In origine erano Trentatré svenimenti le riletture dei tre atti unici di Cechov. Elena Bucci e Marco Grosso, con il sostanzioso aiuto di Gaetano Colla, portano in scena solo gli Svenimenti, alludendo ai “punti di crisi emotiva e di perdita di controllo dei personaggi, urlo o gioia, pianto o riso ma comunque resa all’incomprensibile emozione della vita”.
Stralci di vari spettacoli si uniscono al testo drammaturgico, insieme a lettere di Cechov verso sua moglie Olga e episodi leggendari della sua vita, come ad esempio quello che lo vuole a bere un bicchiere di champagne sul letto di morte, poco prima di inalare l’ultimo respiro.
C’è da dire che le leggende sui personaggi come Cechov non tardano a fioccare più o meno naturalmente, dato che di solito ci si mettono anche gli stessi artisti ca rendere le loro vite delle astruse opere d’arte… o quantomeno dei gran casini. Cechov era un medico oltre che un drammaturgo e scrittore, ma queste due professionalià non si scindono mai dall’unicum della sua persona: perché quello che lui fa continuamente è raccontare, scrivere e pensare alle sue storie, tant’è che l’unico momento in cui trova riposo è quando si siede al tavolo, a scrivere, appunto.
Cammina per strada, incontra una giovane dall’aria triste e immagina la sua vita infelice alle dipendenze di una megera; prescrive farmaci ad un vecchio ubriacone e ascolta la sua storia piena di sventure capitate e cercate, passeggia con la sua fidanzata lungo il fiume e prende appunti mentali per possibili dialoghi tra innamorati; insomma, tutto davanti agli occhi cechoviani si trasforma in materia narrativa, come se fosse perennemente incastrato in quella sala in cui si trova Alice all’inizio del suo viaggio nel paese delle meraviglie, in cui scatole di cioccolatini e pasticcini hann sù scritto “mangiami”: ebbene, con Cechov ogni persona ha stampato in fronte, a chiare lettere, “scrivimi2 o “raccontami” e lui non può che seguire quell’imperativo.
Ce lo descrivono, i tre allegri attori, come un uomo consumato da questa passione, tanto da non riuscire a godersi la propria vita, tanto da essere sempre in viaggio, lontano dai propri affetti. E certamente facile non dev’esser stato sposare Cechov, anche per Olga, attrice di stampo Stanislavskijano, che insieme alla sua compagna rese celeberrime le sue opere, nonostante lo stesso autore fosse contrario ad alcune scelte registiche. Ma si percepisce un grandissimo amore tra i due, ricco sicuramente di alti e bassi, sfuriate, gelosie e fraintendimenti, che probabilmente il drammaturgo poi riutilizzava egregiamente come spunto per le sue creazioni.
Un assaggio di tutto ciò lo si vede in Svenimenti, in cui saltelliao da una scena all’altra ridendo di gusto, che la capacità cechoviana di trasformare con spirito umoristico anche le tragedie è nota. Tragedie di piccolo e grande conto, non importa: ciò cui si assiste non è teatro, ma è la vita.
Che fortuna possedere una grande intelligenza: non ti mancano mai le sciocchezze da dire
E quanto bello è ascoltare le sue sciocchezze!
Al Teatro Tieffe Menotti di Milano, con questo spettacolo prodotto dal Teatro Stabile di Brescia e le Belle Bandiere, potrete testé provare un vaudeville, un racconto biografico, una rilettura di Cechov, e uno stile di recitazione antico, puro, decisamente teatrale.