Qui su Metal Skunk non credo si sia mai parlato del metal giapponese, se non forse di striscio. Voi direte “cazzo, meno male!” e secondo me avreste pure ragione. Voglio dire, c’è gente che sul Giappone e sulla cultura giapponese in generale va fuori di testa, ma per lo più si tratta di tarati mentali che o sono arrivati a quarant’anni verginelli e si tirano un sacco di pippe su questi porno deviati coi polipi e i tentacoli che assaltano qualche poverina prezzolata, oppure sono ragazzetti più o meno fomentati da manga (fumetti), anime (che poi sarebbero film o serie d’animazione) e quant’altro.
A me non è che non piacciano i cartoni animati giapponesi, chiariamo. Mi piacevano quelli vecchi ovviamente, d’altra parte l’età è quella che è. Robottoni e roba così. Erano trame semplici, ingenue, come la qualità dell’animazione e dei disegni in generale. Però quando hai sette/otto anni è tutto bellissimo e fighissimo. Poi crescendo me ne sono distaccato, a differenza degli altri che dicevo. Agli albori del file sharing scaricai delle puntate di qualcosa per pura nostalgia, e fondamentalmente pure perché ne avevo la possibilità, ma avevo già vent’anni abbondanti e l’effetto fu deleterio assai. Ah, poi ho visto pure Evangelion (che ho apprezzato anche se non ci sono uscito pazzo come più di qualcuno) e poco d’altro ma in generale non è che sia appassionato di quanto proviene dal Giappone, a parte il cibo (faccio un sushi da sturbo, modestamente; a proposito, dovrei fare un altro articolo sul barbecue. Non vedete l’ora, eh? Fate sì con la testa.) e, veniamo a noi, certo metal.
Non poi tantissimo. Non che conosca tutta la scena metal giapponese, che peraltro è nutritissima di gruppi e gruppetti di qualsiasi genere. Anzi. Certo, ci sono nomi piuttosto noti anche fuori dai confini del Giappone, tipo Loudness, X Japan, Concerto Moon, Versailles o Animetal (dei quali esiste pure la corrispettiva versione americana con gente messa lì a prezzo di realizzo tipo Impellitteri, Vescera e Rudy Sarzo), però se uno poco poco gira per youtube rischia d’imbattersi in roba che va dal carino a tratti (raramente) alle merdate più allucinanti (molto più frequenti). Poi, come per tutto, esistono le eccezioni. Per esempio, qualche anno fa, proprio perdendo tempo su youtube, mi imbattei casualmente nei Galneryus. Era il periodo di All For One – One For All, album capolavoro che ricordo piacque anche al Bargone. Poi li seguii anche per il successivo Reincarnation, che pure è un capolavoro, e il seguente Resurrection, con un altro cantante al posto di tale Yama-B (che cazzo di pseudonimo), il quale nel frattempo li aveva mollati per divergenze musicali. Recuperai anche i primi tre, che a detta di molti sono i loro lavori migliori (per me no, ma comunque). Poi, a un certo momento, complice pure il fatto che il nuovo cantante, Ono qualcosa, non mi piaceva molto e che Resurrection stesso non m’aveva fatto troppo piacere, li ho messi da parte.
Fatto sta che il nuovo Under The Fource Of Courage, uscito lo scorso dicembre, è proprio bello ammesso: a) che vi piaccia il genere, che poi sarebbe un qualcosa tipo power/speed/prog/metal e b) che non v’interessino particolarmente i testi, visto che praticamente è tutto cantato in giapponese tranne curiosamente i ritornelli, tant’è vero che le canzoni hanno il titolo in inglese e tutto il resto in lingua natìa, tipo Soul Of The Field (?), che magari sarà un errore di traduzione o avrà qualche significato traslato in giapponese, visto che così in inglese non vuol dire un cazzo di niente. Tra l’altro Soul Of The Field è sì un gran pezzo ma diciamo che, a parte qualche riserva sulla voce, tutto l’album spacca parecchio, melodico ma non melenso (raro per dei giapponesi e persino per i Galneryus stessi), veloce, tecnico assai, con una grande prestazione da parte di Syu, chitarrista molto dotato tecnicamente ma più che altro felicemente lirico ed ispirato oltre che non necessariamente legato allo stereotipo malmsteeniano (…) pure essendone stato influenzato parecchio, come d’altra parte la stragrande maggioranza dei suoi colleghi, in patria e non. Capolavoro assoluto del disco è la lunga The Force Of Courage, sorta di suite di circa quindici minuti bella da capo a piedi, veloce, intensa e senza cali di tensione pur durando un quarto d’ora. Insomma se vi piace il genere e amate il sushi, procuratevelo assolutamente. Anche se non vi piace il sushi, eventualmente. (Cesare Carrozzi)