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Supremo artigiano

Creato il 05 maggio 2011 da Libereditor

Ho cominciato a scrivere narrativa nella convinzione che i veri nemici del romanzo siano la trama, il personaggio, l’ambientazione e il tema, e una volta abbandonati questi modi tradizionali di concepire la narrativa, la totalità della visione o della struttura era tutto quello che rimaneva veramente.

Supremo artigianoJohn Hawkes ha insegnato scrittura creativa per tanti anni suoi corsi di  alla Brown University di Providence (la città-patria di Lovecraft).
Qui in Italia Hawkes è poco conosciuto e c’è da dire che non è proprio uno scrittore facilissimo da leggere… Sono stati tradotti solamente due romanzi, Seconda pelle (introvabile in libreria) e Arance rosso sangue (recentemente ripubblicato da Minimum Fax).
E’ stato di frequente bersaglio di critiche ostili e spesso accusato di scrivere in modo un po’ troppo strano e oscuro anche se indubbiamente originale.
La sua tecnica è in apparenza paradossale, la sua prosa stilizzata all’estremo e i suoi romanzi sono in apparenza caotici, ma strutturati, con personaggi che delicatamente danzano tra la realtà e la metafora.
Con la sua scrittura “a cesello” Hawkes esplora gli effetti del passato sul presente, l’alienazione, la morte, la redenzione, il carattere assurdo della realtà, l’importanza della fantasia. Ma anche i temi della sessualità, le relazioni e il matrimonio.

Oggi c’è una cittadina, in Germania, non posso dire esattamente dove, che con grandi sforzi si è risollevata dalla miseria che tocca alle comunità sconfitte sul continente. Da qualche tempo – tre anni – è andata lentamente
migliorando, sotto la mia guida, e sono quasi soddisfatto dei progressi che abbiamo fatto riguardo all’organizzazione civica. E’ un giardino: tutti i nostri ricordi sono lì, e la gente li cerca continuamente.
Ma fino ad ora il mondo esterno ha avuto solo silenzio per questo luogo, dato che ho ritenuto più appropriato che la mia gente si tenesse la sua felicità e la sua concezione del coraggio per sé.
Comunque, sono stato costretto a lasciare la città per breve tempo, e mentre ero via sono sceso a compromessi. Perché ho raccontato la nostra storia. Le cose che restano da fare pesano sulla mia mente, e
tutta la considerevole attività di queste città straniere non mi può distrarre. In questo momento, anche se qui non me la passo male, resto in attesa, e ovviamente, non appena se ne presenterà l’opportunità, ritornerò.

da The Cannibal, 1949.


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