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TAAKE @Traffic, Roma, 29.04.2014

Creato il 30 aprile 2014 da Cicciorusso

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L’agenda di Nostro Signore Satana è piena zeppa di impegni. Ci sono guerre da mandare avanti, nuove da intraprendere, popoli da affamare e poi c’è la mietitura delle anime. Insomma, non ha un attimo libero per se stesso. Ciononostante, la sera prima del concerto ci chiama per farci sapere che sarebbe venuto anche lui al Traffic, perché è un po’ che non si faceva vedere. E così, puntuale e affidabile come solo lui sa essere, si è presentato e si è intrattenuto amabilmente con noi, raccontandoci della sua ultima impresa in Oklahoma. Ci siamo pure fatti un selfie insieme.

Arriviamo che i romani Vidharr stanno terminando un pezzo e sembra lo stiano facendo bene. Purtroppo non posso dire molto di più se non che il primo impatto è stato positivo e mi ha messo subito di buon umore. Li conoscevo già perché avevo ascoltato il disco dell’anno scorso, Cryo, del quale avevo un buon ricordo. Adesso me lo vado a riascoltare così mi rinfresco la memoria visto che i ragazzi e le ragazze (ben due, in un gruppo BM è un record) erano presenti anche alla scorsa edizione del Romaobscura ma noi, noti debosciati di professione, ce li eravamo persi pure in quell’occasione. Ci colpisce l’estrema eterogeneità del pubblico astante e la cosa ci conferma ulteriormente, senza amarezza alcuna ma solo a constatazione di un fatto, che il black metal odierno si è trasformato in qualcosa di molto trasversale rispetto ai sessi, alle sessualità, alle età e agli stili di vita. Ma va bene così, dai. L’importante, in questo caso, è continuare a prendersi molto sul serio, perché il black metal, a differenza di altri generi musicali, di sua natura non deve concepire né l’ironia né la presa in giro. E poi, se sta bene a Satana, perché non dovrebbe andare bene pure a noi? Magari qualcuno era attratto solo dalle recenti e famigerate performance dal vivo del frontman norvegese che mi avevano dato parecchio fastidio, non per pregiudizio ma per i motivi di cui sopra. Poi, vabbè, in cuor nostro speravamo pure che Hoest si mettesse a fare maialate con qualche bel maschione delle prime file ed eravamo tutti pronti a sguainare gli smart phone per fare un bello scoop. Invece non è accaduto niente del genere. È accaduto qualcosa di molto, molto meglio.

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Attaccano i Dewfall e siamo subito loro debitori perché ci aiutano a dimenticare quello che abbiamo dovuto patire in questi giorni di santificazioni di papi o quello che è stato. Il nome, rugiada che cade, a dispetto della sostanza poi palesataci, mi ispirava inizialmente atmosfere auliche e tranquille. Invece i baresi non fanno post-black, bensì tutt’altro. Penso che i cinque ragazzi abbiano dimostrato una buona tecnica in tutti i comparti e buone intuizioni, con un black/death a tinte epic sicuramente da sviluppare e personalizzare (certi stacchi strumentali, per quanto ben condotti dal basso, apparivano non ben amalgamati col resto del brano). Potenti e pulite le screams e impeccabile la presenza scenica. Tornano dopo un periodo di pausa con un EP, Painful Death Lake, di cui ci hanno dato un corposo assaggio. Credo sinceramente che abbiano il potenziale per crescere, come dimostra il fatto che anche altri se ne siano accorti: quest’anno hanno suonato di supporto ai Gorgoroth e poi stasera aprono per i Taake. Per i ventidue terroni che ci seguono, segnalo che i Dewfall sono confermati nella scaletta del Metal Camp Sicily, ad agosto, insieme a tanta altra bella gente come Necrodeath, Korpiklaani e Marduk. Forza Bari.

Poi l’atmosfera si fa gravida di malignità e una voragine si apre sotto i nostri piedi. Entrano i Taake che sfoggiano un familiare face-painting. Ecco, se non avete mai assistito a una prova live dei Taake non siete mai stati a un concerto black metal. O meglio, a un concerto black metal come lo intendo io e, nello specifico, intendo questo: malvagità, malvagità, malvagità. Non ha senso che vi parli di scalette e cose del genere, chi ci ha fatto caso, perdio. Siamo stati sopraffatti dalla potenza di Hoest (che, intabarrato in una mantella nera per tutto lo show, brandiva una bottiglia di vino rosso con la mano libera dal microfono) e trafitti da mille coltellate di efferatezza; tutto si è fatto nero e si è persa la cognizione del tempo. Non hanno manco concesso il bis. Così si fa, fanculo: grim and frostbitten. La volta scorsa me li persi, quindi era moltissimo tempo che speravo di assistere a qualcosa del genere. Come disse anche Roberto, Hoest è il vero erede dell’età dell’oro del black metal; banjo o non banjo.

Satana era lì insieme a noi, voi dove eravate? (Charles)



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