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Svegliarsi in un mondo migliore

Creato il 25 giugno 2011 da Oblioilblog @oblioilblog

Svegliarsi in un mondo migliore

Svegliarsi un sabato mattina scoprendo che da qualche parte nel mondo le cose funzionano (o meglio, che non si è perso l’ultimo barlume di lucidità) è sempre bello. Quando poi la notizia è che il senato di Albany, capitale dello Stato di New York, ha dato il benestare ai matrimoni omosessuali con 33 voti a favore e 29 contrari, qualsiasi persona che si ritenga veramente liberale e democratica dovrebbe lasciarsi scappare un sorriso di gioia, o di commozione. Sapere infine che l’epocale riforma porta il nome di Andrew Cuomo, il governatore dello Stato, democratico e italo-americano, dovrebbe riempirci di orgoglio e malinconia. Malinconia, sì, perché mentre gli italiani emigrati all’estero contribuiscono a rendere il mondo un posto migliore e più libero, qui in patria, strenua protettrice delle posizioni vaticane, le cose vanno a rotoli.La chiesa cattolica, sia chiaro, è molto influente anche negli States, nazione tutt’altro che laica, e nello stato di New York, dove le comunità italiane, polacche e irlandesi rappresentano una minoranza molto maggioritaria. Ma pare che nei cosiddetti paesi “normali”, una realtà a cui da tempo non siamo abituati, la religione abbia solo un certo (minimo) grado di ingerenza, anche su questioni non completamente secolarizzate come il matrimonio. E così New York va a unirsi al Massachusetts, al Connecticut, al Vermont, al New Hampshire, all’Iowa, gli Stati federali in cui è possibile celebrare unioni omosessuali (con l’aggiunta della capitale degli USA, Washington), che insieme rappresentano circa il 10% dell’intera popolazione statunitense. Una percentuale ancora troppo bassa, ma che rappresenta un importante passo in avanti lungo un cammino di democrazia che è ben lungi dal terminare.

A chi voglia approfondire la questione sorgerà abbastanza naturale il paragone con i niggers nell’America degli anni ’50, termine oggi fortunatamente in disuso, considerato anzi tra le peggiori offese rivolgibili a una persona di colore, e sostituito con il ben più pacifico afroamericano, così come un giorno -chissà- omosessuale prenderà il posto dell’infamante fag. La situazione, dicevamo, è simile: in entrambi i casi a una minoranza diversa per uno o più aspetti dall’ideale dell’uomo bianco, protestante ed eterosessuale, vengono impediti i più basilari diritti umani, e mentre pochi si indignano, alla maggior parte delle persone la cosa appare assolutamente naturale. Dietro a tutto questo c’è la difficoltà ad abbandonare un retaggio storico anacronistico: quello dell’uomo bianco colonizzatore e vincente sulle razze inferiori da un lato, quello dell’unione sacra e benedetta da un dio, o dalla natura nelle argomentazioni più scientifiche (ma, pur ammettendo di non sapere cosa passi per la mente degli dei, dovremmo tutti convenire che la seconda è palesemente falsa), tra uomo e donna. Oggi come allora, chiunque si opponga alla classificazione di gay e lesbiche come esseri umani, e in quanto tali legittimi possessori di diritti (perché in fondo, di questo si tratta), vede nell’omosessualità un’aberrazione, un disturbo, una malattia. E se, triste ammetterlo, per molto tempo fu classificata come tale, oggi, nel 2011, non dovrebbe più essere possibile sostenere certe convinzioni. Così come assurde sono le proteste di chi vede nella famiglia omosessuale una brutta copia della famiglia “tradizionale”, e sostiene che dando diritti a quelli li si toglierebbe a questi. Un’idea talmente ridicola che a malapena meriterebbe di essere commentata; chi volesse farlo potrebbe ricordare all’interlocutore pro-famiglia che, qualora aggiungendo diritti ad A si limitassero quelli di B, significherebbe che prima della normativa in questione i diritti di B prevaricavano quelli di A, occupando uno spazio che, in una democrazia, non dovrebbe essere loro concesso.

Perché quella dei diritti degli omosessuali -matrimonio e adozione- è una macchia che a tutt’oggi segna la maggior parte dei paesi democratici occidentali, e che probabilmente riusciremo a scrollarci di dosso solo in un futuro lontano. Ben consapevoli che più tempo aspetteremo, più gravi saranno i giudizi della storia nei nostri confronti.


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