Una Svizzera al voto. Per cosa si andrà alle urne?
Domenica 28 febbraio la Svizzera andrà alle urne. Quattro le questioni su cui interrogarsi. E via al referendum che potrebbe cambiare in parte il volto di quel Paese campione di neutralità. A far da breccia nel referendum il tema bollente delle famiglie tradizionali e le unioni civili. Anche qui è Europa, verrebbe da dire, dove ormai il tema delle unioni civili sta diventando un argomento di primo piano nelle diverse politiche nazionali. Si discuterà allora sugli sconti fiscali alle coppie sposate, ma si sta tra l’altro valutando la possibilità di inserire nella carta costituzionale una definizione “rigida” di matrimonio esclusivamente fra uomo e donna.
Ma in officina c’è anche il tema degli stranieri e sull’eventualità che questi ultimi possano finire espulsi se colpevoli di reati. Sul fronte alimentare, invece, si dovrà votare sul divieto di speculazione. E per il San Gottardo si parla già di un progetto di raddoppio del tunnel. Insomma, una giungla di interrogativi che finiranno a piè pari nel referendum di domenica prossima. Il governo e il parlamento hanno chiesto ai cittadini svizzeri di votare contro i contenuti dei diversi quesiti referendari, tranne che al raddoppio della galleria del San Gottardo, dal momento che il progetto è inteso come particolarmente proficuo per la Svizzera. Con il raddoppio del tunnel la Svizzera si troverebbe a potenziare la principale arteria autostradale che collega l’Italia con l’Europa del Nord.
Ma non tutti gli svizzeri sono coesi nel voto al referendum di domenica 28 febbraio. La sinistra e gli ambientalisti si sono dichiarati contrari al potenziamento del tunnel. “C’è una paura di sottofondo” fa capire qualcuno, “Abbiamo paura che il governo conceda poi l’apertura delle quattro corsie mettendo in ombra il trasporto ferroviario”. C’è il timore, insomma, che Berna possa cedere alle pressioni di Bruxelles.
Famiglia tradizionale e matrimonio
Ma sul tavolo delle trattative ad oggi il tema che più scotta è la famiglia tradizionale. Al prossimo referendum ci si dovrà esprimere su quale debba essere il futuro di questa definizione. Buona parte dell’Europa in questi giorni si sta interrogando intorno a questa questione, e anche l’Italia non ne è esente. Qualcuno parla di un voto discriminatorio, qualcun altro afferma il bisogno di una definizione che sappia fugare ogni dubbio. Sotto il profilo fiscale ci si sta domandando in riferimento a possibili sconti verso le coppie sposate, poiché – secondo i sostenitori del referendum – “l’attuale tassazione sta penalizzando non poco le coppie unite in matrimonio”. “I redditi dei coniugi vengono sommati” spiegano i promotori, “e così finiscono per pagare più tasse di chi è unito senza il vincolo matrimoniale”. Le istituzioni stanno premendo affinché la proposta venga respinta, sostenendo che le coppie non sposate non godono comunque di detrazioni fiscali. Il tutto, dunque – secondo parlamento e governo – porterebbe ad un regime di equilibrio.
Ma il tema della famiglia tradizionale non si esaurisce qua. Ci si sta interrogando in queste ore sul dare una definizione rigida al concetto di matrimonio. Gli oltranzisti parlano di un’unione fra uomo e donna, scartando dunque l’eventualità di concedere il matrimonio alle coppie omosessuali. Il Partito popolare democratico e l’Unione democratica di centro si son detti favorevoli, ma gli altri partiti hanno espresso contrarietà al quesito. Ma dal momento che il governo “non può raccomandare” un quesito referendario segnato dall’opposizione parlamentare, i cittadini svizzeri sono attualmente stati invitati a dire “no” alla proposta contenuta nel prossimo referendum.
L’espulsione degli stranieri e la speculazione sul cibo
Poi si profila la questione degli stranieri e della loro possibile espulsione dal territorio svizzero. Si chiederà ai cittadini di pronunciarsi col proprio voto su quanto era già stato previsto severamente nel referendum di sei anni fa (2010). In quell’occasione si era parlato di espellere tutti quegli stranieri che avevano commesso reati in Svizzera. Ma il vero problema è sorto all’indomani del referendum del 2010, quando gli stessi promotori chiesero di tornare alle urne per un inasprimento della richiesta, ovvero “espellere tutti gli stranieri indipendentemente dalla gravità del reato commesso”. Secondo le istituzioni una richiesta simile è oltremodo severa, e pertanto chiedono ai cittadini di opporsi votando “no”.
E infine il tema del cibo e della speculazione che può essere operata intorno alla filiera alimentare. Il referendum vedrà una Svizzera divisa fra i favorevoli e i contrari alla “speculazione sul cibo”. La proposta è arrivata direttamente dalle Ong e dal Partito socialista di Alain Berset, i quali chiedono di tener fuori la speculazione dalle materie prime destinate all’alimentazione. Si è giunti al quesito referendario dopo aver osservato quanto accade nel mondo. Secondo i promotori, infatti, la fame di numerosi Paesi è dettata dalla continua oscillazione del prezzo del cibo. Secondo il governo non avrebbe senso votare favorevolmente al divieto di speculazione sugli alimentari, dal momento che la Svizzera non presenta grandi piazze d’affari dove vengano discussi questi prodotti, e pertanto si troverebbe a vivere un “isolamento” senza benefici. Il referendum di domenica prossima, 28 febbraio, vedrà una Svizzera pronta a votare su temi diametralmente opposti ma ugualmente sotto i riflettori dell’Europa.
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