A Bangkok, a poche decine di metri da una delle strade più turistiche del paese, c'è una vietta dal nome buffo, Rambuttri, che negli anni ho sentito storpiare in vari modi: Rainbow street, Rain on tree, e perfino con una variante cinematografica, Rambo 3. Nella vietta c'è un locale che per non fare nomi - senza comunque tenerci troppo sul vago - chiameremo SH. L'SH nasce come guest house per turisti dal portafoglio smilzo, con un po' di stanze distribuite su un paio di piani e un ristorantino sistemato a ridosso dell'entrata. I proprietari ci vedono dentro, apportano migliorie e il posto negli anni si sviluppa costantemente. Viene inaugurata un'agenzia di viaggi, il ristorantino resta aperto 24 ore al giorno e la sera diventa bar d'atmosfera, con luci soffuse e musica che potresti ascoltare nei locali più in di New York, Parigi o Ibiza. Il menù prevede una sezione thailandese e una internazionale e la lista dei cocktail è talmente lunga che un alcolizzato potrebbe annoiarsi quand'è arrivato a leggerne soltanto un terzo. A metà degli anni '00 spunta anche una specie di piano mezzanino, con tavoli da biliardo e aria condizionata (il resto dei posti a sedere è all'aperto). Poi il ristorante si espande conquistando il piano terra di un palazzo a due isolati di distanza, confinante con una banca. Ancora pochi mesi e il gap è colmato: l'edificio che costituisce la soluzione di continuità viene demolito e al suo posto viene inaugurata un'ampia sala decorata con sculture siamesi e balinesi. L'ultimo tocco sono i tavoli che spuntano ad entrambi i lati della strada, con annesso banchetto per la preparazione della Shisha, una pipa ad acqua alimentata con tabacco aromatizzato.
Il locale è carino e ha carattere, la sua posizione, la disposizione e il modo in cui sono integrate le varie parti agiscono da calamita per i numerosi turisti e giovani del posto che passeggiano lungo la vietta, diventata negli anni un'alternativa molto popolare alla celebre strada da cui l'intera zona ha preso il nome. La maggior parte dei tavoli (e ad oggi sono davvero tanti) sono spesso occupati, sia di giorno che di notte, da gente che viene a farci colazione, a pranzare, a leggere un libro sorseggiando un caffè al riparo dall'afa del pomeriggio, a cenarvi, a farsi un paio di bicchieri prima di infilarsi in qualche locale più movimentato o a bersi quello della staffa dopo esserne usciti.
Ho frequentato questo posto per anni, a tutte le ore. I tavoli, le seggiole, i corridoi, i menu, i tavoli da biliardo, la cucina in vista, i maxi-schermi per gli eventi sportivi, la musica, anche quella che per genere o volume mi disturbava, le diverse sale, e persino i bagni mi fanno tornare alla mente una lunga serie di momenti e persone che hanno segnato il più recente quarto della mia vita, quello che ho trascorso quasi interamente in estremo oriente. Serie che si interrompe bruscamente all'inizio di quest'anno. Forse con il senno di poi posso spostare quel momento anche più indietro, fino a qualche punto vagamente definito della seconda metà dell'anno scorso.
La prima volta pensai che si trattasse di un errore e accettai le scuse del cameriere credendole sincere. Scuse che mi vennero presentate dopo che avevo fatto notare un errore nel calcolo del conto, il quale risultava maggiorato del 10 o 20%. La seconda volta ero in compagnia di J, un amico spagnolo. Stessa storia, e primi dubbi sull'innocenza di chi aveva commesso l'errore. La terza ero con lo stesso spagnolo e una sua amica thailandese. Nemmeno la presenza di una persona del posto serviva dunque da scudo. Si trattava evidentemente di una strategia pianificata a freddo, di errori intenzionali, di truffe ignobili perpetrate ai danni dei clienti. Clienti che scelgono questo e non un altro tra le decine di locali presenti nella zona, nei confronti dei quali un esercente onesto e lungimirante dimostrerebbe gentilezza e gratitudine, in casi speciali addirittura praticando qualche sconto od offrendo qualcosa in segno di riconoscimento. Niente affatto, il signor SH è di parere diverso e i suoi clienti invece che fidelizzarli ritiene più vantaggioso fregarli, sfruttando meschinamente il fatto che molti di loro sono appena arrivati in Thailandia, sono disorientati, non si sono ancora abituati al costo della vita locale, sono alticci e probabilmente non si faranno più rivedere.
Decisi di non tornarvi più e di fargli nei limiti del possibile una pessima pubblicità. Il corso degli eventi non mi permise però di tener fede al mio impegno.
Un sms fa vibrare il denim liso della tasca dei jeans, quella sul cui orlo sfogo a lungo l'irrequietezza con movimenti ciclici e circolari di indice e pollice.
"Siamo al SH. Vieni anche tu!"
Sono già stato all'SH con R, ma evidentemente non ho avuto occasione di raccontargli quel che ho scoperto di recente.
"Ah, quegli impostori, arrivo subito..."
Nel mio messaggio non aggiungo spiegazioni.
