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take shelter

Creato il 02 luglio 2012 da Albertogallo

TAKE SHELTER (Usa 2011)

locandina take shelter

Curtis è un giovane padre di famiglia, un operaio, uno di quei bravi americani “di provincia” tutto casa, chiesa e feste a base di carne grigliata e patatine fritte che mille film, romanzi, cartoni animati e serie tv ci hanno resi familiari. C’è qualcosa di strano, però, nella sua vita apparentemente e tragicamente normale: una figlia sordomuta, una madre malata di mente… E soprattutto quei terribili incubi, visioni apocalittiche di violenza umana e furia atmosferica che nel giro di poche notti destabilizzano completamente il suo autocontrollo, conducendolo sul baratro della follia. Due i tentativi di reazione dell’uomo: affidarsi a uno psichiatra e spendere tutti i suoi risparmi (e anche qualcosa di più) nella costruzione di un bunker anti-tornado. Pazzo, veggente o entrambe le cose?

Un film molto potente e inquietante questo Take shelter, diretto dal giovane Jeff Nichols (che viene da Little Rock nell’Arkansas e questo vorrà pur dire qualcosa, no?). Sorta di Melancholia dei poveri (in tutti i sensi: immaginatevi il film di Lars Von Trier immerso in un’atmosfera à la A woman under the influence, così squallida da non meritare nemmeno una fine del mondo ma soltanto un semplice tornado di quelli che ciclicamente mettono in ginocchio l’America), la pellicola si basa su due semplici ma tutto sommato efficaci metafore: il mutismo della giovane figlia di Curtis (cfr. incomunicabilità) e il bunker anti-tornado (cfr. psiche del protagonista, abisso di oscura solitudine). Punti di forza: il protagonista Michael Shannon, che non sbaglia un colpo e nella parte dello schizzato è ormai insuperabile (negli ultimi anni è stato il vicino di casa pazzo di Revolutionary Road, il pazzo assassino di My son, my son, what have ye done, il poliziotto pazzo della serie tv Boardwalk Empire… Tutte opere di alto livello, tra l’altro) e il doppio e inatteso finale, di quelli che ti fanno dire ad alta voce “Nooooo” quando tutto sembra sul punto di finire per il meglio.

Un bel film, da vedere (possibilmente in lingua originale: il doppiaggio è pessimo, fastidiosissimo), capace di inserirsi con discrezione nel filone apocalittico pur rimanendo con i piedi ben ancorati a terra, in una waste land fatta di disagio mentale, economico e sociale.

Alberto Gallo



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