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Un paio di anni fa ho chiesto a un amico regista televisivo chi fosse il suo regista preferito e lui mi ha risposto: "Fassbinder. Perché riusciva a girare anche 4 o 5 film all'anno."Ovviamente il numero di film era collegato alla loro altissima qualità: era la combinazione di questi due fattori a fare di Fassbinder un gigante e a scatenare l'invidia/ammirazione del mio amico.Di recente mi è capitato di vedere due degli ultimi film di un regista che amo molto, Takashi Miike: I 13 assassini e Sukiyaki Western Django - cappa e spada il primo, viscerale omaggio agli spaghetti western, interpretato anche da Quentin Tarantino, il secondo - e li ho trovati splendidi come tutti i film che il regista giapponese ha girato negli ultimi 20 anni: circa 76, in perfetta media Fassbinder.Nella sua carriera, Miike ha realizzato un capolavoro assoluto e non negoziabile: Audiction, un film che arriva tanto così ad esserlo: Ichi, the killer, più un'altra serie di film memorabili: Gozu, Full metal Yakuza, The city of lost souls e la serie televisiva MPD Psycho, solo per citare i primi che mi vengono in mente.I suoi film sono violentissimi, pieni di effettacci splatter e pervasi di una sessualità malata, deviata e disturbante: non è un caso che l'unico episodio della serie americana Master of horror a non essere andato in onda sulle tv Statunitensi sia stato proprio il suo: Imprint. Recuperatelo e vedetevelo, è un ordine.Nel 2003 Miike ha diretto - insieme ad altri 5 film - The call-Non rispondere. Presentato come uno dei tanti cloni di Ringu, per parecchio tempo non avevo voluto vederlo; fino a un paio di giorni fa quando, per uno di quei motivi incomprensibili a noi umani, mi è venuta un'impellente voglia di comprare il DVD. E altro che clone! Il film, all'apparenza mainstream, è invece personalissimo - soprattutto nella seconda parte - ed è davvero bello: è commovente il modo in cui Miike rinuncia ai suoi eccessi, pur di poter continuare a manipolare il genere, innestando su una storia horror, all'apparenza banale, già vista, tutta una serie di elementi propri del suo cinema e una buona dose di romanticismo.
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