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Una volta riaccese le luci ti chiedi: meglio il film o la canzone?
Sì, meglio aver scoperto un altro grande capolavoro di Leonard Cohen, o la commedia romantica molto agrodolce e poco commedia?
Rispondere non è affatto facile, perchè fondamentalmente film e canzone sono indivisibili, sciogliendosi e fondendosi uno nell'altro.
Non solo perchè la scena a cui Cohen fa da colonna sonora è spettacolare, ricca di emozioni e sentimento, capace di mostrare in pochi attimi tutte le fasi di una relazione dando nuova vita al vorticoso giro in tondo della cinepresa che già si è visto. E non solo perchè l'uno riprende il titolo dell'altra, a significare quel giro di valzer, quel giro di giostra che Michelle Williams -moglie in parte insoddisfatta in parte travolta dalla passione per il misterioso "altro"- si concede con questa apparentemente fugace storia d'amore al di fuori del matrimonio, ma soprattutto per quel momento per lei sola, in cui sulle note non di Leonard Cohen ma dei Buggles con la loro Video killed the radio star, seduta su una giostra vera e propria, spazza via ogni pensiero e ogni tristezza.
Da uno spunto non poi così originale, il film riesce però a dispiegarsi in continui momenti di palpabile vita vissuta, dove l'abitudine si scontra con il nuovo, e l'amore con la passione.
L'incontro improvviso tra Margot con un gran bell'altro (Luke Kirby), che si scopre essere il vicino di casa, che la segue e la rimira da lontano, mentre (forse solo per questo ma forse no) il suo matrimonio con un cuoco (Seth Rogen) fissato con il pollo inizia a far vedere le sue crepe, è infatti un piccolo cliché qui arricchito dalle particolarità donate sia dagli attori che dalla sceneggiatura ai vari componenti del triangolo.
Si diceva inizialmente che Take this Waltz è una commedia romantica molto agrodolce, e infatti a momenti di serena vita matrimoniale fatta ancora di vocine, giochetti e prese in giro, si alternano gli umori neri di Margot, i problemi di alcolismo della cognata, i silenzi pesanti.
Con l'altro invece bastano pochi sguardi, basta nuotare liberi in una piscina.
Ma a questi momenti agrodolci, quanto mai reali e vividi nella loro messa in scena, fanno da contraltare attimi di immensa ironia e risate, tra la lezione di acquagym in cui il terrore di molti si manifesta, alle battute sprezzanti che Margot concede sia a Lou che a Daniel.
Sarah Polley riesce così con il suo secondo lungometraggio a rubare il cuore dello spettatore, come già aveva saputo fare con Away from Her nel 2006, immergendolo nei panni indie di Margot, di una donna che si sente ancora una ragazzina, e che ancora non si conosce bene.
Arrivati alla fine, quindi, ci si trova emozionati e malinconici per aver assistito a una storia forse qualunque ma ricca di vita, a sentimenti palpabili che si vivono assieme alla splendida Williams, trovandosi spiazzati di fronte al sorriso di Daniel ma anche inteneriti dalla dolcezza di Lou. Un po' come la protagonista, quindi, si oscilla tra felicità e insoddisfazione, ritrovandosi ancora una volta a concedersi quel giro in giostra senza pensieri che, inevitabilmente, finirà.
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