infanzia e la gioventù di Clark Kent (futuro Superman) a Smallville – idealizzazione della tipica cittadina della provincia americana – ci porta poi a regime con l’arrivo di Clark Kent (Christopher Reeve) al Daily Planet, giornale leader di Metropolis, anch’essa idealizzazione, ma della megalopoli americana.
Il tono scelto da Donner è quello epico-avventuroso con evidenti peccati di magniloquenza un po’ trombonesca nel prologo kryptoniano (di cui è curiosa la scenografia, che fa chiedere in che razza di case amassero vivere i kryptoniani) e di banalità nella rappresentazione bucolico-nostalgica dell’America rurale, con tanto di Glenn Ford – perfetto come sempre, peraltro – a fare da padre adottivo. Sono chiari i riferimenti o forse è meglio dire i paralleli mistico-religiosi che tracciano uno sfondo messianico per Superman (qui ancora appena accennato: sarà più evidente nei film degli anni duemila): Marlon Brando compare ogni tanto come padre “celeste” a dare consigli o a fare proclami, Superman carica su di sé i problemi della gente e così via. Per stare in linea con il tono prescelto, il film inizialmente è solenne e procede con ritmo ponderoso e lento. Le uniche concessioni all’umorismo sono le sottolineature


L’atteggiamento di Lester verso il materiale è bonariamente irriverente, molto nuovo da un lato (per l’ironia profusa a piene mani) e da comic-book vecchio stile dall’altro (per la semplicità e linearità della narrazione): distante, quindi, dalla magniloquenza del Superman di Donner. Com’è noto, questi aveva cominciato anche il secondo episodio, salvo poi andarsene per insanabili divergenze dopo aver, però, girato parecchio materiale; tanto che anche la sua versione ha poi trovato modo di uscire in DVD consentendo agli interessati di fare un confronto (8). Restando alla versione di Lester – autore brillantissimo e assai personale, capace di costruire due ottimi film per i Beatles (Tutti per uno e Aiuto!) e di realizzare commedie bizzarre e irriverenti (Mani sulla Luna e Non tutti ce l’hanno…) – non si può che apprezzarne l’inventiva visuale e la brillantezza delle trovate ironiche, ma chiaramente il film cede un po’ sul versante puramente avventuroso, risultando un tantino gonfiato nella durata. Lo scontro tra Superman e i tre criminali a Metropolis è depotenziato dal contorno apertamente comico, mentre il colpo di scena finale che permette all’Uomo di Acciaio di ottenere la vittoria è un po’ troppo facile. Nell’insieme, tuttavia, lo spettacolo regge. Christopher Reeve fa un Clark Kent sempre più imbranato, in grande contrasto con il Clark tutto sommato virile e deciso di George Reeves; Gene Hackman ricompare come Luthor in un ruolo di contorno in cui sostanzialmente si fa beffe del personaggio e Terence Stamp si gode il proscenio, ma il suo Zod è un cattivo programmatico e senza profondità.

La storia è molto semplice: Gus Gorman (Richard Pryor), un disoccupato spiantato e fannullone, si scopre imprevedibilmente genio dell’informatica e truffa con destrezza una discreta sommetta alla società in cui è stato assunto. Il boss della società, Ross Webster (Robert Vaughn), lo scopre ma si rende conto delle qualità di Gus e gli ordina di compiere malefatte informatiche per consentirgli di assumere il controllo del mercato del caffè e del petrolio. Ma Superman ci si mette di mezzo, così Webster, sempre tramite Gus, lo sottopone agli effetti di una kryptonite sintetica modificata facendolo diventare indifferente e malevolo, con tristi conseguenze per l’umanità.

L’unico, relativo, problema che si può riscontrare è quello della carente “drammaticità” dell’avventura dato che c’è ben poco di serio di cui preoccuparsi, sequenze del Superman incupito a parte. Per cui, essendo la durata del film consistente, c’è spazio per alcuni momenti vuoti, nei quali le battute languono e la struttura narrativa non sorregge l’attenzione. Nel complesso, però, lo spettacolone regge e il divertimento è assicurato. In questo film assume particolare risalto la versatilità di Christopher Reeve, che ha a che fare con situazioni più variegate e sfaccettate, dando prova di essere un buon attore. Di rilievo è anche l’introduzione di Lana Lang, personaggio classico di Smallville, che prende il posto di Lois Lane, strategicamente in vacanza per quasi tutto il film.


Dopo la fine della serie, Superman torna a essere oggetto di attenzioni televisive. Tralasciando le varie serie animate, è il caso di menzionare dapprima la serie televisiva Superboy: quattro stagioni (ma non pensate subito alla pizza) dal 1988 al 1992. Poi è la volta di Lois & Clark – Le nuove avventure di Superman, che tra i suoi motivi di interesse ha la presenza, nel ruolo di Lois, di una Teri Hatcher al top (e non è poco): anche questa quattro stagioni, dal 1993 al 1997. Poi ancora, Smallville, di nuovo dedicata al Superman giovane: ben 10 stagioni dal 2002 al 2011.
Fine prima parte
Note
- Per la verità, in un brevissimo momento, Sholem ricorre di nuovo ai cartoni animati, quando Superman deve prendere al volo uno degli uomini-talpa ferito da una fucilata del facinoroso di turno: è importante che Superman lo prenda prima che l’uomo-talpa cada nell’acqua del bacino idrico della città che altrimenti rimarrebbe contaminato dalle radiazioni. Naturalmente, Superman ci riesce [↩]
- (1912-1959): è il Superman più famoso tra quelli dell’epoca precedente Chistopher Reeve e fu identificato a lungo nel ruolo. Morto in circostanze misteriose: l’ipotesi è quella del suicidio, ma non tutti sono convinti. Sulla sua sorte è stato realizzato Hollywoodland (2005) di Allen Coulter, un film che romanza la sua vicenda. Tra gli interpreti, Ben Affleck nel ruolo di Reeves [↩]
- Con Noel Neill che mantiene l’acconciatura di Phyllis Coates rinunciando a quella, migliore, che aveva nei serial [↩]
- Gli episodi vennero però trasmessi in bianco e nero: solo in successive repliche negli anni ’60 il colore fu effettivamente visibile ai telespettatori [↩]
- un personaggio che compare in vari episodi della serie [↩]
- Non a caso, come già detto, i supereroi successivi sarebbero stati molto meno dotati nel comparto super poteri [↩]
- Oltre 300 milioni di dollari di incasso lordo mondiale a fronte di un budget di circa 55 milioni [↩]
- Un po’ come sarebbe successo, anni dopo, per il prequel de L’esorcista in doppia versione di Renny Harlin e Paul Schrader. Parte del girato di Donner compare anche nel film di Lester, comunque, mentre sembra escluso il contrario [↩]
- Il film ha successo, ma meno del precedente. Sono disponibili solo i dati relativi agli incassi statunitensi, che ammontano a oltre 108 milioni di dollari lordi a fronte di un budget di 54 milioni [↩]
- Gli incassi statunitensi, unici disponibili, scendono a 60 milioni di dollari (lordi) scarsi [↩]
- Il budget è infatti drammaticamente ridotto rispetto agli episodi precedenti e ammonta a soli 17 milioni di dollari. Gli incassi sono comunque ancora più bassi: il lordo statunitense supera di poco i 15 milioni di dollari [↩]
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