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System of a down – Mesmerize (2005)

Creato il 02 marzo 2013 da Salcapolupo @recensionihc
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Con la sua celebre intro rallentata, accompagnata da un inconfondibile arpeggio acustico di marca spudoratamente System of a down, Mesmerize del 2005 è forse uno degli album più rappresentativi della band di Los Angeles. La violenza sonora che emerge, psicotica ed incontrollabile, fin dalle primissime note di B.Y.O.B. (Bring Your Own Bombs, con evidente richiamo, sulla falsariga di quanto stava facendo Al Jourgensen, alla allora politica di George W. Bush: “why don’t presidents fight the war“, chiede ferocemente Serj Tankian) caratterizza uno dei dischi che ha segnato, in qualche modo, un punto di rottura tra il metal contaminato dalla componente alternative ed un qualcosa di estremamente originale, nato all’interno precedente celebre Toxicity (2001), che rappresenta una sorta di hardcore punk brutalizzato da ritmiche tanto fantasiose quanto “tirate”. La complessità che emerge da “Mesmerize” (che, coerentemente con il contenuto dei testi no-war e anti-sistema, fa riferimento all’ipnosi), di fatto, riesce a non appesantire la sequenza di brani, in quanto strizza sempre l’occhio ad una forma di melodia (ad esempio nel finale di Cigaro), la quale – per quanto contorta – non degenera mai nell’inascoltabile: il disco rimane così dignitosamente in equilibrio, per tutti i 36 minuti di durata (un formato che, già di suo, potrebbe evocare involontariamente i deliri thrash metal di Reign in blood). L’originalità, che ha praticamente sempre a mio parere fatto parte della produzione della band (si veda la parentesi a sprazzi reggae-folk di Radio/Video ed il suo indimenticabile “lallà-lallà-lallarallà”), emerge in definitiva nella sua forma più completa e gradevole all’ascolto, come una sorta di “anello mancante” tra l’estremismo musicale anni 80 e le produzioni rock più recenti che sono riuscite, contrariamente, a catturare parte del pubblico meno avvezzo alla distorsione dell’ascia. Mesmerize destabilizza un mondo, quello del punk-hardcore, e ne rinnova a suo modo – attraverso ritornelli catartici contaminati da influenze diversissime – sia forma che contenuti.


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