Sono in quattro, alcuni di loro li conosciamo già, visto che fanno parte del collettivo Ambient-Noise Session e dei “satelliti” Metzengerstein e Holy Hole, e con questo disco d’esordio provano a farci tornare l’amore per chitarre melmose e figlie “bastarde” delle migliori prove degli Earth della prima ora (l’apertura di “O” la dice lunga a tal proposito). La cosa interessante è che però non si fermano lì (non avevamo dubbi), visto che la lunga “I” è dapprima drone sopraffino, che unisce passione per oscure lande kraute e per una forma di psichedelia sempre liquida, poi all’improvviso si rivela pronta ad azzannare alla giugulare chi ha il coraggio di ascoltarla (feedback metallici, rifrazioni sonore spacey e piglio alieno). Il basso sordo e anfetaminico di “Loud Loud Loud!” distrugge poi tutto quello che incontra sulla propria strada, mentre fantasmi Barn Owl si impossessano di “Chromo”, e lì senti il rumore del deserto, solo che non sei fermo a sopportare con ostinazione il caldo, ma assisti a una tempesta di sabbia in corso che ti sta bruciando gli occhi, rischiando di farti perdere l’orientamento. Tutto ha comunque il sapore di una jam session dal taglio “improv” piuttosto preparata, ci sono idee, ma anche abbozzi diremmo “grezzi” (volutamente, ci piace pensare), visto che i musicisti ci mettono una gran voglia di non stare troppo a badare alle sottigliezze di una produzione che a volte (quando c’è) ammazza il suono e tende ad uniformarlo, e loro si affidano ad un cane sciolto come Amaury Cambuzat (Ulan Bator) dietro al banco del mixer. Nature And Culture è creatività naïf (come il nome della band stessa, omaggio ad un film di Russ Meyer), che, unita alla bruciante voglia di suonare dei toscani, riesce a farci passare una bella mezz’ora in compagnia di un tosto crash chitarristico. Più che promettenti.
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