Ho deciso di venir meno al voto che avevo fatto per vari motivi. Innanzitutto non perderei mai l'occasione di incontrare R, poi, conoscendolo, ho la vaga sensazione che l'esperienza potrebbe rivelarsi stuzzicante, se non proprio divertente. Inoltre la presenza di P, la sua ragazza thailandese, ci fornisce un'arma speciale da usare contro la cricca di truffatori, non tanto per ragioni linguistiche - il thailandese di R. è praticamente perfetto - quanto perché strappandoci dalla mandria ignara, compiacente e ingenua dei turisti brilli ci deposita in territorio socio-morale siamese, legittimando non solo il nostro diritto alla protesta ma anche quello all'accusa. Un'occasione da non perdere quindi.
Quando arrivo R ha già ordinato una fiaschetta di rum locale, bottigliette di soda e cola, un secchiello di ghiaccio e delle patatine fritte. Tra un sorso di liquido dolce e denso e una patata aggiungiamo un altro tassello a una decennale sequenza di piacevoli ore trascorse assieme. Poi, quando il rum è finito, chiediamo il conto. Nel frattempo ho aggiornato R e P sulle mie recenti scoperte. Per non farci cogliere di sorpresa con l'aiuto di un menù abbiamo preventivamente calcolato quanto dobbiamo pagare. R è un mastino pronto ad azzannare chiunque si avvicini con un conto sbilenco. Un cameriere occhialuto piazza un pagina di bloc notes sul tavolo. La lista delle ordinazioni sembra un calcolo da massaia scarabocchiato su carta da formaggio. Inoltre è scritta in thailandese (mossa che garantisce loro un notevole vantaggio sulla quasi totalità dei clienti stranieri, noi esclusi, ovviamente). Il totale è di circa il 20% più alto del dovuto. Facciamo presente che si sono sbagliati. L'occhialuto chiama la cameriera che ci ha serviti e i due mettono in scena un teatrino che probabilmente hanno provato in cucina, cominciando a chiederci quanti mixer abbiamo ordinato, quanto ghiaccio, che cibo. Come se le ordinazioni non le avessero prese loro. Sbrigata la patetica pratica dei chiarimenti i due si ritirano per confabulare e tornano con un totale inferiore al precedente ma ancora del 10% superiore alla cifra corretta. Come fanno a non notare il nostro scetticismo, la puntigliosità, l'ostinazione? Come fanno a non sospettare che sappiamo qualcosa? Sembra quasi che vadano in cerca di guai, per quattro soldi poi, ma chi glielo fa fare?
R prende il blocchetto e stende di nuovo la lista delle ordinazioni, chiedendo il prezzo di ogni articolo. Arrivati alle patate fritte quelli sparano una cifra esagerata, R chiede il menù e vi trova quella corretta. Che figuraccia. Dall'ostinazione che mettono in mostra sembra che siano loro e non il proprietario a guadagnarci qualcosa. Alla fine R scrive il totale e comincia a sciorinare un cazziatone a cui i camerieri non erano evidentemente preparati.
"Non voglio insinuare che siete stupidi o disonesti, per carità. Ma quindi perché fate tutto ciò? Forse è il vostro datore di lavoro che ve lo chiede?"
Io mi aspetto che neghino tutto ma l'occhialuto, probabilmente preso dal panico, decide di sorprenderci.
"Lo facciamo perché..."
"Ah, lo fate! Quindi lo ammetti!"
L'esca ha funzionato, incredibile. Ma non è tutto, perché cercando di migliorare la propria situazione l'occhialuto sprofonda ancor di più nelle sabbie mobili della truffa maldestra, dell'inganno smascherato, delle bugie che si ritorcono contro colui che le ha dette.
"Beh, ma noi siamo aperti 24 ore al giorno..."
"E allora?"
"Ehm, non è proprio legale, e dobbiamo pagare delle tangenti consistenti alla polizia del quartiere..."
"Ah, davvero, e quindi voi..."
"Aumentiamo leggermente il totale dei conti"
Fantastico, ha detto quello che sapevamo ma che non avrei mai pensato avesse l'ingenuità, l'onestà o il coraggio un po' folle e un po' stolto di dire. Credendo che noi potessimo accettarlo come spiegazione, mostrando un po' di comprensione e piantandola quindi di colpevolizzare lui e il gestore.
Delle vittime, poveretti, soffocati dal racket. Questi ogni giorno fanno un incasso che nemmeno quattro dei bar della zona messi assieme si sognerebbero. E invece di pagare la tangente di tasca propria la addebitano ai clienti che li hanno degnati della loro presenza. E non aumentando con trasparenza i prezzi sul menù ma manipolando viscidamente i conti.
Ci hanno fornito una confessione in piena regola. Da denuncia. Peccato che i poliziotti a cui andrebbe sporta questa denuncia siano proprio quelli che li proteggono.
Vabbè, io comunque pubblico la storia qui. Poi se qualcuno mi dà retta la mando anche a qualche sito con più seguito di questo umile blogghettino.
Se vi capita di essere a Bangkok e vi imbattete in un locale che risponde alla descrizione non ci entrate, passateci davanti e se vi sentite indignati insultateli (non in inglese, altrimenti potreste finire la giornata posando come sacchi da boxe). Se proprio dovete mangiare o bere lì ricordatevi di controllate minuziosamente il conto prima di pagare, protestate e quando il tutto è stato sistemato (non) salutate e mentre vi avviate insultateli di nuovo (mi raccomando, niente inglese! Meglio addirittura usare un dialetto, se ne conoscete uno).
Foto di pasukaru76 (CC)